Napolitano: sulle riforme l'Europa non ha coraggio di Francesco Manacorda

Napolitano: sulle riforme l'Europa non ha coraggio IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI DEL PARLAMENTO EUROPEO Napolitano: sulle riforme l'Europa non ha coraggio intervista Francesco Manacorda invialo a STRASBURGO m ENISSIMO il via libera all'allargamento dell'Unione europea. Ma sulle riforme istituzionali il vertice dei capi di Stato e di governo di Helsinki ha scelto «un approccio meschino, angusto e riduttivo». Giorgio Napolitano, presidente della commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo dà un giudizio netto e negativo sullo scarno programma della prossima Conferenza intergovernativa, che dovrà modificare il trattato Ue proprio in vista dell'allargamento. Presidente, a Helsinki l'Europa ha scommesso sull'allargamento. Ma a questo non fa da contrappunto una battuta d'arresto sull'integrazione, come dimostra il blocco britannico sul fisco? «Alcuni jiassi nel senso dell'approfondimento del processo di integrazione per la verità ci sono stati. Penso soprattutto alle decisioni su un primo nucleo di difesa comune. Ma in altri campi non si è andati avanti, come invece era necessario: c'è stato il blocco opposto essenzialmente dagli inglesi a un minimo di coordinamento fiscale e, più in generale, il cooordinamento delle politiche economiche è rimasto sullo sfondo. li poi, anche dove si sceglie l'integrazione, come nella difesa, non se ne traggono lo conseguenze sul piano istituzionale». Questo vale anche per l'allargamento? «Si. Sull'allargamento c'è stata una vera svolta, dopo tanti anni di discussioni si sono indicali lutti i candidati per i negoziati e ci si è dati una scadenza da parte dell'Ue - il 31 dicembre 2002 - talmente precisa e impegnativa che non si potrà più farla slittare. Ma a questo importante momento di svolta ha corrisposto un approccio meschino al problema delle implicazioni istituzionali dell'allargamento e più in generali; alle esigenze di riforma già mature indipendentemente da esso». Lei dice questo perchè a Helsinki si è deciso che la Conferenza intergovernativa do* vrà risolvere solo i problemi lasciati aperti ad Amsterdam - composizione della Commissione, ponderazione dei voti degli Stati membri in Consi- glio ed estensione del voto a maggioranza - pur lasciando la porta aperta ad altri temi. Quali sono quelli che andrebbero inseriti nel programma della Conferenza? «Intanto l'agenda è aperta solo ipoteticamente, perchè non viene indicata nemmeno una scadenza per farlo. Risolvere i tre temi lasciati aperti ad Amsterdam serve a garantire che le istituzioni non vengano paralizzate dall'aumento dei Paesi membri. E' il minimo, ma è assolutamente insufficiente. Commissione e Parlamento hanno detto chiaramente quali sono gli altri punti che vanno presi in considerazione. Ad esempio la necessità di procedure realmente praticabili per la cooperazione rafforzata rispetto a quelle pesanti e macchinose stabilite ad Amsterdam. Invece a Helsinki non si è risposto alla domanda cruciale: in un Europa a 21 o a 25 bisognerà restare fermi in attesa che anche gli Stati meno pronti a ulteriori sviluppi nell'integrazione si avvicinino al gruppo di testa o bisognerà consentire - come si è fatto per la nascita dell'Unione monetaria che i Paesi che vogliono e possono andare più avanti lo facciano?». Ma Commissione e Parlamento vogliono anche una Costituzione europea... «E' mai possibile che lo stesso Consiglio lanci, come aveva fatto a Colonia, una Carta dei diritti fondamentali e poi abbia paura del termine "costituzione" o del più duttile termine di "costituzionalizzazione"? Commissione e Parlamento hanno proposto di fondere i trattati in uno, ma allo stesso tempo di distinguere questo nuovo trattato in due parti: la prima che comprenda obiettivi, diritti e quadro istituzionale e la seconda che contenga le altre disposizioni, anche di dettaglio. In questo modo si consentirebbe, tra l'altro, ai cittadini di riconoscersi nel modo più semplice nei punti di riferimento e nei valori essenziali dell'Ue. Occorre avvicinarsi a un'Unione politica con istituzioni non solo più efficienti, ma anche più trasparenti». Perché ai Quindici è mancato il coraggio di andare più a fondo nel costruire quella che lei definisce la dimensione politica dell'Europa? «Vedo tre elementi: la forte rivendicazione del ruolo primario dei governi nazionali e del Consiglio rispetto alle altre istituzioni europee; la tendenza » una tròppo gelosa difesa delle prerogative degli Stati nazionali; infine laprèoc-! cupazione, forse, per le vicende politiche interne, laddove si sono registrati successi di formazioni di destra che cavalcano e alimentano sentimentrantieuropei. Ma io non credo che procedere sulla via di una maggiore caratterizzazione in senso politico e democratico dell'Unione faciliterebbe quelle correnti di destra. Anzi, al contrario, sarebbe una risposta efficace». Sul terreno istituzionale il vertice dei capi di Stato di Helsinki ha scelto un approccio meschino, angusto e riduttivo y j fi fi///? rimo nucleodi una Difesa comune è una cosa positiva, ma poi non si traggono le conseguenze per una vera integrazione p sj fi fi/:' possibile che il Consiglio lanci una Carta dei diritti fondamentali e poi abbia paura di chiamarla Costituzione?jp Il presidente della commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo, Giorgio Napolitano

Persone citate: Consi, Giorgio Napolitano, Napolitano