L'uomo che rifondò lo Croazia

L'uomo che rifondò lo Croazia Compagno di Tito, ripudiò il comunismo e costruì il suo Paese abbracciando un nazionalismo autoritario L'uomo che rifondò lo Croazia E'morto ilpresidenteFranjo Tudjman personaggio PRIMA di spirare, l'ultimo «Ban», il capo, il duce ha dedicato le residue ombre di fiato ad un pei : '<?ro sulla Croazia. Questo è almeno il Franjo Tudjman che hanno raccontato i media di Zagabria. Il più nuovo e moderno degli Stati nati n'alia dissoluzione jugoslava vive la morte dell'Idolo e del Padre. La storia di l'ranjo Tudjman descrive la parabola di un visionario. Di un uomo che ha realizzato il suo sogno, che solo negli anni della propria vecchiaia è riuscito a creare un Paese mai esistito prima. In questo senso sarebbe difficile immaginare più degna conclusione di un'esistenza. Il sogno però si ò realizzato quando il senso dell'identità e delle lotU; necessarie per affermarla già tendeva a sublimarsi nel delirio della missione divina, mentre da un altro verso tutto si scopriva legato non tanto alle intuizioni del Capo quanto agli investimenti di «lobbies» regionali e cancellerie europee. Franjo Tudjman era nato 77 anni fa a Veliko Trgovise, ai confini fra Croazia e Slovenia, nella stessa zona dovi." si vuole abbia avuto origine il grande mistero di Josip Broz detto Tito. Col generale Tito, il comunista Franjo inizia a combattere appena diciannovenne, abbandonando Zagabria per le montagne e portandosi dietro un fratello che sarebbe morto in battaglia a 17 anni. Il dopoguerra vede l'ex partigiano Tudjman impegnato nella carriera militare, da cui dopo alcuni contrasti si ritira nei primi Anni Sessanta col grado di generale ed una grande passione, quella dello storico. Per lui s'inizia una serie di anni bui, segnata dalla rinuncia ad ogni ruolo pubblico e dai primi contatti con l'emigrazione croata negli Stati Uniti ed in Australia. Un'emigrazione particolare, marcata dalle fughe postbelliche e dalle ancor vive nostalgie degli antichi sostenitori di Ante Pavelic. L'origine della profonda revisione che l'uomo compie sulla storia, prima che su sé stesso, è in questi incontri. Nel '67, Tudjman è tra i firmatari della «dichiarazione sulla lingua letteraria croata» che si propone di sostituire il serbo-croato, simbolo di centralismo. Quattro anni dopo e fra i sostenitori di quel tentativo antiburocratico ad autonomista che sarebbe passato alla storia come «primavera di Zagabria». Viene espulso dal partito comunista, finisco due volte in carcere, si ritrova del tutto emarginato a coltivare contatti con l'emigrazione e ad approfondire in maniera sempre più ossessiva ricerche intorno all'identità nazionale croata. Il compito è difficilissimo, in un Paese che fino a quel momento si è definito soprattutto attraverso la confessione religiosa e le imprese dell'antico «ban» Jelacic. Politicamente, la Croazia non è mai esistita se non per il periodo brevissimo e terribile (dal '41 al '43) del sanguinario governo filonazista degli ■■(usiasciai. Quando il muro di Berlino cade e la federazione Jugoslava si scopre sull'orlo della fine, le teorie dello storico Tudj- man hanno trovato forma compiuta . «L'impasse della verità storica», il suo primo libro, nega le stragi naziste, ridimensiona le vittime dei campi di concentramento ma soprattutto «spiega» l'accaduto. Nel frattempo lo storico si è trasformato in politico, grazie ai finanziamenti della «Diaspora» ed all'aiuto di Gojko Susak, uomo d'affari d'origine erzegovese ben più versato eli Tudjman nei conti bancari e nell'approvvigionamento di armi, Ecco un altro conto che il presidente continuerà a pagare per anni (il suo potente consigliere per la politica interna è stato fino all'ultimo Ivic Pasalic, erzegovese). Ma restiamo al 1989: sotto l'egida di Tudjman nasce a Zagabria il «movimento democratico dei croati» o «Hdz» (Hravska Demokratieska Zajednica»), gruppo che nel '90 si farà promotore del referendum sull'indipendenza, otterrà il 97 per cento dei «sì», passerà poi per una sorta di militarizzazione ed inizierà infine a trasformarsi in partito-Stato. Sono questi gli anni in cui all'uomo della nscossa vengono attribuite posizioni raggelanti. In parte è propaganda serba, in parte no: certo, la battuta con cui il neopresidente Franjo confessa «Non avrei mai sposato una serba o un'ebrea» fa il giro del mondo. La cerimonia del cambio della guardia nel Castello di Zagabria deve rifarsi a tradizioni che non esistono: si trasformerà in una coreografia da operetta che non rende giustizia anzitutto ai sentimenti che l'hanno resa possibile. Il patriottismo che ha permesso la nascita della Croazia vira verso il nazionalismo più becero. Nel '91, il Tudjman che si erge a leader della nuova Croazia non ha rivali, nè può trovare argine l'ondata sciovinista che raggiunge il suo apice nel '95, con l'«operazione Tempesta» e la riconquista della Kraijna occupata. L'uomo che a guerra finita si presenta sulle rive del lago Jarun alla sfilata della vittoria, di fronte a reparti che marciano con stile tedesco ed armamenti americani, è un Tudj¬ man nuovo. Porta un'uniforme che non indosserà mai più, ma gli resterà addosso come un marchio: una giacca bianca da Maresciallo con gli alamari e le grandi spalline azzurre che indossava Tito. Trascorre i periodi estivi a Brioni, in quella che fu la residenza di Tito. Anche lui invita qualche ambasciatore occidentale a raccogliere i mandarini che crescono nei giardini, come il Maresciallo amava fare.Dopo qualche scandaletto anche i suoi familiari (la figlia Nevenka, soprattutto) acquistano un profilo più discreto sfuggendo agli strali della stampa d'opposizione, che insegue arricchimenti e brogli. Giusto la moglie, un anno fa, è costretta a spiegare un conto in banca di 200 milioni coi frutti dei «diritti d'autore» dei libri di Franjo. Nel frattempo, giornali che si pretendono Uberi vengono perseguitati o messi a tacere con ogni mezzo, dalle denunce («Feral Tribune») alle acquisizioni forzate (Slobodna Dalmacja»). La tv Stato non sfugge alla regola: moderna, scintillante di musica e lustrini ma soggetta ad un controllo che definire ferreo sarebbe poco. La sola debolezza che un Tudjman nel frattempo stanco e malato si concede, è la conferma del figlio maggiore, Miroslav, alla guida dei servizi segreti. La Croazia che ha costruito è un Paese che oggi lo piangerà sinceramente, come si fa per un padre autoritario ed un po' megalomane che però ha condotto la famiglia verso porti sicuri. Come accade per tutte le figure ingombranti, andandosene scatenerà tutte le dinamiche che la sua vita da monumento teneva sopite. L'« Hdz» è sul punto di spezzarsi. L'economia, di liberalizzarsi non soltanto nella facciata. La Croazia, forse, su quello di trovare un'identità più compiuta. A tre settimane dalle elezioni l'opposizione teme l'effetto emotività sul voto 25 giugno 1991 : Tudjman legge la dichiarazione d'indipendenza della Croazia L'uomo che rifondò lo Croazia Compagno di Tito, ripudiò il comunismo e costruì il suo Paese abbracciando un nazionalismo autoritario L'uomo che rifondò lo Croazia E'morto ilpresidenteFranjo Tudjman personaggio PRIMA di spirare, l'ultimo «Ban», il capo, il duce ha dedicato le residue ombre di fiato ad un pei : '<?ro sulla Croazia. Questo è almeno il Franjo Tudjman che hanno raccontato i media di Zagabria. Il più nuovo e moderno degli Stati nati n'alia dissoluzione jugoslava vive la morte dell'Idolo e del Padre. La storia di l'ranjo Tudjman descrive la parabola di un visionario. Di un uomo che ha realizzato il suo sogno, che solo negli anni della propria vecchiaia è riuscito a creare un Paese mai esistito prima. In questo senso sarebbe difficile immaginare più degna conclusione di un'esistenza. Il sogno però si ò realizzato quando il senso dell'identità e delle lotU; necessarie per affermarla già tendeva a sublimarsi nel delirio della missione divina, mentre da un altro verso tutto si scopriva legato non tanto alle intuizioni del Capo quanto agli investimenti di «lobbies» regionali e cancellerie europee. Franjo Tudjman era nato 77 anni fa a Veliko Trgovise, ai confini fra Croazia e Slovenia, nella stessa zona dovi." si vuole abbia avuto origine il grande mistero di Josip Broz detto Tito. Col generale Tito, il comunista Franjo inizia a combattere appena diciannovenne, abbandonando Zagabria per le montagne e portandosi dietro un fratello che sarebbe morto in battaglia a 17 anni. Il dopoguerra vede l'ex partigiano Tudjman impegnato nella carriera militare, da cui dopo alcuni contrasti si ritira nei primi Anni Sessanta col grado di generale ed una grande passione, quella dello storico. Per lui s'inizia una serie di anni bui, segnata dalla rinuncia ad ogni ruolo pubblico e dai primi contatti con l'emigrazione croata negli Stati Uniti ed in Australia. Un'emigrazione particolare, marcata dalle fughe postbelliche e dalle ancor vive nostalgie degli antichi sostenitori di Ante Pavelic. L'origine della profonda revisione che l'uomo compie sulla storia, prima che su sé stesso, è in questi incontri. Nel '67, Tudjman è tra i firmatari della «dichiarazione sulla lingua letteraria croata» che si propone di sostituire il serbo-croato, simbolo di centralismo. Quattro anni dopo e fra i sostenitori di quel tentativo antiburocratico ad autonomista che sarebbe passato alla storia come «primavera di Zagabria». Viene espulso dal partito comunista, finisco due volte in carcere, si ritrova del tutto emarginato a coltivare contatti con l'emigrazione e ad approfondire in maniera sempre più ossessiva ricerche intorno all'identità nazionale croata. Il compito è difficilissimo, in un Paese che fino a quel momento si è definito soprattutto attraverso la confessione religiosa e le imprese dell'antico «ban» Jelacic. Politicamente, la Croazia non è mai esistita se non per il periodo brevissimo e terribile (dal '41 al '43) del sanguinario governo filonazista degli ■■(usiasciai. Quando il muro di Berlino cade e la federazione Jugoslava si scopre sull'orlo della fine, le teorie dello storico Tudj- man hanno trovato forma compiuta . «L'impasse della verità storica», il suo primo libro, nega le stragi naziste, ridimensiona le vittime dei campi di concentramento ma soprattutto «spiega» l'accaduto. Nel frattempo lo storico si è trasformato in politico, grazie ai finanziamenti della «Diaspora» ed all'aiuto di Gojko Susak, uomo d'affari d'origine erzegovese ben più versato eli Tudjman nei conti bancari e nell'approvvigionamento di armi, Ecco un altro conto che il presidente continuerà a pagare per anni (il suo potente consigliere per la politica interna è stato fino all'ultimo Ivic Pasalic, erzegovese). Ma restiamo al 1989: sotto l'egida di Tudjman nasce a Zagabria il «movimento democratico dei croati» o «Hdz» (Hravska Demokratieska Zajednica»), gruppo che nel '90 si farà promotore del referendum sull'indipendenza, otterrà il 97 per cento dei «sì», passerà poi per una sorta di militarizzazione ed inizierà infine a trasformarsi in partito-Stato. Sono questi gli anni in cui all'uomo della nscossa vengono attribuite posizioni raggelanti. In parte è propaganda serba, in parte no: certo, la battuta con cui il neopresidente Franjo confessa «Non avrei mai sposato una serba o un'ebrea» fa il giro del mondo. La cerimonia del cambio della guardia nel Castello di Zagabria deve rifarsi a tradizioni che non esistono: si trasformerà in una coreografia da operetta che non rende giustizia anzitutto ai sentimenti che l'hanno resa possibile. Il patriottismo che ha permesso la nascita della Croazia vira verso il nazionalismo più becero. Nel '91, il Tudjman che si erge a leader della nuova Croazia non ha rivali, nè può trovare argine l'ondata sciovinista che raggiunge il suo apice nel '95, con l'«operazione Tempesta» e la riconquista della Kraijna occupata. L'uomo che a guerra finita si presenta sulle rive del lago Jarun alla sfilata della vittoria, di fronte a reparti che marciano con stile tedesco ed armamenti americani, è un Tudj¬ man nuovo. Porta un'uniforme che non indosserà mai più, ma gli resterà addosso come un marchio: una giacca bianca da Maresciallo con gli alamari e le grandi spalline azzurre che indossava Tito. Trascorre i periodi estivi a Brioni, in quella che fu la residenza di Tito. Anche lui invita qualche ambasciatore occidentale a raccogliere i mandarini che crescono nei giardini, come il Maresciallo amava fare.Dopo qualche scandaletto anche i suoi familiari (la figlia Nevenka, soprattutto) acquistano un profilo più discreto sfuggendo agli strali della stampa d'opposizione, che insegue arricchimenti e brogli. Giusto la moglie, un anno fa, è costretta a spiegare un conto in banca di 200 milioni coi frutti dei «diritti d'autore» dei libri di Franjo. Nel frattempo, giornali che si pretendono Uberi vengono perseguitati o messi a tacere con ogni mezzo, dalle denunce («Feral Tribune») alle acquisizioni forzate (Slobodna Dalmacja»). La tv Stato non sfugge alla regola: moderna, scintillante di musica e lustrini ma soggetta ad un controllo che definire ferreo sarebbe poco. La sola debolezza che un Tudjman nel frattempo stanco e malato si concede, è la conferma del figlio maggiore, Miroslav, alla guida dei servizi segreti. La Croazia che ha costruito è un Paese che oggi lo piangerà sinceramente, come si fa per un padre autoritario ed un po' megalomane che però ha condotto la famiglia verso porti sicuri. Come accade per tutte le figure ingombranti, andandosene scatenerà tutte le dinamiche che la sua vita da monumento teneva sopite. L'« Hdz» è sul punto di spezzarsi. L'economia, di liberalizzarsi non soltanto nella facciata. La Croazia, forse, su quello di trovare un'identità più compiuta. A tre settimane dalle elezioni l'opposizione teme l'effetto emotività sul voto 25 giugno 1991 : Tudjman legge la dichiarazione d'indipendenza della Croazia