Turchia in Europa, lunga è la via
Turchia in Europa, lunga è la via Il ministro degli Esteri greco: sì all'ingresso nell'Ile, ma Ankara deve rispettare i diritti umani e le leggi internazionali Turchia in Europa, lunga è la via George Papandreu IL vertice europeo di questa settimana deciderà se la Turchia può candidarsi a diventare membro della • Comunità. La Grecia ritiene che se la Turchia si sottoporrà alle regole del processo di candidatura, che si applica egualmente a tutti i paesi candidati, allora potrebbe essere accettata. Con la terribile guerra del Kosovo ancora fresca nelle nostre memorie, il popolo greco è ben consapevole dell'importanza delle relazioni di buon vicinato. Crediamo che la forza dei vicini sia la nostra forza. Escludere un paese dai benefici della comunità internazionale significa aprire la strada a quel genere di crisi a cui abbiamo assistito per troppo tempo nel Sud-Est europeo. Il cuore dell'etica europea è concentrato nella costruzione di istituzioni e di pratiche che mirano all'inclusione. Da quando sono diventato ministro degli Esteri, lo scorso febbraio, ho seguito con insistenza politiche di cooperazione regionale. Credo che Grecia e Turchia debbano necessariamente esplorare nuove vie di cooperazione: i nostri reciproci interessi possono superare le differenze politiche. Possiamo e dobbiamo risolvere queste differenze attraverso modalità pacifiche, come la Corte internazionale di Giustizia. La Grecia ha iniziato un processo di dialogo costruttivo con la Turchia - un processo che è corninciato prima della crisi del Kosovo e dei terremoti che hanno lacerato i nostri paesi. In altre parole, la Grecia si è data da fare per cercare di voltare pagina. E una politica di apertura richiede coraggio e determinazione. Gli alleati europei riconoscono che la Grecia ha più da guadagnare, ma anche, potenzialmente, più da perdere di tutti gli altri Stati membri, dalla prospettiva di una Turchia europea. La Grecia ha creato una finestra di opportunità per la Turchia. E' arrivato il momento, per la Turchia, di provare che le sue intenzioni di entrare in Europa sono serie. Se la Turchia vuole avere un ruolo in Europa, noi europei dobbiamo sostenere la candidatura turca. Ma senza creare nuovi criteri d'ingresso. Quelli stabiliti a Copenaghen vanno applicati a tutti allo stesso modo. Nel caso della Turchia, ciò significa una maggiore libertà politica, indipendenza dei giudici e una stampa libera. Significa garanzie per la difesa dei diritti umani e delle minoranze. Significa risol- vere le controversie con mezzi pacifici, e rispettare le leggi internazionali. Nel caso, ad esempio, delle relazioni di buon vicinato e della conseguente inviolabilità dei reciproci confini, noi siamo preoccupati dalle continue violazioni turche dei cieli greci e della tendenza a imporre restrizioni al patriarcato ecumenico di Costantinopoli. La Grecia invoca una candidatura reale della Turchia, non una «virtuale». Né l'Europa né la Turchia si possono accontentare di semplici indicazioni di «buona volontà». La Turchia deve dar vita ad azioni concrete. La recente affermazione del mio collega turco, Ismail Cem, secondo cui il suo paese è preparato a risolvere le questioni territoriali con la Grecia nel rispetto della legge internazionale e dei criteri stabiliti in «Agenda 2000», è un segnale molto positivo. E certamente noi lotteremo per raggiungere una soluzione diplomaticamente accettabile per porre fine alla divisione di Cipro, sulla base di importanti decisioni degli Stati Uniti. L'appartenenza all'Unione Europea è la via migliore per garantire un passo avanti nella questione dell'ingresso di Cipro. E il suo ingresso significherebbe una maggiore sicurezza, stabilità e prosperità di entrambe le comunità dell'isola. La comunità turco-cipriota, ora isolata dal resto del mondo, ne beneficerebbe più di ogni altro. La Turchia occupa attualmente il 38% del territorio dell'isola, con più di 30.000 truppe. Può l'Unione Europea accettare che un qualsiasi paese candidato occupi con la forza il territorio di un altro paese candidato? L'Unione ha la responsabilità di aiutare il processo di disgregazione dell'ultimo muro di Berlino che divide in due una capitale europea. La Turchia, dunque, ha ancora molta strada da fare. Alcuni partner europei ritengono che non sia ancora politicamente, economicamente o socialmente stabile per entrare in Europa. Lasciamo che la Turchia provi la sua maturità mettendo in atto le riforme necessarie. E facciamo sì che l'Unione Europea organizzi una struttura realistica per la Turchia affinché essa intraprenda il cammino delle riforme: una mappa dettagliata delle condizioni, dei criteri e dei princìpi basilari. La Turchia non può aspettarsi di compiere riforme dolorose senza che l'Unione Europea dimostri un inequivocabile impegno per il futuro di una Turchia europea. La Grecia ha costruito la metà del ponte che porterà la Turchia vicino all'Europa. Se i nostri colleghi europei costruiranno l'altra metà, Helsinki sarà vicinissima. Ministro degli Esteri greco Copyright «International Herald Tribune» Il colossale ponte Ataturk che unisce la sponda europea con quella asiatica di Istanbul. A lato George Papandreu
Persone citate: George Papandreu, Ismail Cem
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