Pupella Maggio, anima di Napoli

Pupella Maggio, anima di Napoli La grande attrice partenopea è morta ieri a Roma: aveva 89 anni ed era nata in palcoscenico Pupella Maggio, anima di Napoli Sapeva far convivere miseria e nobiltà Masolino d'Amico PUPELLA Maggio si è spenta ieri all'Ospedale Sandro Perdili di Roma, e nell'occasione le agenzie ci dicono - ma lo dimenticheremo subito - che in realtà si chiamava Giustina. Doveva il nomignolo con cui resterà immortale nella storia del nostro teatro al fatto di essere stata la più piccola di una meravigliosa dinastia di guitti partenopei (Dante, Beniamino, Rosalia... su sedici fratelli, sei recitarono), ultimi esponenti di una tradizione purtroppo ormai estinta che si rifaceva ai lazzi della commedia dell'arte e i cui ultimi impagabili guizzi furono proposti al pubblico dei grandi circuiti borghesi in un memorabile spettacolo di recupero inventato da Antonio Calenda, «'Na sera 'e Maggio». Con quasi quest'unica ec- • cezione, Beniamino e Rosalia avrebbero abitato durante tutta la loro carriera il palcoscenico (e il cinema) 'inferiore', leggi popolaresco, o plebeo, mentre Pupella fece il grande salto grazie a Eduardo, che trovò in lei, brevemente, l'erede di Titina, a partire dal 1957. Nata nel 1910, all'epoca Pupella aveva già diversi annetti e una enorme esperienza, avendo letteralmente visto la luce nel camerino del Teatro Orfeo di Napoli ed essendo entrata in scena per la prima volta a tre anni; poi aveva imparato a ballare, a cantare e a rispondere a tono alle beccate degli spettatori delle sceneggiate e dell'avanspettacolo. E' vero che a un certo punto pensò di abbandonare una professione che quasi non dava da mangiare, e fece anche l'operaia a Terni; ma poi si ricredette, e alla lunga approdò alla Scarpettiana, dove fece l'incontro decisivo. Il suo massimo trionfo col maestro Eduardo avvenne in «Sabato, domenica e lunedì» (1959-'60), novità che Eduardo non avrebbe mai ammesso di avere scritto per lei, ma della quale Pupella fu interprete insuperabile; la sua Rosa Priore che per tre atti fa il muso al marito, rischiando la tragedia familiare, per una gelosia legata al ragù, sarebbe subito entrata nella leggenda. Un'altra leggenda dice che lo stesso Eduardo fu ingelosito dal suo successo, fatto sta che le loro strade si separarono, e Pupella non figurò nel cast che nella stagione '63-'64 registrò sette lavori di Eduardo per la Tv; a lavorare col maestro tornò tuttavia nel '69, e poi ancora nel '72. Nel frattempo il teatro maggiore, se così vogliamo chiamarlo, si era impossessato saldamente di lei, per non lasciarla mai più. Pupelia fu diretta da Visconti nell'«Arialda» di Testori (1960), a fianco di Rina Morelli e Paolo Stoppa, e dopo altre esperienze fu la star di «Napoli notte e giorno» di Raffaele Viviani, diretto da Giuseppe Patroni Griffi, che poi per lei scrisse «In memoria di una signora amica» (nel '66 ricordo di averci accompagnato la brillantissima e allora giovane Maggie Smith, che guardò Pupella come si guarda un monumento, ammirata ed emozionata); in seguito, dopo la morte di Rina Morelli, avrebbe recitato, ancora a fianco di Stoppa, e avrebbe poi affrontato altreawenture e autori come Gorki, Beckett, Campanile, e persino un personaggio come Amleto, in una riduzione di Mario Prosperi e Calenda. Pupella non era bella e non lo era mai stata, aveva una voce strana, anzi, quasi un difetto di pronuncia poteva sembrare che balbettasse - e almeno a partire dagli anni con Eduardo, sembrava molto più vecchia della sua età. Ma era una attrice strepitosa, con la succitata Morelli la più grande che io abbia visto in Italia. Come la Morelli infatti calamitava l'attenzione apparentemente senza far nulla, e avendo un aspetto insignificante; come la Morelli aveva un'energia interiore che la caricava come elettricamente (il suo sfogo di furore impotente nei confronti del marito, in «Natale in casa Cupiello»!). A diffe¬ renza della Morelli, che benché anch'essa figlia d'arte era teatralmente parlando un'attrice borghese, Pupella aveva addosso e proiettava un senso di dolore ancestrale e di miseria atavica uniti a una dignità popolana di cui si sarebbe accorto anche il cinema, particolarmente con Fellim in «Amarcord», accostabili forse solo a quelli di Anna Magnani, che come lei poteva essere anche spiritosissima e addirittura irresistibile nel comico. Sempre come attrice, infine, Pupella possedette sempre, per usare una parola oggi di moda (forse perché ci accorgiamo di averne tanto bisogno), una suprema leggerezza. Passava dal teatro popolare a Gorki, Beckett e Campanile Trionfò con Eduardo in «Sabato, domenica e lunedì» Pupella Maggio insieme con Eduardo De Filippo: l'incontro più folgorante con il maestro avvenne nel "59 per «Sabato, domenica e lunedì» Un'altra immagine di Pupella Maggio, in una scena delia «Madre» di Bertolt Brecht