Nella bottiglia i riflessi della crisi

Nella bottiglia i riflessi della crisi Nella bottiglia i riflessi della crisi Le Valli colpite dalla piaga dell'alcolismo Paolo Bricco IVREA Crisi economica e alcol. Questi anni di travagli finanziari o di dolorose ristrutturazioni dell'informatica non hanno colpito solo i portafogli: sovente, il dramma è entrato pesantemente nella vita di intere famiglio assumendo l'aspetto di una bottiglia. A raccontarlo è Giovanni Zonone, presidente canavesano dell'Acat (Associazione dei club degli alcolisti in trattamento): «Fra le persone che seguiamo ci sono donne che hanno iniziato a bere perché il loro tenore di vita non era più alto conio un tempo». Mogli di dirigenti estromessi dalle aziende di Ivrea e dintorni, che da un giorno all'altro hanno dovuto fare a meno della persona di servizio, trovandosi di fronte ad una dura, e fino ad allora sconosciuta, quotidianità fatta di pavimenti e vetri da lavare. Mentre la voce «spose extra» veniva improvvisamente depennata dai bilanci di casa. Come in tutta Italia, anche in Canavese sono proprio loro, lo donne, a rappresentare la categoria più esposta al rischio-bottiglia. O, forse, anche qui chiedono più aiuto di una volta, quando vigeva il tabù che la donna non si sarebbe mai presa una «ciucca». Anche se, magari, beveva nel corso della giornata un cicchettino dopo 1 altro, diventando a poco a poco alcolista. Quasi senza accorgersene. In Canavese, il problema riguarda anche alcune donne che hanno sempre avuto stipendi da operaie ed impiegate. All'improvviso, si sono ritrovate fra le quattro mura domestiche, in mobilità o in prepensionamento. Meno soldi e la necessità di ricostruirsi una esistenza al di fuori dell'ufficio. Ecco il rischio di cadere in depressione: ad aspettarle, qualche volta, la bottiglia. Vi sono diversi casi di questo tipo, fra le 120 famiglie che si incontrano per i lavori di gruppo nella quindici sezioni Acat sparse In Canavese (6 a Ivrea, 4 a Rivarolo, 2 a Cuorgnè, 2 a Castellamonte e 1 a Caluso). Fra i cinquanta alcolisti in trattamento, però, non tutte le storie che hanno una connessione con la crisi economica finiscono male. Dice infatti Zenone: «Siamo orgogliosi di uno dei nostri, entrato in terapia mentre lavorava. Dopo qualche tempo, è finito in cassa integrazione, ma ce l'ha fatta. Infatti, insieme alla sua famiglia, non ha mollato i gruppi, portando a termine la disintossicazione». Se Ivrea piange, l'Alto Canavese non ride. «Soprattutto nelle Valli Orco e Soana» continua Zenone - è difficile portare il nostro discorso. Lì, in pochi ritengono che il vino e la grappa possano diventare cose pericolose». Dalle montagne, chi si rende conto di avere un problema deve scendere al Sert di Rivarolo e di Cuorgnè, dove gli alcolisti in trattamento sono 128. «Di questi, pochissimi sono giovani - spiega Carlo Zannati, responsabile del Sert dell'Asl 9 - abbiamo in cura solo due adolescenti». In realtà, il problema è solo sommerso. «Qualche tempo fa - afferma Laura Monticone, assistente sociale di Rivarolo - parlando con gli studenti delle superiori, è saltato fuori che i genitori sottovalutano il problema alcol». Quasi fosse normale che alcuni dei loro figli tornino a casa barcollanti il sabato sera. Il dramma coinvolge molte famiglie E a pagare sono soprattutto le donne In Canavese le 15 sezioni Acat seguono 150 famiglie

Persone citate: Carlo Zannati, Giovanni Zonone, Laura Monticone, Paolo Bricco

Luoghi citati: Caluso, Castellamonte, Italia, Ivrea