«I latitanti del Montenegro dietro questa scia di terrore»

«I latitanti del Montenegro dietro questa scia di terrore» UNA PISTA AD EST, CACCIATI DALL'EX RIFUGIO DORATO, CERCANO NUOVE FORME DI FINANZIAMENTO «I latitanti del Montenegro dietro questa scia di terrore» reportage Fulvio Milane dall'inviato a LECCE ARMI ed esplosivo vengono dall'est. E a est guardano gli investigatori che in queste ore tentano di dare volti e nomi ai macellai di San Donato: quelli che hanno usato i kalashnikov e le bombe per assaltare i furgoni portavalori della Velialpol, quelli che hanno ammazzato tre uomini disintegrandone i corpi come avrebbe fatto un commando militare bene addestrato. Qualcuno, in questa città che sembra improvvisamente proiettata in un incubo, parla di terrorismo mafioso. Cataldo Motta, magistrato di punta della Direzione distrettuale antimafia, ci pensa un po' su e poi fa capire che l'eversione, in questa brutta storia impastata di sangue e dinamite sembra entrarci poco o niente: «Non abbiamo elementi che ci facciano pensare a un'ipotesi del genere», dice. Ma la mafia, quella sì che c'entra. E pare sia alimentata da nuove leve, eredi delle vecchie generazioni decimate con gli arresti e le inchieste giudiziarie. C'è la Sacra Corona Unita, l'organizzazione criminale che ha messo radici nel Salento e che da anni terrorizza la provincia di Lecce. Ma polizia e carabinieri sono alle prese anche con una nuova cosca, la Sacra Corona Libera: libera di dare la morte per autofinanziarsi. Ed ecco che, a questo punto, nelle indagini appena avviate fa capolino un paese dell'est vicino alle nostre coste, il Montenegro, buen ritiro di malavitosi di rango, il regno di Bengodi dei contrabbandieri di sigarette nostrani. Pugliesi, soprattutto. Ma di recente qualcosa è cambiata in quel paese che è sempre meno rifugio di latitanti. I blitz della polizia e le espulsioni a raffica decise dalle autorità locali hanno messo in gravi difficoltà i trafficanti: alcuni sono stati arrestati, altri sono scappati in altre nazioni con governi più compiacenti o hanno dovuto rimettere piede da clandestini in Italia in mancanza di meglio. «Da quando il Montenegro ha cominciato a espellere i criminali pugliesi che si rifugiavano lì, le organizzazioni criminali hanno difficoltà a mantenere il volume d'affari, a continuare a trafficare in sigarette e armi - commenta il sostituto procuratore Motta -. E siccome la mafia tende sempre a mantenere il suo livello di reddito, è possibile che molti latitanti abbiamo deciso di mantenersi compiendo rapine da Far West». I colpevoli del massacro probabilmente sono da cercare fra loro, i latitanti d'oro fuggiti dal Montenegro che avrebbero stretto un patte con i mafiosi rimasti in Puglia, e che nelle provincie di Lecce e soprattutto Brindisi avrebbero formato la Sacra Corona Libera, una cosca nata in contrapposizione alla vecchia Sacra Corona Unita. E' gente feroce e determinata: non più di un mese fa un commando è entrato in casa di un uomo di un clan rivale, Angelo Maniglio, e se lo è portato via. Il corpo segnato dalle torture l'hanno trovato in un pozzo, dopo pochi giorni. Dove sono, i ricchi contrabbandieri costretti a guardarsi dalle autorità montenegrine oltre che dagli 007 italiani? Dov'è finito «Ciccio la busta», all'anagrafe France¬ sco Prudcntino, il re delle bionde? Si dice in un altro paese dell'est, forse in Romania, da dove continua a impartire ordini e a mandare avanti i suoi affari. Strana figura, «Ciccio la busta», per mota complice e per l'altra metà vittima della Sacra Corona Unita. Dicono che la sua organizzazione doveva pagare una tangente per sbarcare le casse di sigarette sulla costa pugliese, e che lui stesso si è affiliato alla vecchia cosca per salvare la vita ad alcuni parenti condannati a morte per uno sgarro. E' una delle tante storie che si raccolgono in una regione devastata da una violenza che non conosce precedenti. «Nell'assalto ai furgoni portavalori colpisce soprattutto l'abbondanza dei mezzi impiegati e la determinazione dei banditi: si è raggiunto un livello di aggressione mai visto prima d'ora», commenta con amarezza e preoccupazione Alessandro Stasi, procuratore generale della repubblica di Lecce e responsabile della Direzione distrettuale antimafia. E Cataldo Motta, magistrato di collaudata esperienza, rincara la dose: «Con ogni probabilità gli autori dell'attacco ai furgoni sono gli stessi che il 2 novembre scorso hanno messo a segno un'altra rapina ad un portavalori. Quella volta hanno portato via poco più di un miliardo usando la stessa tecnica e (piasi sicuramente le stesse armi». E torna alla mente un altro assalto compiuto a centinaia di chilometri da qui, ma che presenta analogie inquietanti con il massacro di ieri. Accadde a Milano, il 14 maggio scorso. Anche quella volta i rapinatori spararono con i kalashnnikov, e uccisero una guardia giurata. E avevano l'esplosivo, proprio come gli assassini entrati in azione ieri. Nel commando c'erano degli ex terroristi, eppure gli inquirenti non hanno mai confermato la pista della rapina compiuta da un'organizzazione eversiva per autofinanziamento. Come non confermano eventuali collegamenti fra gli assassini che hanno sparato a Milano e quelli che hanno ucciso ieri. «Di certo c'è solo che la mafia in Puglia non è vinta, non è mai stata sconfitta - avverte Cataldo Motta -. Questi episodi sono la conferma che la malavita qui ha disposizione un arsenale militare. I sicari sono in grado di usare perfettamente armi da guerra e esplosivo». Ed è proprio l'aspetto «militare» dell'assalto di ieri a sconvolgere più d'ogni altra considerazione l'arcivescovo di Lecce, Cosmo Francesco Ruppi. E' vero, oggi a Lecce arriverà il capo della Criminalpol, Rino Monaco, inviato dal ministro dell'interno Rosa Russo Jervolino «per seguire direttamente la situazione». Ma il presule chiede risultati immediati ed efficaci contro la criminalità. «Davanti a una simile offensiva lo Stato deve agire con decisione e rapidità», dice, e aggiunge che la gente del Salento è stanca di promesse fatte e mai mantenute: «Chiediamo fatti concreti, non parole». Il procuratore Motta: «C'è una nuova sigla in queste azioni in stile da Far West: la Sacra Corona Libera una cosca nata come alternativa alla vecchia mafia della Puglia» Molte le analogie con l'assalto di 6 mesi fa in via Imbonati a Milano al quale parteciparono alcuni ex terroristi. Magli inquirenti tendono a escludere per ora collegamenti

Persone citate: Alessandro Stasi, Angelo Maniglio, Cataldo Motta, Fulvio Milane, Rino Monaco