Regio, il futuro è il Novecento di Armando Caruso

Regio, il futuro è il Novecento IL DIRETTORE ARTISTICO ALLE SOGLIE DEI DUEMILA E' GIUSTO METTERE IN SCENA i CAPOLAVORI DI QUESTO SECOLO Regio, il futuro è il Novecento Desderi: «Stravinskij dà ragione alle nostre scelte» intervista Armando Caruso TORINO CLAUDIO Desderi «signore del Novecento». Su undici titoli in cartellone al Teatro Regio, cinque sono capolavori del XX secolo: «The Hake's Progress» (La carriera di un libertino) di Stravinsky, «Madama Butterfly» di Giacomo Puccini, «Die Teufel von Loudum» (I diavoli di Loudun) di Penderecki, «Assassinio nella Cattedrale» di Pizzetti, «Wozzeck», non quello ben più noto di Alban Berg, ma 1'«altro» di Gurlitt. Non era mai avvenuto nel cartellone del Regio. Alle soglie del Duemila ed a stagione iniziata, dopo il successo inaugurale del «Libertino» stravinskiano, è sin troppo facile sostenere che sarebbe stato grave errore dimenticare i gioielli del teatro musicale europeo moderno. Il Regio l'errore non l'ha commesso; anzi, ha dimostrato di saper guardare alla storia moderna con occhio critico, senza abbandonare al proprio destino la letteratura operistica dell'Ottocento che ancor oggi, impropriamente, si continua a chiamare teatro di repertorio. Per questo la coppia Claudio Desderi (direttore artistico del Regio) e Walter Vergnano (sovrintendente) ha gettato un ponte verso «Lucia di Lammermoor», «Fedoni», «Rigoletto» «L'Italiana in Algeri», «Orfeo all'inferno», l'altro emisfero in cartellone, «perché - osserva il baritono, nominato in questi giorni Accademico di Santa Cecilia - ai fecondi secoli precedenti si deve guardare con sensibilità e cultura, con gli occhi di oggi, perché la musica consente, soprattutto a noi interpreti di "reinventare" ciò che i compositori hanno scritto, a beneficio di una lettura nuo- va. E' questo il miracolo che si compie a teatro. C'è dentro di noi, nella nostra pelle, arricchimento, un senso critico più sviluppato». Quindi, rappresentare il Novecento non è soltanto una celebrazione... «E' piuttosto un'esigenza culturale. Abbiamo voluto inserire "Butterfly" perché la si consideri nel suo giusto contesto storico, il Novecento, appunto, ed il pubblico abituato ad ascoltarla in stagioni tradizionali, ha compreso perfettamente quanto sia moderna, "madre" di tante opere di questo secolo, sicuramente assai più vicina alla nostra sensibilità che a quella dell'Ottocento. E sono felice che altri teatri abbiano sposato quest'idea premiante». Desderi, in questo spirito di rinnovamento non sarebbe stato giusto inserire un'opera contemporanea di rottura rispetto al passato? «Un momento. Intanto abbiamo seguito una linea guida ai diversi stili: da Pizzetti a Gur¬ litt, da Stravinskij a Penderecki, compositore vivente dei "Diavoli di Loudun", sicuramente un'opera rivoluzionaria. Non ci siamo orientati verso più giovani compositori perché crediamo che un ente lirico debba tenere conto dei gusti del pubblico e soprattutto educarlo alle novità senza creare possibili traumi. C'è un tempo per ogni decisione». Oggi è di moda la commistione di generi: i Berliner che suonano con gli Skorpions, Rostropovic con un gruppo rock. Lei metterebbe in scena al Regio un'opera a metà fra rock e lirica? «Direi sì alla convivenza di generi anche in una stessa opera, purché non ci siano degenerazioni. Direi decisamente no al miscuglio di generi diversi. Da sempre sono convinto che né gli strumenti acustici né la voce umana debbano perdere la loro identità. Dico no all'amplificazione d'una voce baritonale o a quella di un tenore. Se si altera la potenza sonora naturale per pareggiare il livello dei decibel di un'altra amplificazione, allora non ci sto. Non sarebbe un'operazione musicale, ma di basso consumismo musicale. Il suono amplificato del violino di Accardo, per fare un esempio, sarebbe uguale a quello di mille altri violinisti, perderebbe le sue qualità intrinseche. Certo, ci sono compositori come Nono, Bussotti, Stockausen che sono riusciti a far convivere tecnologia e strumenti acustici, ma sono pochissimi. Se il miracolo si ripetesse sarei felice di accogliere al Regio un'opera scritta con pari dignità fra voce, strumenti acustici ed elettronici». Nel Duemila l'elettronica prenderà il sopravvento sugli strumenti acustici? «La tecnologia può riservare sorprese immense, ma il suono di un liuto del '500 non potrà mai essere sostituito da una "voce" elettronica, così come la voce umana non sarà mai soppiantata dalla più sofisticata tecnologia». Cosa fa lo Stato per i giovani compositori italiani? «Poco o niente. Negli Stati Uniti s'è creata una rete di "compositori in residence" ai quali i teatri commissionano periodicamente opere liriche. Si pensi a Sousa ("Les liasons dangereuses") ed a Bolton ("Uno sguardo dal ponte"). In Francia il ministero della Cultura finanzia interamente la rappresentazione di un'opera contemporanea. In Italia non succede nulla di tutto questo». «Butterfly collocata nel suo giustocontesto storico assieme a opere come "Assassinio nella cattedrale" di Pizzetti e "Wozzeck" di Gurlitt» «Direi no a un ibrido miscuglio tra lirica e rock, ma sarei felice se i due generi convivessero mantenendo la propria identità» Una scena di «Madama Butterfly» in scena con successo al Teatro Regio di Torino

Persone citate: Alban Berg, Claudio Desderi, Giacomo Puccini, Santa Cecilia, Walter Vergnano

Luoghi citati: Algeri, Francia, Italia, Scena, Stati Uniti, Torino