«I miei amori, Torino e Trieste»

«I miei amori, Torino e Trieste» LO SCRITTORE-DOCENTE PREMIATO OGGI CON IL GRINZANÉ PIEMONTE 1999 «I miei amori, Torino e Trieste» Claudio Magris racconta il legame con due città Intervista Marco NeirQtti ^RflHHi Rita Levi Montalcini e Claudio Magris ricevono oggi, ore 17,30, a Palazzo Barolo, il premio «Grinzane Piemonte 1999». Abbiamo intervistato lo scrittore e docente triestino. H O due figli e non potrei certo scegliere fra loro», dice il professor Claudio Magris, «e allo stesso modo ho due città, Trieste, dove sono nato e vivo, e Torino, dove ho studiato e insegnato». Professor Magris, Torino fondamentale come la «sua» Trieste? «Sì. Non si tratta di scegliere, ma di combinare due amori. A Torino sono arrivato nel '57, mi sono laureato, ho pubblicato con Einaudi la mia tesi, ho lavorato con Getto. Un legame fortissimo che non ha coperto quello con Trieste, città di nascita e formazione, di legami che definirei addirittura prenatali». Lei è rimasto legato a Torino fino al '78. Intanto la città è cambiata. «Sono legato tuttora. E' cessato nel '78 il legame formale. Ma ho verso questa città delle crisi di astinenza, proprio come un tempo era una festa ogni volta che prendevo il treno, per arrivare o per tornare a casa. Ho vissuto mentalmente in due città. E' cambiata, certo, così come è cambiata Trieste: questa si è "normalizzata", Torino ha subito dei colpi». Lei come la ricorda nel passato? «Fortemente costruttiva, con una Università che funzionava da propulsore della vita culturale e sociale. Era anche una città in crescita, che con l'immigrazione industriale vedeva aumentare la popolazione. Era l'immagine del fare, del produrre, rispetto alla libertà randagia di Trieste». Due città ai poli opposti dell'Italia, entrambe toccate da immigrazioni forti, storico-politiche per Trieste, industriali per Torino. Oggi ci sono nuovi arrivi, molto male accolti. «Quello istriano fu appunto un fenomeno politico di un preciso momento storico. Anche quello industriale di Torino fu un momento, per quanto dilatato. Ciò cui si assiste oggi è un vero e proprio spostanmento costante di popoli e, di certo, Torino ha più attrattive di Trieste. Di fronte a questo non serve un bieco razzismo, non servono nemmeno moralismi facili e buoni pensieri. Si deve guardare una situazione che può anche diventare incontenibile, ma con pacatezza e onestà». Guardare al passato può aiutare? «Sì, purché non sia il ritornello di si stava meglio prima. Tutti, tutte le città con un grande passato, hanno la tendenza a piangersi addosso. Ma si deve leggere e accettare un presente senza vivere di confronti». Si parla tanto di cultura, ma il dibattito politico, è sempre più rozzo, da osteria. «Magari si litigasse come al¬ l'osteria. Almeno lì c'è un rapporto immediato. Invece ciò che colpisce in politica è la volgarità con cui si conducono polemiche a vuoto. Non ci sono contrapposizioni, ma fraintendimenti voluti. La non cultura è diventata appannaggio di pseudo-élites». Come gestiremo il futuro delle nostre città? «Evitando paure, moralismi. E' giusto essere candidi come colombe, ma anche astuti come serpenti. E non l'ha detto Machiavelli». Il professor Claudio Magris è arrivato a Torino nel '57 e qui si è laureato e ha lavorato con il professor Getto

Persone citate: Claudio Magris, Professor Magris