Processo d'appello per la morte di Abdellah Douirni, annegato nel Po nel '97

Processo d'appello per la morte di Abdellah Douirni, annegato nel Po nel '97 Processo d'appello per la morte di Abdellah Douirni, annegato nel Po nel '97 «Fu un tragico gioco, non omicidio» I difensori: non volevano uccidere Nino Pietropinto «Non si è trattato di un atto di razzismo, ma di un tragico, stupido gioco che i giudici di primo grado hanno valutato in modo errato». «Nessuno voleva uccidere quel ragazzo marocchino finito in acqua. E' stata una disgrazia». Continua l'offensiva dei difensori al processo d'appello dei Murazzi per la morte di Abdellah Donimi, annegato nel Po il 19 luglio '97, sotto una pioggia di oggetti lanciati dalla riva. Attacca Gian Paolo Zancan che con Marco Feno, assiste Fabio Montrucchiofagli arresti domiciliatile se la prende con la sentenza di primo grado: «I giudici hanno sbagliato perché hanno valutato le prove puntando su una sola direzione. Il mio assistito non ha fatto nulla». Per i giudici dell'assise potrebbe essere stato lui a tirare l'aspirapolvere. Zancan: «No, non è stato lui. Il lanciatore era un tipo con i capelli ricci, magro, tanto diverso da Montrucchio. E poi ci sono i testi che lo scagionano. In ogni caso si tratta di un omicidio preterintenzionale, nessuno voleva uccidere il marocchino». Poi tocca all'avvocato Geo Dal Fiume che, con Roberto De Sensi, difende Andrea Demartis: «Non c'era la volontà di ucciderlo. Se avessero voluto la sua morte lo avrebbero colpito sul molo. Poi lui si è buttato in acqua e nessuno ha pensato che avrebbe potuto anche finire male per lui. Tutta l'azione è durata tre minuti e nessuno era in grado di fare qualcosa in quel breve lasso di tempo. Non era certo la prima volta che un extracomunitario si buttava nel Po per sfuggire agli inseguitori, anche ai poliziotti». Continua deciso il legale: «Certo, gli hanno impedito di tornare a riva, ma questo non vuol dire che hanno voluto la sua morte. Tutti hanno pensato che si sarebbe risolto come tante altre volte, con una nuotata fino all'altra riva. E infatti quando Demartis gli urla di nuotare fino all'altra parte, non pensa certo alla morte di Abdellah». Dal Fiume contesta anche l'aggravante dei futili motivi e chiede l'attenuante della suggestione della folla: «Si sono caricati a vicenda, su quel molo c'era una tale carica di emotività, di elettricità da suggestiona¬ re quei giovani». Gli ultimi attacchi di ieri all'accusa arrivano da Cosimo Palumbo che, con Pier Stefano Goffi, difende Diego Trevisan. «In primo grado non sono state valutate tutte le prove testimoniali. Non si è tenuto conto di chi ha raccontato che, quando il gruppo era sulla rotonda, Trevisan si trovava a 60 metri di distanza e stava litigando con un immigrato, con uno che aveva preso un pezzo di bottiglia e stava per aggredire Demartis». Il legale ha chiesto che venisse portata in aula la pianta dei Murazzi e ha individuato le posizioni dei vari personaggi per arrivare alla conclusione che «Trevisan non poteva trovarsi sulla riva». Ma Montrucchio dice il contrario, sostiene che Trevisan era vicino all'acqua. Mentre lui, Montrucchio, sulla riva non sarebbe mai arrivato: così almeno sostiene lui. La prossima udienza è fissata per il 14 dicembre quando l'avvocato Antonio Foti parlerà in difesa di Piero Iavarone. Sarà l'ultima arringa. Poi ci sarà la sentenza. Andrea Demartis uno degli imputati

Persone citate: Abdellah Donimi, Andrea Demartis, Antonio Foti, Cosimo Palumbo, Diego Trevisan, Marco Feno, Piero Iavarone