«Il mio Barabba è un guerrigliero» di Simonetta Robiony

«Il mio Barabba è un guerrigliero» L'attore tra i protagonisti del kolossal «Iesus» in onda domani sera su Raiuno «Il mio Barabba è un guerrigliero» Amendola nei panni del ladrone della Bibbia Simonetta Robiony ROrviA Anche Claudio Amendola è stato chiamato dalla Lux di Bernabei per prender parte a «Iesus», il più complesso dei molti capitoli della «Bibbia», quello dedicato alla figura di Cristo così come viene narrata nei Vangeli, in onda domenica e lunedi su Raiuno, in anteprima mondiale, preceduto dallo speciale «Il fatto» il cui Biagi parlerà della figura di Cristo. A lui è stato chiesto di essere Barabba, il rivoltoso che il popolo preferisce vedere liberato al posto di Cristo. Un ruolo piccolo, fatto solo di due apparizioni, ma a cui Amendola pare essersi affezionato. Questo nuovo «Iesus» non l'ha ancora visto, sa però che l'anteprima ha suscitato alcune perplessità che giudica inevitabili quando si osa girare un film su Gesù. Lui ne ricorda altri tre per i quali siila una classifica personale: al primo posto «Jesus Christ Superstar» che lo affascinò, al secondo quello di Zeffirelli che lo commosse, al terzo «Il vangelo secondo Matteo» di Pasolini che lo lasciò inquieto. «Per me Barabba non è un delinquente - dice - è un ribelle, un rivoluzionario, il primo guerrigliero che ci sia stato tramandato dalla storia. Anche se il suo metodo è opposto a quello di Cristo, il suo fine è altrettanto nobile». Non è che, dopo «Iesus», ha deciso di stare dalla parte di Barabba? «No. Ma chiunque sia portatore di valori autentici conquista la mia stima. Nonostante le vicende della storia ci abbiano fatto capire che la rivolta non è la soluzione ai mali del mondo». Frutto di un lavoro di appena due giorni su un set che Amendola ha trovato di alto valore professionale, in mezzo a quel paesaggio straordinario che è la città marocchina di Ouarzazale ai piedi dell'Atlante, Barabba è una delle molte partecipazioni che hanno contraddistinto il suo lavoro di quest'anno, un anno importante, in cui è nato il suo terzo figlio, frutto dell'unione con Francesca Neri, ma per questo un anno dedicato soprattutto alla famiglia. «Ho letto alcuni copioni, ma nessuno mi è parso sufficientemente buono. Perciò in questi mesi, invece di girare un film dietro l'altro, ho preferito fare piccole apparizioni qua e là, in attesa di un progetto migliore». Questa estate, quindi, ha lavorato con Gigi Magni in «La Carbonara» nella parte di un brigante, con Pompucci ne «Il grande botto» nel ruolo di un poveraccio che perde la vincita fatta all'Enalotto, e infine, nelle Langhe, ha fatto «Il partigiano Johnny» di Chiesa dall'omonimo romanzo di Fenoglio: a febbraio però, con Vilma Labbate che l'ha diretto in «La mia generazione», una pellicola sul terrorismo che suscitò molto dibattito, Amendola torna di nuovo a fare il protagonista. «E' una bella storia sul rapporto tra un uomo e una ragazzina. All'apparenza è un film su una indagine poliziesca, in realtà è una analisi sulla malattia, il dolore, la morte. Il titolo provvisorio è «Rosi», ma dovrebbe essere cambiato». Quindi non si è affezionato alle partecipazioni? «Ma no. E' che il cinema italiano non riesce a decollare. Ormai di film ne facciamo tanti, i soldi hanno ripreso a girare, ma salvo poche eccezioni, la qualità resta bassa. Io che posso permetterlo mi astengo». •1 Claudio Amendola

Persone citate: Claudio Amendola, Francesca Neri, Gigi Magni, Jesus Christ, Vilma Labbate