I Lasciate che i pargoletti vengano ai leader politici

I Lasciate che i pargoletti vengano ai leader politici SLANCI UMANITARI E VANTAGGI PUBBLICITARI I Lasciate che i pargoletti vengano ai leader politici tendenze Filippo Ceccarelli LASCIATE che i bambini ritornino in Italia sull'aereo del presidente del Consiglio. Ci mancherebbe altro. Lasciate anche che D'AIema, fresco di visita all'asilo nido e di recente, illustratissimo incontro con scolaresca a Palazzo Chigi, si goda quest'altro successo d'immagine. Nulla rende di più del bimbo, dei bimbi. Nel «teatrino» della politica essi sono un'infallibile risorsa di ridondanza e intrattenimento; oltre a proiettare sui protagonisti della vita pubblica - che ne hanno sempre un gran bisogno - un fascio di umana e benefica luminosità. Guardali, non fanno tenerezza? Non lo si dice con disprezzo. Molte iniziative umanitarie sono più che lodevoli, ma i confini tra l'umanità e i vantaggi obiettivi che i politici possono trarre da questo genere di missioni sono spesso confusi. E la pubblicità, che tanto ha contaminato le dinamiche e le mosse dei leader, non offre l'esempio più rassicurante. Uno studio del Censis di qualche anno fa proclamava i bambini l'«ultima emozione», un espediente estremo per riequilibrare, umanizzare. Un tempo la politica non ne aveva bisogno; adesso sembra che non possa più farne a meno. Nella scala del loro inevitabile impiego, il «salvataggio» dei bambini si configura, specie in presenza di rischi, come il gesto più forte e di maggior risonanza. Nel 1994 il sottosegretario Rocchetta e Maria Pia Fanfani riuscirono avventurosamente a portare in Italia diversi bambini africani di «Nonna Amelia». Il presidente Berlusconi corse all'ospedale Ha mi >i n Gesù e si commosse. Nella primavera scorsa, il presidente della Camera Violante riuscì a far trasportare in aereo un piccolo kosovaro ammalato. Dopo il salvataggio viene l'adozione, da Serena Cruz (per cui s'interessò molto la lotti) al piccolo Dren, che spinse il leader ds Veltroni a sperimentare e propagandare la formula «a distanza». E tuttavia i bambini funzionano anche senza dramma o pericolo. Da questo punto di vista appare sempre più diffusa e funzionale la presenza dei figli (piccoli) accanto ai papà leader. A colpi di foto, giuramenti, auto-interviste, citazioni da temi scolastici e recite di poesie («Rio Bo») Berlusconi ha aperto la strada. Ma D'AIema, che ha esordito con il Papa, si è diffuso sui puffi e ha «recepito il malumore degli insegnanti attraverso mio figlio», non scherza. Tanto che a marzo scorso i Cobas-scuola hanno chiesto provocatoriamente un incontro al piccolo Francesco, qualifi¬ cato «esperto» del governo. Più in generale, il fenomeno dell'ostensione politica del bambino risale ai primi Anni Ottanta. Sandro Pertini fu probabilmente il primo a intuirne il valore. Dopodiché Mustafà, la mascotte dei soldati italiani, viene ricevuto da Craxi a Palazzo Chigi. Lo storico comunicato sullo «scugnizzo libanese» di fronte al «gigante buono», frutto del genio giornalistico di Totò GhireLU, segna l'inizio di una stagione ricca di toccanti spudoratezze e trepide ruffianerie. Dalla poesia della cinguettante Altea, 5 anni, sul palco del congresso radicale alla trasmissione di Frizzi sull'asilo in Birmania, passando per la picconata che Cossiga assesta al protocollo durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario dopo aver intravisto una scolaresca, e chi lo ferma, a quel punto. Chi li ferma più, comunque, anche tutti gli altri. Dopo la vittoria berlusconiana, da casa Dell'Utri, si annuncia ia nascita del primo «dubbino» di Forza Italia. Vengono quindi organizzati festival dell'Unità baby. An fa sfilare balilla contro la Lega con t-shirt che recano scritto: «Sono italiano». La maglietta cambia («Fermiamo la criminalità»), ma i bambini sono gli stessi nella manifestazione del gennaio scorso. I riti di Bossi (pure lui qualche anno fa ha cliiuso un congresso con un paio di figli sul palco) prevedono bimbette vestite di rosa che porgono o svuotano nella laguna l'ampolla con l'acqua santa. Poi, in sovrappiù, arrivano gli «orsetti padani», con tanto di servizio di baby sitter (padane pure loro) e la scuola bosina di Varese con l'«Abecedari». Nel frattempo, in mezzo all'Aurelia bloccata, con un megafono in mano, il piccolo Riccardino, 11 anni, arringa gli allevatori. E Mago Zurli - sul serio - viene nominato difensore dell'infanzia dal sindaco Albertini. A parte l'istituzionalizzazione dello Zecchino d'oro, quel che non gira, non torna, e anzi desta sospetti un po' turpi è che più la politica appare vuota e screditata, e più i politici si contornano di bambini, si occupano di bambini, vogliono difendere i bambini. Così, sognano e insediano mini-autorithy, semafori anti tv, canali speciali, città compatibili, partitelle contro lo sfruttamento, passeggiatine pacifiste, menù vegetariani e girotondi ant i-nucleari. Ogni tanto, in qualche cerimonia ufficiale in cui il potere vuole mostrare un volto meno ufficiale, i politici si guardano attorno e cedono il loro trono a qualche bambino. L'ha fatto Scalfaro a giugno, e l'ha rifatto D'AIema a novembre. A quel punto, tutti sorridono, e scattano i flash. Però poi lì sopra ci si risiedono loro. Un campionario di iniziative analoghe da Pertini a Scalfaro da Bossi a Berlusconi I Nella foto grande, D'AIema all'aeroporto con Amira e Amisa. Qui a fianco, il premier cede la sua sedia a Palazzo Chigi a un bambino. A destra, baby-dimostranti alla manifestazione del Polo e Pettini con Mustafà, mascotte dei militari italiani in Libano

Persone citate: Berlusconi, Filippo Ceccarelli, Mago Zurli, Nonna Amelia, Sandro Pertini, Serena Cruz

Luoghi citati: Birmania, Italia, Libano, Varese