«Fragole e sangue» versione Duemila di Augusto Minzolini

«Fragole e sangue» versione Duemila «Fragole e sangue» versione Duemila NUOVI TEMI E VECCHIE RIVOLTE le contraddizioni sociali al centro della protesta retroscena Augusto Minzolini Ealla fine Seattle sono riusciti a paralizzarla. Quei figli degli hippies travestiti da farfalle che hanno riscaldato l'aria fredda con l'incenso e bloccato le limousine dei delegati, ballandogli intorno al ritmo di tamburi improvvisati con bidoni di latta o scatole di cartone . Quei lontani parenti americani dei nostri autonomi divisi in squadre paramilitari, tutti in nero con il passamontagna in tinta, muniti addirittura di maschere antigas. Quei pronipoti dei ribelli del campus che gridando nelle strade ai poliziotti «no violence, no violence», hanno ricreato nella citta del futuro l'atmosfera di un famoso film sulla protesta americana degli anni '60, "Fragole e sangue". Ebbene, questa strana combriccola che ha riunito tutti gli stereotipi delle proteste del passato, è riuscita a partecipare alla conferenza dell'organizzazione mondiale del commercio, a far sentire la sua voce contro la globalizzazione. Forse gli arresti non saranno centinaia come avevano sperato i dimostranti per aumentare l'attenzione dei media e, magari, la diretta messa in piedi dalla tv locale ha dato un'idea fin troppo drammatica di queste ore, ma in un modo o nell'altro il primo movimento di piazza del 2000 è riuscito nel suo intento. E non tanto o, almeno, non soltanto per quello che è riuscito a combinare nella protesta, per gli obiettivi simbolici che è riuscito a centrare. Il fatto che lunedì, entrando da un'entrata secondaria lasciata incustodita dalla polizia, i dimostranti siano riusciti a far saltare la riunione di preparazione e tutti i lavori della mattina inaugurale lascia il tempo che trova. Come pure non passerà alla storia la grande prova organizzativa che hanno messo in campo ieri, quella che gli ha consentito di tenere fuori buona parte dei delegati dal Convention center (lo stesso Piero Fassino è rimasto bloccato per più di mezz'ora al ventiseiesimo piano del grattacielo che ospita gli uffici dell'Idi, o di isolare per qualche ora l'Hotel Sheraton, centro della macchina organizzativa del convegno, grazie alle barricate tirate sucon i cassonetti dell'immondizia o con i box di metallo usati per vendere i giornali. No, tutto questo sarà dimenticato tra qualche settimana. Quello che non sarà dimenticato è se oggi il Presidente Clinton incontrerà - come sembra - qualcuno di loro dopo aver dichiarato che alcune delle tesi portate avanti nella protesta sono giuste, da ascoltare. Perchè questo è un esempio del paradosso, o meglio delle contraddizioni, che aleggiano sulla conferenza del Wto. Il dato che il Presidente sia sospeso tra i delegati e i dimostranti non può essere spiegato, infatti, solo con la grande voglia di risalire gli indici di popolarità dell'mquihno della Casa Bianca, impegnato - per paragonarsi a Kennedy - in una battaglia personale per cambiare il nome della confereneza da Millennium round a Clinton round. Semmai il problema principale è che ci sono molte questioni importanti sul piano dei diritti e della morale, che è difficile affrontare. Clinton ascolta, dà la sua benedizione ai dimostranti, ma poi deve scontrarsi con la realtà degli interessi della potente lobby degli agricoltori americani, o del¬ le multinazionali statunitesi. Il realismo vale per tutti qui a Seattle e si confonde con l'impotenza che anche i paesi ricchi incontrano nel misurarsi con i guai provocati dalla globalizzazione. Ad esempio, su centinaia di cartelloni portati in piazza dai manifestanti c'erano gli slogan contro lo sfruttamento del lavoro giovanile, c'erano anche le foto raccapricianti di bambini impegnati in lavori disumani. Eppure anche su questa battaglia che mette in subbugbo le coscienze, a cui in via di principio nessuno può rinunciare, emergono i paradossi, le contraddizioni. Intanto l'argomento è stato usato dagli Usa come dagli euro¬ pei come merce di scambio per trovare alleati nella guerra che si combattono: avere l'alleanza di paesi come la Thailandia, la Malesia, la Cina dove lo sfruttamento del lavoro giovanile finisce per diventare uno dei fattori dello sviluppo economico, magari sposando una tesi meno rigida sulla cosidetta «clausola sociale», può fare comodo. Eppoi in fin dei conti, lo stesso problema, visto da un punto di vista diverso da quello dei manifestanti, appare più complesso. «Lasciamo da parte - spiega ad esempio il ministro Fassino - i paesi dove non c'è democrazia e si usano i lavori forzati. Quelli sono un discorso a parte. In altri casi questi problemi vengono posti più per una questione di concorrenza e finiscono per dar vita a politiche protezionistiche da parte dei paesi più ricchi. Ecco perchè bisogna accompagnare una posizione rigida su questi argomenti, con interventi che aiutino le economie dei paesi sotto-sviluppati: parlo della cancellazione del debito, dell'abolizione dei dazi e via dicendo». Questo bagno realpolitik, che può dare fastidio al comune senso del pudore, parte però da un dato difficile da confutare quanto da accettare: quei bambini non hanno alternativa, in quei paesi fuori da un duro lavoro non troverebbero la scuola, ma solo una fame più nera. Questo, insomma, è uno di quei problemi che non si risolvono manifestando nella parte ricca del pianeta, o abolendo il Wto. E neppure istituendo una commissione o dando vita ad un Forum, come ha in mente il presidente Clinton. E' solo la prova, amara quanto si vuole, che è complesso se non impossibile governare l'economia globale con le logiche degli stati nazionali, o con lo scontro tra paesi ricchi e paesi poveri. Con queste logiche la globalizzazione andrà comunque avanti, senza regole. E su un tema caldo come lo sfruttamento del lavoro giovanile anche il potentissimo Wto «potrà solo - per usare il fatalismo di Fassino invitare gli stati membri a rispettare i diritti...».

Persone citate: Clinton, Fassino, Kennedy, Piero Fassino

Luoghi citati: Cina, Malesia, Seattle, Thailandia, Usa