L'EUROPA E IL CINEMA

L'EUROPA E IL CINEMA CONVEGNO L'EUROPA E IL CINEMA Le politiche per l'audiovisivo venerdì 26 al Piccolo Regio EMin programma venerdì 26 novembre al ™ Piccolo Regio, piazza Castello 215, il convegno europeo «Strumenti - L'industria audiovisiva europea alle soglie del terzo millennio: ricognizione deiie politiche e delle reti per i contenuti». Tre i temi principali affrontati nel corso della giornata: le nuove politiche europee perii cinema, l'audiovisivo, i contenuti interattivi, gli strumenti esistenti e in preparazione; le nuove politiche nazionali e locali in Italia; le nuove forme collaborative per lo sviluppo dei progetti verso la co-produzione e la pre-vendita. I lavori si aprono alle 9. Il programma mattutino prevede alle 9,30 l'intervento di Alessandro Signetto di Antenna Media, alle 9,45 parlano Carlo Cresto-Dina della Fandango e di Stefano Tealdi della Stefilm, alle 10,15 Roberto Olla di Programma Media, alle 10,45 l'assessore regionale alla Cultura Giampiero Leo, alle 11 l'assessore comunale alla Cultura Giampiero Leo, alle 1 !,4() Gaetano Stucchi della Ebu (European Broadcaster Union), alle 12 Rossana Rummo del Dipartimento dello Spettacolo, alle 12,30 il membro alla commissione cultura al Parlamento Europeo Giuseppe Gargani. Nel pomeriggio sono attesi gli interventi di Andrea Broglia di Mediaset. alle 14,40, Gabriella Carosio della Rai alle 15, Emmanuel Gout di Tele Più alle 15,20, Adriano Levantesi di Cinecittà Holding alle 15,40, Claudio Papalia e rafael Ramos di Before Copyright alle 16, Roberto Buttafarro della Cam alle 16,20, Vincenzo Vita del Ministero delle Telecomunicazioni alle 16,40. Organizza Antenna Media, informazioni al numero 011/53.89.53. Pubblichiamo qui a fianco un intervento di Claudio Papalia della Feri., relatore al convegno, sull'attuale situazione e le prospettive dell'audiovisivo europeo. LO scorso anno il deficit degli scambi audiovisivi EuropaStati Uniti ha superato gli undicimila miliardi di lire, dopo essere praticamente raddoppiato neyo spazio di un solo quinquennio. È con questo dato in «profondo rosso» che l'Europa prende l'aereo per il millennium round di Seattle, il cui inizio è previsto martedì prossimo. Che senso ha lavorare per l'audiovisivo europeo, quando si devono fronteggiare dati economici tanto catastrofici? Almeno due ragioni di fondo non possono essere trascurate: una riguarda la capacità di preservare e vaio-, rizzare le differenze culturali europee, l'altra riguarda le prospettive economiche e occupazionali di un settore che l'informatica sta rendendo sempre più importante. La linea francese dell'eccezione culturale, sostenuta più o meno timidamente da Belgio, Germania, Austria, Irlanda e Italia, è basata sull'ormai storica definizione data da André Malraux verso la metà del secolo: il cinema come punto intermedio fra arte e industria. In quanto appartenente alla sfera dell'arte, l'audiovisivo di oggi dovrebbe potersi giovare dei moderni mecenati, le politiche di sostegno; in quanto appartenente alla sfera dell'industria, dovrebbe po¬ ter essere concorrenziale sui mercati internazionali. La trattativa bilaterale fra Europa e Stati Uniti che ricomincia il 30 novembre, complicata da questioni multilaterali riguardanti l'intero assetto del commercio mondiale, non può lasciarci indifferenti. Si consideri che una eventale disfatta dell'eccezione culturale equivarrebbe, per dirlo con Luciana Castellina, ad ammettere la sostanziale identità tra un film e un fax, o tra un vagone di libri e uno di patate. Un fenomeno che inquieta la Santa Sede, da dove Giovanni Paolo II ha recentemente inviato una lettera in cui appaiono espressioni come «sistema basato sulle grandi concentrazioni informative» e «soggezione culturale». Una prospettiva che amareggia il produttore francese Marin Karmitz (Padre Padrone, Au revoir les enfants, Tre colori Blu, Bianco, Rosso), che denuncia il fatto che per gli americani l'audiovisivo sia al cuore della politica, mentre per gli europei è un settore secondario. Uno stato di cose che affligge le semplici famiglie, preoccupate dell'attrazione di certi programmi ad alto ascolto sui minori. A parte «tifare» per il ministro francese della Cultura, Catherine Trautmann, che dichiara non negoziabile l'eccezione culturale, cosa possono fare i produttori, gli autori, gli artisti italiani? Quali spinte la società civile può imprimere all'azione di governo in occasione di questo millennium round che rischia di veder scomparire l'espressione europea? Se il cinema e l'audiovisivo sono arte, deve essere affermato il diritto dell'Europa e dei suoi Stati membri ad elaborare politiche e programmi (Media, Eurimages, ecc.) finalizzati a favorire il settore con iniziative finanziarie. Sin qui l'accordo, anche in Italia, è generale o quasi. Ma se il cinema e l'audiovisivo sono anche industria, le imprese italiane che se ne occupano devono essere poste in grado di lavorare. Non è più possibile consentire il cartello distribuzione-produzione che caratterizza l'operatività di Rai. Non è più possibile vedere il produttore come un esecutore di ordini, ed espropriarlo del diritto di copia che è il nocciolo della sua attività. Né è possibile, costringendo un'attività editoriale come la produzione audiovisiva nella gabbia della realizzazione tecnica, impedirle l'accesso ai mercati finanziari ove, con l'esplosione dei titoli internet, l'equivalenza di diritti e assets si afferma solo per i nostri concorrenti. I produttori italiani, di concerto con le autorità che governano i beni culturali, il commercio estero e le telecomunicazioni del nostro Paese, possono impegnarsi a definire validi accordi transnazionali di produzione e di distribuzione di film e programmi tv. Il servizio pubblico televisivo, però, dovrebbe saper sostituire l'«audimat» con il «qualimat><: l'indice di gradimento, o di ascolto per intero, deve soppiantare l'indice quantitativo di ascolto; la presenza di una programmazione alternativa deve sempre garantire un'oasi di intelligenza e di umanesimo neldeserto della comunicazione commerciale. Il servizio pubblico deve motivare il supporto economico che riceve con il canone, offrendo una programmazione di qualità co-prodotta con operatori indipendenti, posti in grado di penetrare i mercati internazionali e di dare lavoro a casa loro. Claudio Papalia