Le virtù dei piemontesi di Gabriele Ferraris
Le virtù dei piemontesi LASETfBMANA Le virtù dei piemontesi ICEVIAMO una missiva che ci fa riflettere: una lettrice esprime (con un certo ritardo) il proprio dissenso da un articolo, comparso un paio di mesi fa su queste pagine, in cui - a proposito della manifestazione «Identità e differenza» - si sottolineavano alcuni aspetti negativi della «piemontesità». Bene fa la lettrice a rendere pubblico il suo contrario parere, E' giusto che chi ama la propria terra la difenda, mettendone in risalto i valori, che sono tanti, e forti, come noi stessi non perdiamo occasione di sottolineare. Tuttavia, vogliamo citare due passaggi di quella lettera, talmente contraddittorii da sembrar scritti da due diverse persone. E, nella loro contraddittorietà, inquietanti. All'inizio del suo accorato appello alle virtù regionali, l'autrice ricorda «i piemontesi che nell'altro secolo sono morti per l'unità d'Italia, hanno visto le loro terre devastate, hanno dovuto abbandonare la famiglia... e quelli che sono morti dopo il 1943, come Duccio Galimberti e i Martiri del Martinetto».'Peccato che poche righe dopo la lettera prosegua così: «In Piemonte c'è sempre stata forse troppa serietà e voglia di lavorare, ciò che a volte è mancato in altre parti del Paese dove è assai più divertente cantare "Sole mio" e più redditizio rapire, sequestrare, torturare». Posi la lettera, e pensi. Pensi a chi è morto per l'ideale di un'Italia unita indipendentemente dai calcoli politici che sfruttavano quell'ideale; e pensi a Duccio Galimberti, ai Martiri del Martinetto. Rileggi la frase astiosa, «... parti del Paese dove è assai più divertente cantare "Sole mio" e più redditizio rapire, sequestrare, torturare», e pensi agli abissi d'odio, d'incomprensione, di sospetto che oggi dividono questa Itali.) per la quale tanti si sono sacrificati. E ti domandi se ne valesse la pena. Gabriele Ferraris
Persone citate: Duccio Galimberti
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