Terapia genetica contro la sindrome di Omenn

Terapia genetica contro la sindrome di Omenn BRESCIA Terapia genetica contro la sindrome di Omenn LE malattie genetiche identificate fino ad oggi sono 5 mila, forse saranno di più quando il Progetto Genoma sarà completato. Queste malattie si potranno debellare con la terapia genica, il cui obiettivo è quello di sostituire il gene alterato con un gene sano clonato in laboratorio, mediante un qualsiasi veicolo che possa portarle all'interno della cellula malata. E' un percorso lungo, sul quale in Italia è impegnato il Tiget (Istituto Telethon per la Terapia Genica) diretto da Claudio Bordignon, che ha già ottenuto importanti risultati sui bambini colpiti da immunodeficienza Ada. Altre strategie sono state messe a punto da altri centri di ricerca finanziati e sostenuti da Telethon, come la Clinica Pediatrica dell'Università di Brescia, diretta da Alberto Ugazio, dove con una équipe guidata da Fulvio Porta in collaborazione con Luigi Daniele Notarangelo, è stata vinta la sindrome di Omenn dopo una ricerca iniziata nel 1996. La sindrome di Omenn è rara, compare nei bambini che hanno ambedue i genitori portatori sani del gene difettoso, portandoli a morte sicura verso il quarto mese. I piccoli pazienti hanno il sistema immunitario gravemente compromesso, in questo modo sono esposti a ogni tipo di infezione e inoltre hanno una proliferazione anomala di linfociti di tipo T e di conseguenza una reazione di tipo autoimmune a esito letale. Il trapianto di midollo dopo la nascita ha una percentuale di successo bassa. La strategia dei ricercatori bresciani è stata quella di intervenire sul feto dell'utero materno con il trapianto di cellule staminali prelevate dal midollo della madre. Per il successo è stato determinante l'identificazione dei geni responsabili della sindrome di Omenn (situati sul cromosoma 11 ) compiuta nel 1998 al Cnr di Milano da parte di Paolo Vezzoni e Anna Villa. Di solito una coppia si accorge di essere portatrice sana della sindrome di Omenn quando muore il primo figlio. Significativa è la storia di una coppia che Ugazio ha preso in cura presso la Clinica Pediatrica dell'Università di Brescia. Una coppia di Ulm vede alla tv tedesca un programma sull'equipe di Brescia e sui trapianti delle cellule staminali in utero sul feto. La coppia aveva già perso una figlia per questa sindrome pur avendole trapiantato il midollo della madre dopo la nascita. La madre informa i medici tedeschi di questa novità italiana, dato che era al quinto mese di gravidanza e voleva fare questo «viaggio della speranza». A Brescia è arrivata portandosi il suo midollo congelato, prelevato nel precedente tentativo di salvare la prima figlia. Al feto sono state subito trapiantate le cellule staminali della madre e, quando il 26 agosto scorso è nato, gli esami hanno mostrato che le cellule staminali della mamma hanno attecchito. Il bambino ha potuto far ritorno in Germania con i genitori e recenti esami hanno confermato l'ottimo stato di salute in quanto le sue difese immunitarie si stanno completamente normalizzando. Anche il 90 per cento dei linfociti deriva dalle cellule trapiantate della madre che hanno avuto il sopravvento sulle cellule malate. I ricercatori sperano di poter applicare questa strategia innovativa nella cura di altre malattie genetiche in quanto madre e feto posseggono una tolleranza immunologie» reciproca. Pia Bassi Una speranza per i piccoli dal sistema immunitario gravemente compromesso

Persone citate: Alberto Ugazio, Anna Villa, Claudio Bordignon, Fulvio Porta, Luigi Daniele Notarangelo, Paolo Vezzoni, Ugazio

Luoghi citati: Brescia, Germania, Italia, Milano