Scerbanenco

Scerbanenco Scerbanenco Pubblichiamo un inedito dello scrittore milanese in occasione del premio per il giallo dell'anno: la cinquina finalista del Noir in Festival è stata scelta dai nostri lettori Giorgio Scerb.-inc.rico IGLA: interno abitacolo di un mastodontico autocarro con rimorchio. Notte. Al volante un potente maturo camionista. La radio va a tutto volume, con le musiche di notte. Vicino al guidatore il compagno di guida. Si capisce che è morto, ha il volto segnato e sanguinante. Il camion va, nel buio assoluto della notte, e nel fragore assordante della radio, col morto a bordo. Poi lenta frenata, il possente camionista spegne la radio. Scende. Nel buio, dal lontano riflesso della luce dei fari, si distingue un grande albero. Il camionista scava una buca vicino all'albero, porta nella buca il cadavere del suo compagno di guida, lo ricopre accuratamente di terra, risale sul camion, riparte e riaccende la radio, musica fragorosissima. Fine sigla. Inizio vicenda. Camion continua la sua corsa nella notte. Arriva a Roma al Raccordo Anulare, al bar Las Vegas. Il camionista che ha ucciso e seppellito il suo compagno di guida, scende allegro e contento, al bar, pieno di camionisti, col juke-box che urla, e di prostitute che ridono con una risata Cristina. Si mangia quasi mezzo chilo di porchetta, sale in camera con una delle donnacce, si accende una sigaretta, da una tastata al seno di una delle prostitute, ridacchia, un'altra prostituta gli parla all'orecchio intanto che lo accarezza sulle guance ruvide di barba, ma lui risponde ridacchiando e fumando: «No, fatona bella, min ciò tempo». Esce, risale in camion, sigaretta in bocca e si avvia. Prosegue viaggio nella notte. 11 camionista si chiama Aurelio Marualli. Il compagno che lui ha ucciso è Silvano Forti. Stacco. Giorno. Ufficio della compagnia di trasporti da cui dipende Aurelio. Aurelio in piedi, davanti alla scrivania, dall'altra parte il dirigente. Dirigente: «Come, scomparso». Aurelio: «E che ne sò, dottò? Jo l'ho già detto, arrivamo al bar Las Vegas, io je dico, aho' Sirvanello, scennemo e ce facemo un po' de porchetta. Lui me dice che no, che ha troppo sonno e che resta sur camion a durml. lo vado al bar, me faccio la porchetta e un po' de vino, poi torno al camion pe parti, o Sirvanello nun c'ò più». Dirigente: «Come non c'è più?». Aurelio: «Dottò, e io che devo di? Nun c'era più, ecco, nun c'era. Ho domandato a tutti: avete visto Sirvanello? L'ho domandato anche a quelle ba raccone nel caso che a Sirvanello f'usse saltata fori la voja, ma nessuna di quelle signore l'aveva visto. Allora l'ho aspettato quasi un'ora, poi che dovevo fa, dottò? Sò tornato qui a dijelo, che s'era perso Sirvanello». Dirigente: «Però ò un po' strano. Sembrava un ragazzo cosi bravo e poi se ne va così, all'improvviso». Aurelio: «Io penso che se la sia latta con una ragazza. Sa, gli piacciono le donne. E' proprio il tipo che s'intesta con una appena la vede, e lascia tutto per andarle appresso. Magari fra quattro o cinque giorni, quando gli è passato, torna bòno bòno». Dirigente: «E io bòno bòno, lo sbatto fuori. Questa è una società di autotrasportatori, non una casa di appuntamenti». Aurelio: sorride. Dirigente: «Adesso devo trovarti un altro compare». Consulta una scheda. «Ti va Giacomo?». Aurelio: «Quello der Sud?». Dirigente: «Sì, perché? Non ti va?». Aurelio: «Dottò, ma io cor Sud, sò pappa e ciccia». Stacco. Camionista Aurelio si reca a casa. Sorridente, nerboruto, festoso, - s'immagini Anthony Quinn in giovane - entrando dà una pacca sul sedere alla moglie, si siede al tavolo in cucina per la colazione, e parla intanto che man- 1 già a grossi bocconi. «Ma guarda che me capita. Me sò perso Sirvanello», guarda divertito la giovane e appetitosa moglie. Giovanna, la moglie, d'improvviso allarmata: «Come te sei perso Sirvanello?». Aurelio, mangiando: «L'ho perso. Ero al Raccordo Anulare, sono andato al bar Las Vegas. Sirvanello aveva sonno, nun ha voluto seènne, è rimasto in cabina, a dormì, lo, al bar Las Vegas, me faccio un po' de porchetta, un po' de vino, torno ar camion 'ppò partì, e Sirvanello nun c'è più. Lo cerco ner bar, jje lo dico pure a quelle baraccone che girano per l'Anulare 'ppè là divertì i camionisti, ma me dicono tutte che nun . l'hanno WL visto, per- che lo conoscono bene, 'cché lui era un clientone de quella robba lì, ogni verta che se torna a Roma, lui fa tappa fìssa. Se vede che stavorta ne ha trovata una mejo de tutte e se la sta ancora spassando». La giovane, bellissima mo glie, lo guarda con odio, ma non dice nulla. rifatto. 11 camionista Aurelio ha sposato una ragazza molto bella, Giovanna, anche se di bassissima estrazione, e di principi ancora più bassi, anche in relazione alla brutalità animale del marito. Egli ha la sensazione che sua moglie lo tradisca col primo che incontra, magari persino sulle scale di casa. Oltre che la sensazione, si tratta anche di fatti. Diverse volte, al telefono di casa, o dal bar sotto casa, lo chiamano per dirgli turpi insulti: «Ah cornutaccio, nun te pesa la testa?». Picchiare la moglie per sapere la verità è inutile. Lei nega, e lui capisce che essa, più botte prende più, per vendicarsi, andrà con altri, rendendolo ridicolo di fronte ai suoi colleghi. A poco a Fpoco l'esasperazione, l'umiliazione, l'orgoglio maschile offeso, montano in lui. E traboccano quando riceve un'altra ingiuriosa telefonata: «Ah cornutaccio, lo sai che '1 tu' Sirvanello racconta le storielle a tu' moje? E che storielle, illustrate, a colori e pure cò la musica». Sirvanello - Silvano - è il secondo autista del camion, ed è anche un suo vecchio amico. Non aveva mai sospettato di lui, non lo riteneva capace di rubargli la moglie. Quella notte - la notte dell'inizio della storia - nel camion, Aurelio, a schiaffi, a botte, a pugni, costringe Sirvanello a dire la verità: Silvano confessa che è da molto tempo che va con sua moglie. Accecato dal furore, Aurelio lo ammazza, poi lo seppellisce, quindi finge di averlo perso al bar Las Vegas e di cercarlo. Conoscendo suo marito Giovanna non crede a questa storia di Sirvanello che si sarebbe «perso». Intuisce che Aurelio l'ha fatto fuori, ma non dice nulla, per due motivi. Primo: non gliene importa niente di Sirvanello. Da vera ape regina, lei dopo un po' si stufa di qualunque uomo. Secondo: intelligentemente capisce che presto o tardi, è questione forse di giorni, la polizia capirà che è Aurelio che ha fatto scomparire Sirvanello, lo interrogherà e lo farà confessare. Così lui andrà in galera e lei sarà libera. Seconda tempo Tutto questo Giovanna lo confida, nella sua sciagurataggine, al suo ultimo - dopo Sirvanello -, un giovane idraulico che col pretesto di ripararle il bagno ha ottenuto prestamente i suoi favori. Più che idraulico, il giovane, chiamiamolo Piero, è una teppa, ma un piccolo Teppista chiacchierone, che ruba i soldi dalla borsetta di Giovanna e va in giro al bar a vantarsi di farsi la moglie di Aurelio e a dire che Aurelio ha ucciso Sirvanello. E Aurelio un giorno riceve la solita telefonata anonima. «Ali cornutaccio nun lo sai che tu' moje s'è data all'idraulica, adesso? Nun lo vedi come te funziona bene er bagno da 'n po' de tempo? Te ricordi che prima era sempre Sgorgato? Adesso nun devi ave più paura, non s'engorga più gnente, c'è un bravo idraulico, lo conosci anche tu, si chiama Pierino, sai il primo della classe, provvede al bagno e anche alla sposa... Ah, 'spetta 'n momento, questo Pierino va in giro per i bar a diì che tu hai ammazzato Sirvanello, e dice che l'ha saputo da tu' moje, accusi fra qualche giorno te mettono pure 'n galera e tu' moje in libertà farà li mortaretti». Aurelio capisce che l'anonimo del telefono dice la verità. Non sa chi è e non gliene importa - nella presceneggiatura si farà sapere che è un camionista suo collega ma sa che ormai è scoperto, e che sua moglie non solo lo tradisce spudoratamente, ma lo denunzia al primo che le va insieme, e che va in giro a raccontare per bar che lui è un assassino. Guidando nella notte il suo grosso camion, Aurelio medita, gocciolando sudore, su quello che può fare. Immagini della moglie, bellissima, con Sirvanello, con l'idraulico, con altri. Non ha più scampo. Presto la polizia lo scoprirà. Finale Aurelio ha deciso cosa fare. Dopo la «scomparsa» di Sirvanello, è stato dato ad Aurelio un altro secondo autista. Si chiama Giacomo, è un bel ragazzo e Giovanna, la moglie di Aurelio, lo ha già adocchiato e Aurelio ha già capito questo adocchiamento. Un mattino. In cucina in casa di Aurelio. Aurelio e sua moglie. Fan no colazione, non sono neppure le otto. Aurelio, con aria bonaria, da bove ignaro: «Senti, pupa, te la voi fà 'na passeggiata fino a Firenze, annemo a facce 'na costatona dar Troia e toniamo stanotte, c'è er Giacomo che te vò rida un'occhiata». Ridono tutt'e due. Figuriamoci se Giovanna non accetta la passeggiata. Partenza, in una splendida mattina. Sul mastodontico camion con rimorchio, tre persone: Aurelio che guida, sua moglie Giovanna, e il secondo autista, Giacomo, cne si fa addosso a Giovanna. Sole. Sole. Radio alta. Autostrada del Sole verso Firenze. Ridono tutti e tre, anche Aurelio, che finge di non vedere Giacomo che sbava addosso a sua moglie. Arrivo a Firenze. Enormi costate nei piatii, robusto ferino addentare deda vorace Giovanna e del giovane Giacomo; più finto, sforzato masticare di Aurelio di cui s'intuisce l'angoscia interna. E vino, vino, vino, ridere, ridere, sotto la tavola Giacomo posa la mano sul ginocchio di Giovanna. E ridono tutti e tre, ancora, ancora. Ridono anche nel viaggio di ritorno a Roma. E' il tramonto, adesso guida Giacomo. Aurelio, ubriaco, dorme. Giacomo, guidando piano, ne approfitta per concedersi delie libertà con sua moglie. Notte. Raccordo Anulare. Bar Las Vegas, ii camion si ferma. Giacomo, scuotendo Aurelio: «Aoh, Aureliotto mio, sveja, semo al Raccordo». Aurelio finge di svegliarsi, ma non ha dormito mai: «Ah, bè, allora ce famo 'n po' de porchetta, alla faccia de tutti». Scena nel bar Las Vegas, notte, ora tarda, folla di camionisti che mangiano, bevono, juke-box che urla, prostitute che circolano fra i camionisti, stuzzicandoli. Baraonda. I tre, Aurelio, sua moglie Giovanna, e Giacomo che mangiano porchetta, bevono, chiacchierano, ridono, e Giacomo che tiene ancora la mano sul ginocchio della moglie di Aurelio. Primi piani, sempre più primi piani dei tre soprattutto di Aurelio che s'intuisce che recita la parte di allegro mangiatore e bevitore, ma che ha qualche cosa di minaccioso nello sguardo, anche se ride da ubriaco. Aurelio: «Nnemo, bella gente, ciò 'n sonno che me scoppieno l'occhi». I tre risalgono sul camion, sempre festosi, semi sbronzi. Stradone verso Roma. Adesso guida Aurelio. Notte. Luci di fari che s'incrociano. Fitto passaggio di camion e autocarri di ogni genere. E d'improvviso Aurelio, come aveva premeditato, accelera al massimo e butta il mastodontico camion contro un'autocisterna, deliberatamente. L'urto frontale fra i due giganti della strada è pauroso. L'autocisterna sfondata prende fuoco. In un rogo spaventoso. Muore Aurelio, sua moglie Giovanna, e Giacomo. Era ciò che Aurelio aveva ideato. Non voleva andare in galera per l'assassinio di Sirvanello, non poteva più sopportare gli spudorati, oltraggiosi tradimenti di sua moglie. Meglio morire. Chiusura Attraverso indagini pazienti e meticolose, il PM riesce a ricostruire tutta la vicenda. Aurelio ha ucciso Sirvanello sdegnato perché, pur essendogli così amico, lo ha tradito con la moglie. Poi, comprendendo che presto o tardi, anche per le chiacchiere di sua moglie e degli amanti di sua moglie, sarà scoperto dalla polizia, allora decide di darsi la morte e di darla a sua moglie e all'ultimo amante di lei, Giacomo. PM, nel suo ufficio, i tre telefoni, il segretario. PM chiude la cartella, e allora si vede l'intestazione: Aurelio Mainili. «Un povero disgraziato», dice. «Amava sua moglie». Finale con primissimi piani scattati di Aurelio, poi di Giovanna, di Aurelio, di Giovanna, ancora, ancora mentre scorre la sigla di chiusura. Per la tv: questa è una delle dieci trame ambientate a Roma chiestegli dalla Rai sull'onda del successo di Duca Lamberti Era il 1969: la morte sopraggiunta all' improvviso ha mandato in fumo il primo progetto di fiction all'italiana IG omanba . lhanno WL visto, per- nosenDivdadircior 1 hé lui era robba lì, Roma, lui stavorta tutte e se a mo ma è un anotte ilio msu quni deSirvaaltri. la pm Illustrazioni di Giorgio Carpinteri tuttoUbrltempoUbero MIO PADRE di Cecilia Scerbanenco Di camion si muore» è una delle dieci trame ambientate a Roma scritte da mio padre nel 1969, poco prima di morire. Il grande successo dei quattro romanzi del ciclo di Duca Lamberti, recentemente riediti da Garzanti, aveva attirato su di lui l'attenzione del cinema. Progetti, purtroppo, per la maggior parte destinati a interrompersi a causa della sua morte improvvisa. Eppure questo progetto, antico ormai di trent'anni, è tuttora molto moderno. Le dieci trame erano state commissionateperia tv, una seriedi storie «nere» legate alla realtà italiana, in particolare di Roma, un po' come avviene per le più recenti fiction televisive di questi anni, in cui indagini di poliziotti, carabinieri, ma anche medici, sono usate per ritrarre il mondo in cui ci troviamo a vivere, con le nostre paure e inostri desideri. Ho scelto questa trama perché mi sembra che ben renda lo stile e le innovazioni che mio padre portò nel giallo: il linguaggio crudo, un mondo altrettanto spietato, una scrittura visuale. Ecco i finalisti del Premio Scerbanenco per il miglior giallo italiano al Noir in Festival. Il vincitore, scelto dalla giuria composta da 6. Gambarotta, G. Laura, N. Orengo, G. F. Orsi, C. Scerbanenco e L. Volparti, sarà premiato l'8 dicembre. Pino Cacucci, Demasiado corazdnrfeftrineHI"**** W*«"Ha Massimo Carlotto, Nessuna cortesia all'uscita, E/O Luigi Guicciardi, La calda estate del Commissario Cataldo, Piemme Giampaolo Simi, Direttissimi altrove. Derive Approdi Nicoletta Vallorani, Le sorelle Sciacallo, Derive Approdi DI CAMION SI MUORE