E Schopenhauer disse «Insultare è un'arte»
E Schopenhauer disse «Insultare è un'arte» E Schopenhauer disse «Insultare è un'arte» Giuseppe Cassieri DA qualche anno, nella Piccola Biblioteca Adelphi si susseguono i vademecum di Arthur Schopenhauer, grazie alle cure di Franco Volpi che argutamente spigola tra editi e inediti del filosofo tedesco: L'arte di ottenere ragione, L'arte di essere felici, L'arie di farsi rispettare... Ad essi si aggiunge un'arte ulteriore, più spregiudicata: quella di insultare l'avversario che ci sovrasta col suo dispositivo dialettico e percepiamo possa essere battuto solo «diventando villani» (sempre che egli si astenga dal replicare con una villania maggiore). Poco conta che Schopenhauer non abbia personalmente composto il florilegio di insolenze che ci avviene di scorrere e manifesti qualche disagio nel consigliare il colpo basso. Ha seminato quanto necessita per autorizzare la raccolta, teorizzando perfino l'escalation del dileggio, della sfrontatezza, «degli schiaffi sanati dalle bastonate e quest'ultime dalle sferzate». Nel campionario delle vittime illustri, ecco ad esempio Hegel «sciupatore di carta, ili tempo e di cervelli», o il filosofo della natura Schelling, che tuttavia se la cava con un lieve sberleffo. «Mi sembra di assistere ai giochetti di prestigio di un bambino: vedo chiaramente come lui nasconde le palline sotto il bicchiere dove poi dovrei stupirmi di ritrovarle». Le istituzioni, le corporazioni, le mode e le religioni rappresentano il terreno preferito sul quale esercitarsi. Cadono nella rete teologi e astrologi, giornalisti e giudici popolari («Far giudicare i diritti contro lo Stato dalle giurie popolari vuol dire dar le pecore in guardia al lupo»), i sostenitori dell'eguaglianza sociale («un'assemblea di mille imbecilli non fa un individuo intelligente»), il focolare domestico secondo il canone cristiano («Nessun continente è sessualmente così corrotto come l'Europa, a causa del matrimonio monogamico»). Non sfuggono all'erosione gli uomini barbuti, le false prerogative razziali («Non esiste una razza bianca: ogni uomo bianco è semplicemente un uomo scolorito»), le fonti rumorose - specie lo schioccare della frusta definito «assassino del pensiero». E non viene risparmiato il padreterno «Se un dio ha fatto questo mondo, non vorrei essere quel dio: la miseria del mondo mi spezzerebbe il cuore». Ampio e impietoso il tenia della donna: la donna in genere, la donna da possedere, la donna e la seduzione, la donna e il denaro, la donna e la politica, la donna e la menzogna, la donna e il bene dell'intelletto: un catalogo di stereotipi, di insulti espliciti o obliqui che incrementa la stagionata misoginia del pensatore. E però, in una nota di Franco Volpi si evoca la ritrattazione di Schopenhauer; ritrattazione che molto somiglia a una folgorazione, in seguito all'idillio con la scultrice Elisabeth Ney, nell'autunno del 1859. Sarà vero? L'affascinante signora lo avrebbe convertito agli amorosi sensi, lo avrebbe indotto a resipiscenza? Se fosse pienamente comprovato, quale ennesimo trionfo per il genio femminile vilipeso' L'ARTE 1)1 ISSI 11 Alti Arthur Schopenhauer L'arte d'insultare (a cura di Franco Volpi) Adelphi 147pagine. 12 000 tire
Luoghi citati: Europa
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