«Massimo, devi posare per tutti» di F. Cec

«Massimo, devi posare per tutti» I fotoreporter denunciano all'Antitrust la convenzione fra D'Alema e un'agenzia «Massimo, devi posare per tutti» C'E' un regime di monopolio o di concorrenza sleale per quanto riguarda le immagini di D'Alema presidente e di Palazzo Chigi in generale? Un bell'impiccio di rilevanza giuridica, economica e politica, con opportuna ricaduta nel mondo della comunicazione e del nuovo diritto d'immagine e all'immagine, è da metà di ottobre sulla scrivania del Garante della Concorrenza e del Mercato, altrimenti detto anti trust. Si tratta di un esposto presentato dai Giornalisti dell'Informazione Visiva, Gruppo di specializzazione dell'Associazione Stampa Romana, leggi i fotoreporter, affinché il Garante valuti «in merito a una ipotesi di abuso di posizione dominante a nostro avviso in atto nel campo della produzione e diffusione di immagini fotografiche relative alla documentazione dell'attività» della Presidenza. In pratica, i fotoreporter si sentono svantaggiati e penalizzati, nel loro lavoro, dalla convenzione che dal gennaio del 1999 lega Palazzo Chigi e un'unica agenzia fotografica, Contrasto, da tempo preferita dall'ex leader del Pds. In un dossier di accompagnamento producono documenti e corrispondenza da cui si deduce che questa è una ingiustizia e che in ogni caso, anche rispetto ai comunicati con cui la Presidenza diede conto della nuova procedura - che prevedeva una distribuzione gratuita delle foto - le cose non vanno per niente bene. La convenzione con l'agenzia Contrasto di Roberto Koch, protestano i fotoreporter, non è tata resa pubblica; non si capisce perché non è .tata fatta una gara di appalto; dell'istituendo archivio non si sa quasi nulla. Seguitano poi a comparire molte foto - del genere che più «va» sui settimanali: ritratti di collaboratori dello staff, partitelle a carte su aerei di Stato, visite di bambini e familiari a Palazzo, il premier ripreso su sfondi particolari, tipo cannoni o piste d'atterraggio deserte - che sebbene siano state realizzate in condizioni di esclusività, non vengono tuttavia firmate come dovrebbero (con la dicitura «Presidenza del Consiglio»), non risultano essere state messe in distribuzione, ma vengono pubblicate dai giornali («presumiamo non a titolo gratuito» si legge nell'esposto). A Palazzo Chigi risulta un'altra convenzione con un fotografo che già luvorava lì. Infine sempre più spesso l'accesso agli avvenimenti che riguardano l'attività istituzionale del presidente viene negato ai fotoreporter, «creando oggettive condizioni di disparità tra ciò che può realizzare il fotografo della Presidenza e ciò che viene concesso agli altri». 11 Garante non ha ancora esaminato la questione. Sia in caso di fondatezza che d'infondatezza dell'esposto, secondo la prassi (e la buona educazione istituzionale), dovrebbe darne notizia ai fotoreporter. Ma intanto è inutile nascondere che si tratta di una «grana». E che la «grana» si aggiunge alle altre - ultima la causa miliardaria a Forattini, penultima l'abolizione del briefing settimanale, terzultima la battutina sul lavoro a un'operatore Rai - che contrassegnano i rapporti fra il governo D'Alema e il mondo della comunicazione. Rapporti, oltre tutto, che gli strateghi di Palazzo Chigi giudicano decisivi ai fini di un rinnovato slancio governativo. Inutile è pure dire che la questione delle foto, o meglio del «governo» delle foto del presidente, va al di là delle eventuali ragioni o degli interessi più o meno legittimi - come stabilirà il Garante - dei fotoreporter. Nella società dell'immagine, nella democrazia del primo piano, una sola foto vale (purtroppo) migliaia di parole. Una foto ti rovina, ma una foto addomesticata ti può anche salvare, o crearti attorno consenso. Più foto girano, dice il mercato più foto si vedono, e meglio è. [f. cec]

Persone citate: D'alema, Forattini, Roberto Koch