Tornatore: la Siberia m'ha scaldato
Tornatore: la Siberia m'ha scaldato Tornatore: la Siberia m'ha scaldato «E' stata una meravigliosa distrazione» Giuseppe Tornatore DOl'O mesi e mesi vissuti in unti moviola, al buio, con gli occhi eternamente puntati a vedere, rivedere, rivedere, rivedere e ancora rivedere sempre le stesse immagini, ad un regista accade fatalmente di smarrirsi nelle viscere della storia che sta raccontando, di non percepirne i contorni, addirittura di non riuscire! piti a «vederla». Un sognatore perso in un sonno insognabile. E senza apparente promessa di risveglio. Ero in (|uest<> limbo dell'immaginazione, mentre mi avviavo ti concludere il montaggio de «La leggenda del pianista sull'oceano», quando un bel giorno, inaspettatamente, lit voce nordica e gentile di Alberto Meomartini giunge ad insinuarsi come una nota stonata nel quotidiano coro telefonico: «So che dii ragazzo lei ò si.iito un fotografo. Se la sentirebbe di tornare ti far fotografie?». Prono lii corsa della moviola, spengo la proiezione, già pronto ad urlare: «Magari!». Molto più discretamente chiedo di che si tratta. «Dovrebbe venire in Siberia replica In voci; - a fotografare una città di centomila abitanti che appena Ili anni là non esisteva, e ancora adesso non è disegnata neanche sulla carta geografica. Si chiama Novij Urengoi». Ora, non è che la parola«Siberia» in genere faccia pen-sare a qualcosa di concreto, di preciso «.palpabile, e men chemeno l'impronunciabile nome di quella sconosciutissima città, ma in quel momento a me evocarono la solidità di una lima di ferro nascosti! dentro la pagnotta impavidamente inviata al carcerato. Pochi mesi dopo, durante il complicato viaggio per Novij Urengoi, l'eccitazione non era svanita per nulla. Anzi. Mi sembrava un viaggio a ritroso noi tempo, verso quella stagione della mia vita spesa ad andare in giro a rubare immagini con la mia indimenticata Rolleicord. Anni di pedinamenti e appostamenti, unnche mi hanno insegnato ad osservare lii gente, a studiarne le espressioni ed i movimentisino a prevenirne quasi le azioni, sino all'illusione di condizionarne il comportamentoAnni in cui ho scoperto che se fotografi uno sconosciuto, nell'istante stessti in cui fai scattare l'otturatore, quella persona smetto di esserti estraneaperché la porterai sempre con te. Ecco, andare per le strade di Novij Urengoi, intrufolarsi nelle case, nei mercati, negli ospedali, neglijaffici, neijego zi, nelle.fàbbriche, nellesCUò le, inseguendo sorrisi e sjtujppri, frugohdo prpporzionie'geórhetrie, non e stata per me una fuga verso un mondo che non conoscevo, al contrario, un ritornare ad un paese perduto di cui, in qualche maniera, sapevo già tutto e di cui, per mezzo della macchina fotografica, mi sarei finalmente riappropriato. Oggi mi capita spesso di pensare a quella città quasi metafisica, circondata dal grande nulla della tundra, ed è il non poter continuare a fotografarla, l'esserne lontano, la distanza, per dirla con Emilio Tadini, che me la restituisce in tutta la sua estraneità. Ma rivedo i volti misteriosi e gentili dei suoi abitanti, e mi sorprendo a fantasticare su cosa stiano facendo nel momento stesso in cui mi ritornano in mente. L'anziana donna ferma ad una fermata d'autobus con le spalle disinvoltamente rivolte all'infinito deserto di neve. Lo scultore poverissimo che si ostinava a non vendere le sue opere. La signora che dormiva sulla corriera diretta alla stazione da cui avrebbe raggiunto Mosca in tre giorni di treno. Il giovano chiuso nella cabina telefonica del centralino pubblico che parlava animatamente e voltava le spalle per non farsi leggere in volto. La bellissima ragazza che vendeva aglio all'ingresso di un supermercato. I bambini che suonavano all'impazzata le campane della chiesa. I nomadi oltre il circolo polare artico, che vivono oggi come i loro antenati di qualche secolo fa. E" stata una meravigliosa ''dìsTrazìone. Nel concedermi il priyìlégjp di viverla, gli amici .ja«1dJla..Snam, a cui va tutta la mia gratitudine, mi hanno inconsapevolmente restituito quel'ì5S6veglio necessario a riconquistare i confini delle storie che amo raccontare. «Ho catturato volti e persone in una città nata dal nulla diciotto anni fa» «Ho imparato a riconquistare i confini delle storie che amo raccontare» E' stato presentato ieri a Milano il libro «Viaggio in Siberia», realizzato da Giuseppe Tornatore per la Slum (gruppo Eni). Su proposta di Alberto Meomartini, direttore delle relazioni istituzionali Eni, il regista e lo scrittore Emilio Tadini hanno vissuto alcune settimane a Novij Urengoi. capitale siberiana del gas. Pubblichiamo la prefazione al libro. Nella foto grande una venditrice di pesce nella cittadina siberiana di Novij Urengoi fotografata dal regista Qui sopra, Giuseppe Tornatore In alto, la campana simbolo della città nata 18 anni fa tra le nevi dell'estremo Nord L'autore della «Leggenda del pianista sull'oceano» racconta il suo viaggio fotografico nella regione russa
Persone citate: Alberto Meomartini, Emilio Tadini, Giuseppe Tornatore, Tornatore
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