VIOLARE IL TABU' DI TANGENTOPOLI
VIOLARE IL TABU' DI TANGENTOPOLI VIOLARE IL TABU' DI TANGENTOPOLI Barbara Spinelli FA impressione, di questi tempi, notare quel che ci accomuna agli altri Paesi d'Europa e quel che ci divide da essi. La corruzione si rivela anche altrove, come dimostra il caso francese e poi tedesco. Per primo ha dovuto dare le dimissioni un ministro del Tesoro assai capace e brillante, il socialista Dominique Strauss-Kahn: era sospettato di avei preso soldi illeciti da una mutua studentesca, per una perizia non specificata. Poi ha fatto seguito lo scandalo dei fondi neri della Democrazia cristiana tedesca: scandalo di tangenti sulle venduteli armi all'Arabia Saudita, e di donazioni non dichiarate di imprese e gruppi di pressione al partito, che coinvolgerebbe perfino il monumento della politica tedesca che è Helmut Kohl. Più privata, più veniale, l'affaire del socialdemocratico Gerhard Glogowski, successore di Schròder alla presidenza della Bassa Sassonia: accusato di aver speso pubblici denari per i propri intimi divertimenti, o alloggi, o viaggi di piacere, anche Glogowski ha prestamente rassegnato le dimissioni. Quanto alla Democrazia cristiana, Heiner Geissler, segretario generale fino all'89, ha ammesso senza riserve i vari torti imputati al partito: «Questa è l'occasione per discutere e far luce», ha detto. Contemporaneamente, il suo successore Wolfgang Schauble ha tratto le prime conclusioni dalle iniziative della procura di Augusta, e ha promesso che i conti dell'organizzazione federale della Cdu saranno integralmente rivisti da una società indipendente. Sia Geissler che Schauble lo sanno molto bene, infatti: è già talmente sconfinata la noia suscitata dalla politica nei cittadini - la Politìkverdrossenheit, come la chiamano i tedeschi - che scandali di questo genere possono dilatarla insopportabilmente. E son già talmente esigui i margini di manovra dei singoli statisti nell'Unione europea - da quando la strategia monetaria e finanziaria e governata sovran- NTOPOLI nazionalmente - che il rischio di un crollo di fiducia popolare si fa concreto. In quest'Europa di sovrani sempre più deboli ma soprattutto meno fantasiosi, sono i magistrati o le svariate lobbies che rischiano di divenire sempre più forti. Per questo le reazioni dei politici tendono a farsi celeri, subitanee, concise: in Francia come in Germania come in Inghilterra. A Londra il ministro Mandelson si è dimesso nel giro di poche ore, appena ha ricevuto un avviso di garanzia. Lo stesso dicasi di StraussKahn: si è ritirato «per una questione d'onore», prima ancora di ricevere l'avviso. E Geissler ha confessato ogni cosa, pur di non perdere sul terreno morale quel che la Cdu sta spettacolarmente riguadagnando alle urne e nei sondaggi. L'unica è l'Italia, dove questo non avviene. Qui nessuna corsa celere alla verità, nessun conciso, celere rispetto delle procedure, delle leggi, delle istituzioni vigenti, ma invece un permanente, oscuro, melmoso universo di allusioni, di profezie velate, di avvertimenti oscuri, di maledizioni ineffabili, inspiegate. Qui una sordida mescolanza di affetti, sensazioni, sentimentalismi, pensieri orfani di razionalità. Fotografìe di Craxi malato nell'ospedale di Hammamet si mescolano a battute di Berlusconi (rinviato a giudizio per corruzione di magistrati) sul «cancro» costituito dall'«uso politico della giustizia da parte di un ristretto gruppo di magistrati: cancro che si deve rimuovere dal corpo della democrazia». Qui non si parla che di lazzaretti, di carne, di Diavolo, di patologie inguaribili, e spazio non c'è per le istituzioni regolate e separate della rei publica, per gli obblighi spassionati di una rigorosa classe dirigente, per quello che Ciampi ha chiamato, umilmente, il «rispetto pieno, formale e sostanziale, delle leggi repubblicane». Qui in Italia nessuno pensa di dare prontamente le-dimissioni, per tutelare il proprio onore o la propria morale, e far fronte alla nichilistica noia del cittadino-elettore. Qui si fa sottilmente uso dell'elettore per CONTINUA A PAGINA 6 PRIMA COLONNA
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