Quell' «Austerify» del '73 fra La Malfa e Berlinguer di Pierluigi Battista

Quell' «Austerify» del '73 fra La Malfa e Berlinguer QUANDO SI VIAGGIAVA SOLO IN BICICLETTA Quell' «Austerify» del '73 fra La Malfa e Berlinguer retroscena Pierluigi Battista jMKA una necessità, ma in Hi moli i pretesero di farne ■■una virtù. Con le strado senza automobili e le famigliole' alla conquista di vie e piazze trasformate in piste ciclabili, ['«austerity» del 1973 avova rappresentato l'immagine della fine della festa, la scoperta di un limite invalicabile, un colpo mollale alle mitologie del progresso indefinito. Ma il trauma aveva scavato in profondità. Le illusioni degli ottimisti apparvero dissennate a chi avova già maturato un'ostilità profonda per i modelli di consumo e lo stile di vita tipici del capitalismo. Tra i comunisti di Berlinguer si diffuse l'idea che fosse l'ora di introdurre fantasmatici «elementi di socialismo» attraverso la predicazione di una società «austera». Anche tra i cattolici prese piede una reazione di tipo penitenziale agli eccessi del passato. Pasolini lamentava la scomparsa delle lucciole cacciate via dal consumismo arrembante. Persino il pensiero laico si fece catturare dalle sirene di un rigorismo che voleva sferzare la supremazia dei «consumi privati», peccaminosi, su quelli «collettivi», virtuosi. E cominciarono a circolare i primi libri che presto diventeranno la bibbia di una nuova tendenza politica e culturale sino ad allora assente in Italia: un ecologismo dai marcati tratti fondamentalisti. «Austerità» divenne il marchio d'identità di un partito, come quello di Enrico Berlinguer, che pure in quel periodo macinava inauditi successi nelle città e veniva gratificato da risultati elettorali mai. visti prima. La proposta dell'«austerità» che Berlinguer lanciò prima, nell'ottobre del '76, in un comitato centrale del Pei e che poi, nel gennaio del '77, riprese pubblicamente in un convegno degli intellettuali comuni¬ sti al teatro Eliseo di Roma sul tema «L'intervento della cultura per un progetto di rinnovamento della società italiana» c poi in un convegno con gli operai milanesi al Teatro Lirico, stava incubando nella mente dal leader comunista già da qualche anno, e precisamente dallo choc della crisi petrolifera. Molti anni dopo la morte di Berlinguer, il suo braccio destro Antonio Tato racconterà la genesi e il «lento prender forma» dell'ttausterità», spiegando come già da tempo nei discorsi pubblici e privati il segretario del Pei battesse con una certa ossessività su locuzioni come «rigore», «duro sforzo», «tensione eccezionale», «difficoltà inusitate». Ma solo con l'«austerità» il Pei aveva incorporato nella sua linea politica una vaga ma suggestiva aspirazione alla «trasformazione» dei «modi di vita», la velleità di quello che veniva definito «nuovo modello di sviluppo», «nuovo modo di consumare». La proposta berlingueriana si caricava di sempre più evidenti tonalità profetiche e messianiche. Nelle parole del leader del Pei 1'«austerità» si trasfigurava addirittura in una «vittoria dell'uomo sulla storia e sulla natura» e la lotta politica tra fautori e detrattori della società «austera» si ingigantiva nelle dimensioni di una titanica tenzone tra «due concezioni di civiltà». E tutto questo mentre il movimento elei '77 irrideva ai «sacrifici» e i suoi teorici si esercitavano nella costruzione di una decisamente anti-austera «teoria dei bisogni». Gli intellettuali nicchiavano. Rossana Rossanda liquidava la proposta dell'«austerità» cone «volontarismo». Claudio Napoleoni sosteneva che aveva «poco da spartire con il marxismo». Lucio Colletti la definiva «esercizio da oratorio». Norberto Bobbio ammoniva che «l'austerità dei poveri fa parte della loro vita». Alberto Arbasino dileggiava «l'espediente linguistico». Per Berlinguer era già pronta la definizione, non proprio un complimento, di «frate zoccolante». Ma l'austerità aveva molti alleati. Primo fra tutti Ugo La Malfa per il quale l'«aust.erità» era un vessillo morale e che proprio in quegli anni bocciò l'introduzione della tv a colori in Italia per contrastare la corsa consumistica ed esorcizzare uno strumento diabolico e seducente che avrebbe dimostrato la «nullità della programmazione economica». Cer- to la Malfa non poteva condividere il Berlinguer che ancora nel 1975 difendeva un'improbabile superiorità etica dei «Paesi socialisti» sostenendo che lì «esiste un clima morale superiore, mentre le società capitalistiche sono sempre più colpite da un decadimento di idealità e valori etici». Eppure La Malfa intercettava un umore diffuso anche tra i non comunisti. Innazitutto tra i democristiani, che proprio in quegli anni sceglieranno con Benigno Zaccagnini l'emblema di una diffidenza anti-consumistica da sempre presente nell'ala pauperista del pensiero politico cattolico. E anche in segmenti della «nuova sinistra» che via via si faranno sempre più sedurre da un pensiero verde ed ecologista che mutuerà dalle precedenti esperienze «sessantottine» una virulenta •ostilità anticapitalistica destinata a colorarsi di rtuove preoccupazioni ambientaliste. E' in quel brodo di coltura che matureranno scelte e collocazioni simili a quelle dell'attuale ministro Edo Ronchi, militante della nuova sinistra ai tempi dell'«austerity» e portabandiera di una nuova «austerity» per il Duemila. Con lo stesso proposito di fare di una triste necessità una conventuale virtù. In un clima da «fine della festa» l'ecologismo si sposò con il rigorismo laico con la tensione dei comunisti verso una società austera e col penitenzialismo del mondo cattolico Un'immagine delle domeniche senz'auto di 26 anni fa quando le strade delle città erano diventate piste ciclabili ed erano invase da ogni tipo di veicolo che non avesse bisogno di carburante a base di petrolio per funzionare

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