Il russo che spiova Moro «Mi invitò in Parlamento»

Il russo che spiova Moro «Mi invitò in Parlamento» PARLA IL GIORNALISTA DELLA TASS CITATO DAL DOSSIER MITROKHIN Il russo che spiova Moro «Mi invitò in Parlamento» reportage Giulietta Chiesa dall'inviato a MOSCA SERGHEJ Sokolov e vivo e vegeto. 11 giovane borsista di storia del Risorgimento che era tanto simpatico a Aldo Moro da essere da lui invitato ad assistere all'insediamento del nuovo governo, quel fatale 16 marzo, vive a Mosca, con moglie e irn tiglio. Vivo sicuramente, ma inquieto. Quando lo raggiungo al telefono la voce è subito venata di apprensione. Lei sa che il suo nome compare nel famoso «archivio Mitrokhin», corno quello di un agente del Kgb? All'altro capo del filo un attimo di silenzio. «Ma davvero?», Serghej Fiodorovic dico di non sapere nulla del gran clamore suscitato in Italia dal dossier Mitrokhin. Prendo tempo, rievoca il suo soggiorno in Italia come corrispondente della Tass. Ma non ci incontrammo, Serghej Fiodorovic? Ricordo bene tli averlo incontrato, almeno una volta, a Roma, ma lui dice di non ricordare. Passiamo al «tu». Senti Serghej, ma quanto tempo sei stato a Roma? Il dossier dice, in un punto, che ci sei stato dall'81 all'85, e in un altro, invece, che sei stato «corrispondente della Tass dal 19» I-1982». E precisa che tu eri un «ufficiale del Quinto Dipartimento del Primo Direttorato principale del Kgb che lavorava sull'Italia». Dove sta il vero? Serghej si affretta a precisare, ma solo le date. «No, no, io sono venuto via nell'82...». Per il resto silenzio. Anzi, per meglio dire, un fiume di divagazioni sui «bei tempi» di Roma. In realtà la sorpresa deve ancora venire. Per lui. Vedi Serghej, fosso stato per Mitrokhin non ti avrei neanche cercato. Il fatto è che il tuo nome è venuto in mente al professor Franco Tritio, a (mei tempi un allievo di Moro, proprio leggendolo sul dossier Mitrokhin. Lui ti ricorda come molto vicino allo statista italiano...Qui Serghej Sokolov sembra trovare più cose nei suoi ricordi. «Ma certo. Aldo Moro lo conoscevo benissimo. Ero in buoni rapporti con lui. Pensa che mi invitò addirittura a andarlo a trovare in Parlamento». Appunto, dico, è esattamente quello che Franco Tritto ha riferito per iscritto al giudice Rosario Priore... E qui la conversazione finisce all'improvviso, come se nella testa di Serghej Sokolov fosse scattato un interruttore. «Bene, arrivederci. Piacere di averti risentito...». Cerco di fermarlo. Aspetta Serghej, avrei altre domande da farti. «Ma adesso non ho proprio tempo, ci risentiamo...». Possiamo vederci? «Adesso no, ho un po' di febbre». Clic.Da quel momento, fino a quello in cui scrivo queste righe, ho potuto parlare con Serghej Sokolov solo un volta, per cinque secondi, prima che riattaccassi! demo aver risposto a una sola domanda: ma dove lavori? «Oh, niente, adesso sono un /ra.' lance». Tutti gli altri tentativi di contatto hanno trovato teleIòni che non rispondevano, oppure risposte vaghe dolla moglie, o del figlio. Neanche gli appostamenti attorno alla casa dove abita hanno dato risultato. Non restava che indagare altrove. Alla Itar- Tass, erede legittima della Tass di quei tempi, sono molto cortesi. L'ufficio quadri comunica senza troppa difficoltà che, è vero, un certo Serghej Sokolov ha lavorato nei suoi ranghi, prima di essere «licenziato nel 1982», Ma le ragioni del licenziamento non le conoscono. Sono passati 17 anni e si può capire.AUora cerchiamo tra i suoi colleghi. Il direttore generale della Itar-Tass, Vitalij Ignatenko, vecchio amico, non si fa pregare. Dal suo sontuoso ufficio alla Porta di Nikita, chiama l'associazione dei veterani della Tass e si fa dire chi era a Roma in quegli anni. Il capo dell'ufficio, Evghenij Babenko, sembra non sia in condizione di parlare. Ma si trova uno dei giornalisti della Tass che era proprio a Roma in quel periodo: Nikolai Teterin. Ricorda poco, anche lui. Ricorda che Serghej Sokolov ebbe un incidente automobilistico molto grave, poco dopo essere arrivato a Roma. Pare che avesse cercato ili nascondere la macchina, con un parafango insanguinato, nel cortile o dell'ambasciata o del consolato. Per questo fu immediatamente richia¬ mato in patria. E poi licenziato.Vitalij Ignatenko, uomo con la battuta sempre pronta, commenta: «Incidente, grane con la polizia. Ci manca soltanto una donna. Per un giornalista della Tass ce n'era più che a sufficienza per essere cacciato». Figuriamoci poi se era anche un agente del Kgb, aggiungo io. Ma qui finisce il buon umore di Vitalij Nikitic. Ringrazio e torno in ufficio. Guardo la fotocopia del dossier Mitrokhin. C'è scritto che Serghej Fiodorovic Sokolov «fu richiamato prima della fine del suo viaggio perché aveva studiato insieme a Vladimir Kuzichkin, che scomparve dall'Iran in circostanze misteriose». Allora qual è la versione vera? Incidente e richiamo immediato, per evitare grane a un agente del Kgb che si è dimostrato comunque non affidabile? O richiamo urgente per timore che Sokolov venisse denunciato dal suo compagno di corso alla scuola del Kgb, Kuzichkin, che aveva probabilmente defezionato in Iran?Domande senza risposta. Sokolov avrebbe potuto rispondere, ma non a tutte. Per esempio, come mai, a soli 25 anni d'età, in quel lontano 1978 in cui era tutt'altro che facile andare all'estero, a lui era stato concesso l'alto privilegio di andare a specializzarsi in un'università italiana? Era già un agente del Kgb, o lo divenne dopo? E se lo era, che cosa ci faceva attorno a Aido Moro? Domanda che potrebbe spiegare qualche sua inquietudine. O, forse, Serghej Fiodorovic ha solo paura di dover rivelare che aveva ferito o ammazzato qualcuno con quel parafango sporco di sangue. Gli ex colleghi ricordano che nel 1982 venne richiamato in patria e poi licenziato E per spiegare la sua partenza dall'Italia raccontano la strana storia di un'auto col parafango sporco di sangue Aldo Moro, il presidente della Democrazia cristiana assassinato dalle Brigate Rosse