«Siamo un Paese che non eccelle in nulla» di Roberto Ippolito

«Siamo un Paese che non eccelle in nulla» La Confindustria presenta la sua ricetta per lo sviluppo economico e si difende: non è vero che investiamo poco «Siamo un Paese che non eccelle in nulla» Fossa: bisogna puntar tutto sulla competitività Roberto Ippolito ROMA l'uo sembrare il libro doi sogni. Il libro che descrive un'Italia che zoppica e UHI a via riesce a volare se lo vuoln. "M;t attenzione a chiamarlo cosi» dici: il presidente della Confindustria Giorgio l'ossa presentando alla stampa il docuiii'nio sui «1 ilancio della competitivi! a in Italiane mettendo l'accento sull'estrema concretezza. Il documento descrive impieto samente un paese (.'he, sintetizza [•'ossa, "non eccelle in nulla», E quindi fatica a stare dietro agli ali ri dicci pausi aderenti all'unione monetaria europea, come denunciato a settembre a un convegno a Cernobbio dal presidente (l'onore della Fiat Giovanni A»gnol li Pero e un Paese che se ha «uno scatto» d'orgoglio può fare grandi cose: «Non vi e alcun motivo perché l'Italia non possa non avere performance economiche analoghe o migliori di quelle di altri Paesi europei». E arrivare «a una crescita media annua non inferiore al 3%» e a «portare il tasso di discoccupazione al 7% in cinque anni» dall' 11 attuale. liceo, allora, perché non è gradila la definizione di libro dei sogni: il documento contiene l'analisi degli ostacoli alla competitività delle imprese ma anche l'indicazione di ciò che bisogna fare giorno per giorno per recuperare il divario. «Quello clic chiediamo - afferma il presidente della Confindustria - e una risposta seria non dal governo, ma dalla politica. Tante volte ci e stato (letto "Investite poco". In questo documento dimostriamo che e difficile investire in un Paese dove l'energia elettrica costa il 42% in più della media europea, la telefonia fissa il 50% in più, il gas il 10,8, le poste il 40, i trasporti il 10 e il costo del lavoro il 6,3». Insufficiente concorrenza nei servizi pubblici, fisci) pesante, costo del lavoro eccessivo, rigidità nei rapporti di lavoro, infrastrutture e burocrazia carenti, ricerca e formazione scarse: ecco gli ostacoli di cui si rammarica la Confindustria. E sullo sfondo un male più generale: l'instabilità politica, intralcio ai processi decisionali. li proprio dell'instabilità politica fossa, accompagnato dal vice Carlo (lallieri e dal responsabile del Contro studi Giampaolo Galli, parla con il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi al quale anticipa il contenuto del documento. «Per dare certezza alle maggioranze» spiega poi l'ossa all'assemblea dell'Unione industriali di Ro¬ ma, deve essere riformata la legge elettorale, li la competitività deve diventare «un obiettivo comune attorno al quale lavorare tutti insieme cosi come avvenuto per il trattato di Maastricht per l'euro»: insomma serve una Maastricht, della competitivita. Ovvero serve «uno sforzo corale» come si legge nel documento. Illustrandolo ai giornalisti, il presidente della Confindustria su augura che l'impegno congiunto di istituzioni, parti sociali e cittadini provochi un recupero di «fiducia» che è il «carburante decisivo per alimentare l'adeguamento della nostra capacità competitiva alla sfida imposta dall'innovazione e dalla globalizzazione». Simmetricamente ai «mali» esaminati, sono sei «le aree» per le (piali vengono sollecitati gli interventi: fisco, efficienza della pubbli¬ ca amministrazione, costo e flessibilità del lavoro, ricerca e formazione, infrastrutture, politica della concorrenza. Il che vuol dire tante cose: per esempio, riduzione degli oneri contributivi, più contratti a termine, differenziazione delle retribuzioni in relazione alle diverse imprese e regioni (in sintonia alle idee del governatore della Ranca d'Italia Antonio Fazio, viene precisato), garanzia del calo della pressione fiscale, attuazione della riforma dell'amministazione, reale liberalizzazione dei servizi pubblici. «Nessuna di queste misure è risolutiva» ma «tutte insieme possono favorire il recupero» e rimediare alla «caduta lenta» dell'Italia di oggi. Fossa sostiene che «nel corso degli Anni Novanta l'Italia ha esibito la peggiore performance macroeconomica in Europa» e «l'Europa stessa non ha tenuto il passo con gli Usa». I risultati sono «deludenti» nonostante le «condizioni monetario espansive» e «questo vuol dire che nel nostro sistema sono presenti fattori strutturali di deterioramento competitivo». I «dati salienti» negativi elencati dalla Confindustria sono questi: tasso di crescita medio degli Anni Novanta pari all'1,2%, la metà dei Paesi euro; disoccupazione superiore di un punto; inflazione italiana tra il 1996 e il '99 pari al 9,4 contro il 6,2 dell'area euro; in quattro anni costo del lavoro per unità di prodotto salito del 9,7; saldo attivo della bilancia commerciale rispetto al prodotto interno diminuito dal 4,4% del 1996 al 2; investimenti delle imprese estere in Italia ridotti allo 0,2% nel 1998. Tutto questo spiega perché «è l'ora che suoni la sveglia». I FRENI DELL'ECONOMIA GLI OSTACOLI ALLA COMPETITIVITA' SECONDO LA CONFINDUSTRIA • COSTO DEL LAVORO ALTO • RIGIDITÀ' ECCESSIVA DEI RAPPORTI DI LAVORO • FISCO MOLTO PESANTE SU CITTADINI E IMPRESE • PUBBLICA AMMINISTRAZIONE INEFFICIENTE • CARENZA DI INFRASTRUTTURE • RICERCA E FORMAZIONE INADEGUATE • POCA CONCORRENZA NEI SERVIZI PUBBLICI • INSTABILITÀ' POLITICA IL FUTURO DELL'ATALIA Secondo lo Commissione europea, la crescita italiana, quest'anno al di sotto della medio europea, dovrebbe poi subire una significativa accelerazione nel prossimo biennio. Ecco il trend dei principali parametri di valutazione in percentuale 1999 2000 2001 Il presidente della Confindustria Giorgio Fossa

Persone citate: Antonio Fazio, Carlo Azeglio Ciampi, Giampaolo Galli, Giorgio Fossa