Kubrick-mania: il documentario di Tiziana Platzer
Kubrick-mania: il documentario Kubrick-mania: il documentario Sul regista 40 testimonianze E il Grande Torino diventa film Tiziana Platzer I ORINO Ammirazione senza confini, innamoramento artistico, ossessione quasi infantile. Insomma, una condizione per la quale si ha la netta sensazione di non poter vivere senza. Nel loro caso senza ispirarsi alle sue opere, ed ò cosa possibile, e senza saperne di più della sua vita, questione invece assai più complicata. Generatore di tale passione Stanley Kubrick, inarrivabile velia per ire ragazzi romani che di cinema vivono, Federico Greco, Mauro Di Flaviano e Stefano I,andini, bene, questa triade, convinta che in qualche modo ai proprio mito ci si sarebbe arrivati, ieri sera ha presentato al Festival, nei «Sopralluoghi Italiani», uno dei rari documentari in circolazione sul grande regista. «Un progetto nato per caso, durante il Festival di Venezia del 97» raccontano i tre autori. «In quell'occasione abbiamo comincialo a girare le prime interviste: a Micnellc Ciment, il depositario del pensiero di Kubrick, e al protagonista di "Arancia meccanica"». Un buon inizio, a cui sono seguiti due anni di raccolta di circa 40 testimonianze dei più stretti collaboratori, dal direttore del doppiaggio italiano Mario Maldesi al traduttore Riccardo Aragno, dall'operatore steadycam John Ward (che era presente alla proiezione insieme al suo alter ego italiano Giovanni Gebbia) allo scenografo Ken Adam. E la lista è lunga. Tanto che questo lavoro, scoraggiato da un regista inglese di Channel Four che aveva tentato la stessa via senza successo, è stato mandato in onda da KaiSat in 30 puntate a settembre e ora ci sono altre richieste da parte di canali internazionali. Ma che significato ha il documentario? «Intanto ha la capacità di essere testimonianza e anche un po' fiction, perchè noi ci prendiamo in giro sulla nostra Kubrick-mania, e raccontiamo come siamo riusciti a autoprodurre un'idea parsa ovunque improbabile» spiega Federico Greco. E poi è arrivato il 20 luglio di quest'anno. «Dopo aver tentato per l'ennesima volta la via della Warner Bros a Londra, ci siamo ritrovati in casa Kubrick». L'evento massimo, insperato. Lì è avvenuta l'intervista con la moglie, Christiane, e l'incontro con le figlie. Ora l'ossessione si è placata? «In parti;, anche se è un lavoro senza fine, sono ancora tante le persone che hanno avuto la fortuna di cono- scere Kubrick». E parte dal cuore anche la pellicola di Silvia Innocenzi, passata ieri in Spazio Italia. Sentimenti che hanno sapore calcistico, ma i 17 minuti di «Promesse granata» fanno ben intuire che non è solo questo. La storia appartiene a Andrea Francone, Beppe Marchetto e Mario Audisio, tre dei ragazzi della Primavera del Torino catapultali nel campo di Genova una settimana dopo la sciagura di Superga. «Siamo usciti dal sottopasso al grido di Toro-Toro, e poi il silenzio» ricorda, ancora con le lacrime agli occhi, Francone. «Avrei preferito non aver mai giocato quella partita» gli fa eco Audisio. Il gioco del calcio è solo un pretesto: la regista ha scavato nello stato d'animo di quei ragazzi che per le quattro giornate finali del campionato indossarono le maglie di capitan Mazzola, Gabetto, Ossola, Bacicalupo. E sul loro futuro sportivo in qualche modo come bloccato dalla caduta di quell'aereo, la Innocenzi sta pensando di girare un film.
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