Fragili, autobiografici, confusi i giovani registi non crescono di Alessandra Levantesi

Fragili, autobiografici, confusi i giovani registi non crescono Tre film italiani al Festival di Torino vittime della stessa sindrome: un morettismo mal assimilato Fragili, autobiografici, confusi i giovani registi non crescono Alessandra Levantesi TORINO Fragilità il tuo nome é cinema italiano, verrebbe da din; al Film Festival dopo aver visto l'uno dopo l'altro ben tre film nostrani: «Fuori di me» di Gianni Zanasi e «Una vita non violenta» di David Emmer, entrambi in competizione, e «La vita è una sola» di Cappuccio/Gaudioso/ Nunziata, fuori concorso. In qui: st'ultimo i tre autori-interpreti si ripresentano sullo schermo come in «Il caricatori!»: solo che li tentavano disperai irniente di mettere su la loro opera prima, qui l'hanno infine realizzala. Il «film nei film» si intitola «Il muratori!» ed e un melo neo-realista in bianco e nero che si ispira a «Il letto» di De Sica: viene invitalo al festival svizzero dei Ouatt.ro Cantoni (in realta Locamo), ma le speranze che quel riconoscimento sia il preludio di un futuro luminoso si rivelano illusorie. L'avventura elvetica non e poi così gratificante e al ritorno i tre amici vengono riassorbiti dai banali problemi del quotidiano, finché in nome della sopravvivenza si concedono una fuga dal sapore utopico, ancora in direzione della Svizzera. Vogliamo chiamarla la malattia di un morettismo mal assimilalo questa incoercibile tendenza a rifluire sul tono della semiautobiografia? Non ne è esenti! neppure il film di Zanasi, che sotto molli aspetti assomiglia a «La vita è una sola». Di nuovo un regista in prima persona, di nuovo un viaggio per presentare un film («Nella mischia», debutto di Zanasi): stavolta a bari nel quartiere degradalo del Cep. Accompagnano il cineasta i suoi volenterosi interpreti, l'attore già nolo Paolo Sassanelli e il ruspante Lorenzo liiaconzi. Nella trasferta «Fuori di me» offre un piccolo diario qua e là spiritoso, talvolta diluito e nell'insieme problematico e inconcludente. La tessitura non è volgare né banale, pero non si capisce a quale tipo di pubblico pensa di rivolgersi il regista modenese l'er tornare al modello, non può certo aspirare a nessun rapporto con il perfezionismo di Moretti, questo cinema che prende a sistema il dilettantismo, che non riesce a l'are dell'io soggettivo il centro di una visione peculiare del mondo; e che riducendosi a una contemplazione ombelicale appena riscaltata dall'autoironia rischia di diventare un rovinoso gioco al ribasso. Se il film di Zanasi ogni tanto strizza l'occhio per virtù di stile, rimane difficile raccogliere segnali positivi da «Una vita non violenta»: un'operina che nonostante il titolo anli pasoliniano si riconcilia con il poeta delle borgate attraverso la presenza carismatica di Ninetto Davoli. Figlio del glorioso Luciano Emmer di «Domenica d'agosto» pubblicitario e documentarista al primo lungometraggio, il trentaduenne David, si è scritto da solo l'odissea di un personaggio mite e sfortunato, Gianluca (Yari Gugliucci), costretto ad accantonare il sogno di diventare Guardia Forestale per provvedere ad una madre anziana, simpatica e sfrattata. Dopo il vano tentativo di occupare un appartamento in un falansterio, grazie ad un certo Franco (ovvero Ninnilo) madre e figlio si accampano in una baracca nd Ostia. Gianluca le tenta tutte, fa l'attacchino abusivo, lo spazzino, il guardiano notturno, il passeggiatore di cani e (quasi) il ragazzo di malavita. Nel suo vagare incrocia fra gli altri un vecchio amico diventato un mangiatore compulsivo, una bella sudamericana che finisce sul marciapiede, un bastardello affettuosissimo: incontri che nella confusa struttura del film risultano troppo spesso divagatori. Su tutto emerge Adriana Asti in vena di fare la vecchietta: peccato davvero che il suo personaggio si perda lungo la strada, bisognava farne la protagonista. Cappuccio, Gaudioso, Nunziata non ritrovano la freschezza del «Caricatore», loro opera prima Il figlio di Emmer esordisce con «Una vita non violenta»: tra borgate e Ninetto Davoli Qui sopra Marit Nissen in «Fuori di me» di Gianni Zanasi; a sinistra, una srena di «Stanley and us» e, accanto, «Promesse granata» che ricostruisce la tragedia di Superga che distrusse il Grande Torino

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