CITTA' RAMPANTI PER LEADER RAMPANTI

CITTA' RAMPANTI PER LEADER RAMPANTI DIMENTICATO IL MODELLO SCANDINAVO CITTA' RAMPANTI PER LEADER RAMPANTI Mario Fazio AL grande «Circo mediatico» di Firenze, il vertice della «Terza via», mancava la .^presentazione virtuale degli effetti che le ricette dei protagonisti (Cbnton e D'Alema, Blair, Jospin, Schroeder) potrebbero avere sulle città. Sono i luoghi in cui si addensa più della metà della popolazione mondiale e in cui si giocano i destini del pianeta: dalle metropoli europee in trasformazione alle smisurate e disumane megalopoli dei poveri (500 milioni di baraccati, in testa Città del Messico, San Paolo, Calcutta), paragonabili a bombe atomiche di cui preferiamo ignorare la potenza. L'urbanista inglese Peter Hall prevede una nuova Golden Age, generata dal liberismo e dalla rivoluzione elettronica (protagonista Internet) in cui le città saranno in gara tra loro per piacere a turisti e residenti ricchi, per attirare capitali. Un misto di banche e shopping malls, di musei e quartieri-salotto, di alberghi lussuosi e di sale multimediali, col coronamento di edifici spettacolari come il Millenium Dome sul Tamigi. Questo sarebbe uno dei modelli della «City of Capitalism Rampant» di cui si ha qualche anticipazione a Londra e Berlino. Blair intende adottare questo modello o intende cambiare rotta, ascoltando i suggerimenti di Richard Rogers per una Londra riequilibrata socialmente ed ecologicamente? Per le città italiane, esclusi Stoccolma, we are urbanistico improponibili riferimenti alle metropoli degli Stati Uniti ed esclusa ogni ridicola pretesa di omologazione tipologica europea, una valida alternativa al rampantismo potrebbe venire dall'organizzazione delle città scandinave, specchio di pluridecennali esperienze di «socialdemocrazia reale». Città per molti aspetti invidiabili. La qualità della vita a Stoccolma si valuta dalle abitazioni e dalle strade, dall'edilizia sociale come dalla bontà dell'acqua potabile, dall'aria che si respira, dalla pulizia dei laghi e del mare tra le mille isole dell'arcipelago, dall'abbondanza del verde (80 metri quadrati a testa contro otto o nove di Milano), dall'efficienza dei trasporti e dagli spazi per i bambini. L'affermazione di una politica realisticamente tesa a privilegiare il sociale in un sistema capitalistico si riflette nelle scuole (istruzione obbligatoria fino a 18 anni e gratuita, libri compresi) come negli ospedali (la sanità pubblica occupa 95 medici su cento), come nell'organizzazione urbana. Ne è simbolo la «Kulturhuset», Casa della Cultura frequentata ogni giorno da migliaia di persone, punto di attrazione nella City di cui oggi si profila il rimodellamento per ridurre l'eccessiva e pericolosa incidenza delle attività direzionali-commerciali insediate negli anni 60. Una vera e propria autocritica urbanistica, con partecipazione popolare che va in senso opposto a quello della città del «Capitalism Rampant». Stoccolma, welfare urbanistico

Persone citate: D'alema, Jospin, Mario Fazio, Peter Hall, Richard Rogers, Schroeder