«Aiutate i martiri di Grozny» di Maurizio Molinari

«Aiutate i martiri di Grozny» Mosca minaccia dure proteste, nessun contatto del governo con il «ministro degli Esteri» Akhmatov «Aiutate i martiri di Grozny» Ma Roma non riceve l'inviato ceceno Maurizio Molinari roma Prima di poter mettere piede in Europa ha atteso per due settimane in Azerbaigian l'arrivo del visto francese. Da allora non si è mai fermalo: Amsterdam, Parigi, Praga, Strasburgo, Istanbul e quindi Roma sulla via di Berlino e Londra. Ilias Akhmatov ha ricevuto la sua missione dalle mani del presidente ceceno Aslan Mashkadov: «Porta al mondo il dolore e la rabbia del nostro Paese straziato dai russi». Si sentono ogni due giorni col telefono satellitare. «Mashkadov combatte come un soldato, e dietro le linee, vorrei essere con lui» dice Akhmatov "ministro degli Esteri" del governo locale di Grozny, I suoi modi gentili, i piccoli baffi curali e 10 sguardo triste da diplomatico disperato celano un combattente indomito. Akhmatov è nato in Ka/.akhstan 38 anni fa da genitori ceceni deportati da Stalin e da loro ha ereditalo la voglia di rivincita. Da quando nel 1092 incontro in un caffè di Grozny il «comandante» Shamil Basaiev la sua vita e cambiata: durante la prima guerra contro i russi dal 1994 al 1996 era fra i generali. «Quando combatto non mi risparmio» dice. «Sappiamo come batterli, quando sono fermi sono temibili, quando si muovono 11 colpiamo». Seduto in una trattoria romana con alcuni responsabili dei Verdi, da buon musulmano non tocca né vino nè carne di maiale, poi sposta un piatto di fìlett i di baccalà e fiori di zucca, disegna con le dita sulla tovaglia la tattica dell'imboscata: «Le strade sono a zig zag, la testa della colonna russa non sa dove è la coda. Non hanno scampo». In uno scontro nel 1996 fu ridotto in fin di vita e venne operato d'urgenza in Francia. Così descrive Basaiev: «Lotta per il proprio Paese, la sua battaglia è la stessa di Mashkadov». A chi gli fa notare che Basaiev guida una guerriglia fondamentalista ribatte: «Tutta propaganda russa, Basaiev è una persona straordinaria, un sufita, se la Cecenia sarà islamica non è un problema di oggi». Ma al suo «comandante Basaiev» Akhmatov non ha perdonato la scorribanda nel Daghestan russo: «Un suo sottoposto ha sbagliato ma Basaiev è il responsabile, si porta dentro quel- l'errore, per questo cerca la morte». Ad Akhmatov non va più di mangiare, non finisce il fiore di zucca, tocca appena il primo. Parla dei profughi: «Sono 200 mila in Inguscetia, 8 mila in Georgia, 350 mila è il totale di quelli intrappolati dalla guerra, vivono per le strade senza nulla, al gelo». Disprezza Eltsin: «E' un fanatico, ma i russi lo hanno accolto come un eroe, l'Europa e l'Italia sbagliano a non vedere i pericoli che Mosca porta con sò». Odia i russi: «Da 400 anni ci fanno la guerra perchè vogliono la nostra terra». Teme di essere ucciso «Sono in pericolo anche qui ma mi vergogno di pensare a questo mentre la mia gente è sotto le bombe». Ma il suo disprezzo è soprattuto per i piloti russi: «Uno di loro ha raccontato che insegue le auto sulle strade e le fa esplodere, quasi giocasse con il computer». Sull'esito dell'assedio di Grozny non ha dubbi: «Noi siamo 5000, loro 500 mila, non ce la faranno mai, già nel 1996 tutta la città era disseminata di cadaveri russi». Akhmatov non ha biglietti da visita, viaggia con un unico comple¬ to, gira l'Europa col sostegno dei Verdi ed a Roma lo ha portato Stefano Boco. Il messaggio che ripete è lucido: «Ora non vogliamo l'indipendenza ma solo la fine della guerra, del futuro status della Cecenia se ne parlerà nel 2001 come concordato con Mosca nel 1996». Ecco le richieste che ha fatto al Quai D'Orsay, che oggi ripeterà a Berlino e che ieri avrebbe ripetuto alla Farnesina se lo avesse accolto: «Non abbiamo bisogno della Nato, ci servono corridoi umanitari per portare assistenza ai profughi, fine delle ostilità, ritiro dei soldati russi». E i terroristi ceceni? «Li consegneremo solo se Mosca prova le loro responsabilità individuali». Prima in trattoria, poi ai microfoni di «Radiotremondo», ojiindi in Parlamento a fianco dei Verdi Afchmatov incalza Mosca. L'unico momento di relax, prima della partenza serale per Berlino, è la telefonata ad un suo amico: Adriano Sofri. Quando decolla il vero vmeitore è Nicolai Spassiti, ambasciatore russo: la minaccia di una dura protesta ufficiale ha tenuto il ceceno ben lontano dal governo D'Alema. «Non pretendiamo l'indipendenza solo la fine della guerra, dateci prove e consegneremo i terroristi» Il presidente ceceno Aslan Mashkadov (nella foto) ha inviato Ilias Akhmatov in un lungo tour europeo A destra, truppe federali in Cecenia Sotto, il premier russo Vladimir Putin