La gelosa Elvira, musa satanica per Puccini da Tosca a Turandot di Alberto Sinigaglia
La gelosa Elvira, musa satanica per Puccini da Tosca a Turandot La gelosa Elvira, musa satanica per Puccini da Tosca a Turandot RECENSIONE . Alberto Sinigaglia I L 14 gennaio 2000 | compie un secolo I Tosca di Puccini, che debuttò col '900 raccontando in musica una storia dell'800. Il dramma di Sardou da dieci anni ossessionava il maestro: la gelosia che impregna la vicenda gli evocava aria di casa. Le rampogne, gli strazi gridati sulla scena da Sarah Bernhardt troppo somigliavano a quelli domestici di Elvira Bonturi: innamorata al punto di abbandonare marito e figlio per fuggire con il lui, ma incline a vedere una rivale in ogni donna, talvolta indovinando. Lo scandalo, il peccato, le dolcezze, i tormenti di quella convivenza si riverberano anche su Manon, Mimi, Butterfly, Turandot? Giampaolo Rugarli dissipa il «cono d'ombra» che nasconde la Divina Elvira, vede in lei «L'ideale femniinile nella vita e nell'opera di Giacomo Puccini». Ne cerca tracce negli esordi - Le RECEN. AlbSini SIONE rto glia Villi, Edgar - quando «l'eroina pucciniana è dissoluta, lasciva, infida, soprattutto è cattiva (...) satanica». Ne insegue proiezioni nelle innocenti, nelle vampire, nelle cortigiane e teatranti e principesse, che verranno dopo. Lo scrittore investiga le tentazioni letterarie pucciniane tra Baudelaire e D'Annunzio, Verga e Louys; confronta le proprie intuizioni con le ricerche poetiche, biografiche, musicali di Garboli, Camer e Casini. Ma sull'itinerario artistico prevale quello umano, sentimentale, gremito di tali figure da imporre alla verità storica ritmi e colori da romanzo. Emergono soprani e baronesse: Szamosi, Seligman, von Stangel. E due ragazze che sconvolgono l'esistenza del compositore. La relazione con Corinna ha romantico avvio su un treno e ignobile epilogo: la torinese studentessa al Magistero rinuncia alle nozze promesse, incas¬ sa una somma e dilegua. A Doria Manfredi, graziosa, paziente cameriera a Torre del Lago, basteranno lunghe occhiate al maestro per scavarsi la fossa. Finalmente vedova di Narciso Geniignani, diventata la signora Puccini, Elvira non guarisce della gelosia. Anzi, si traveste da uomo per spiare la servetta, la caccia di casa, la rincorre per le vie, la spinge al suicidio. Il musicista la piangerà in suor Angelica e in Liù, fino all'ultima nota di Turandot incompiuta. Morirà poco dopo a Bruxelles di tumore alla gola. Elvira è lontana, malata a Milano. Gli sopravvivrà sei anni, ignorata come lo è stata sempre. Eppure, se il borghese, il camerata, il senatore del Regno, il ladro di mogli e di idee, il cacciatore «sboccato e blasfemo» sono luoghi comuni, dettagli trascurabili di fronte alla grandezza dell'artista, può essere Elvira, dea autoritaria e ostinata, la chiave per capire il mistero del suo struggimento, della sua invincibile malinconia, del suo genio. m divi"3 Giampaolo Rugarli La divina Elvira Marsilio, pp.215. L. 25.000 SAGGIO
Luoghi citati: Bruxelles, Milano, Torre Del Lago
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