Musorgskij e Caikovskij dioscuri della musica russa

Musorgskij e Caikovskij dioscuri della musica russa Musorgskij e Caikovskij dioscuri della musica russa RECENSIONE Piero Celli LA magnifica affascinante peregrinatio russa inizia proletticamente a Cambridge, il 13 giugno 1893, giorno in cui l'Università laurea pomposamente cinque musicisti emeriti: Bruch, Boito, Grieg, Saint-Saèns e Cajkovskij, quest'ultimo graditissimo al francese, da danzare, la sera prima, insieme un Ad e Galateo. La cerimonia in realtà consacrava con Cajkovskij un'acquisita legittimazione, dopo la scoperta di un Oriente ad Est della Germania, ritenuto selvatico e estraneo, e dal quale invece giungevano ormai da decenni fulgori di incontenibile creatività. Che poi l'ammirazione per costui e per la sua classicità si mutasse in avversione, a vantaggio di una russicità tutta sauvage, per dirla con raonsieurCroche-Debussy, rappresentata da Musorgskij e dagli altri, è il segno di una recettività distorta che Stravinskij soltanto riuscirà a correggere o cambiare. E dei suoi pareri critici, Mario Bortolotto puntualmente, lungo tutta la sua locuplete disamina in Est dell'Oriente, nàscita e splendore della musica russa, si servirà come una cartina di tornasole a verificare posizioni e convincimenti. Ma procediamo con ordine che lo studioso dopo la prolessi iniziale apre un esaustivo flash-back in cui nascita e splendore della musica russa, per dirla col sottotitolo, vengono descritti con una ricchezza di informazioni anche lettera- REC NSIONE iero Celli rie-storiche, di analisi musicali e di intuizioni critiche, tale da rendere questo saggio ostico e denso una lettura appassionata, rapinosa: e divertente, se si aggiunge che Bortolotto non disdegna toni da burlesque dove inserire sapidi ritratti e perfidi affondo, mai privi però di garbata ironica contenutezza. L'arco di tempo perso in esame dal musicologo va dalla preistoria, stabilita da Gogol e ratificata dai cinque, di Glinka e di Dargomyzskij, affronta poi la friabile esplosiva pentarchia nazionalista, egiunge a Skrjabin, sfiorando appena la Russia sovietica: la morte di quest'ultimo (1915), infatti, e di Taneev (1914) misconosciuto protagonista per l'avversità di Rimskij-Korsakov e dei suoi seguaci, segna un confine, fuori da cui «non si sarebbero più toccati traguardi di altrettale eccellenza». Gli stessi sopravvissuti procedono nell'insicurezza, come Glazunov il «musicista onnisciente che gli dei non vollero grande compositore», o Rachmaninov, dal pianismo schiumogeno, e su cui «l'invenzione strumentale stende su idee anche sciape una verniciatura lussuosa». La vittoria apparente, o meglio la continuità, segue la via percorsa dall'irrequieta poligamia di Stravinskij, tuttavia ancorata a una proposta di classicismo russo che il compositore indica in Caikovskij, Glinka e l'amato Puskin, nome del resto da tutti venerato, capace anche di frenare l'insorgente estetismo dietro i vessilli nazional-sociali del gruppo in dissoluzione. Una miriade di interrelazioni culturali, di personaggi primari come Les Cinq definito «Potente mucchietto» da Stasov (Balakirev, Kjui, Borodin, Musorgskij e Rimskij-Korsakov) o come Rubinstein - e di figure minori - come Grecaninov, Ljadov, Arenskij e molti altri - passano al vaglio analitico di un'intelligenza sempre esatta e penetrante, per coagularsi intorno alle due personalità centrali e antitetiche di Musorgskij e Caikovskij, su cui Bortolotto spende le sue pagine critiche più folgoranti. Se la genialità etilica e goffa del primo ratifica l'aura miracolosa dell'Est esotico e ignoto, se l'autore del Boris come immerso in un'ascesi sgomenta e coibente finisce col rappresentare la Santa Russia e il suo dogma etnico, Caikovskij, con il suo cosmopolitismo e classicismo, ne è il suo basculante contraltare: almeno così veniva vissuto in Occidente, fino alla serrata disamina di Stravinsky. Con Cajkoskij, il barbaro Oriente oltre l'Ungheria rivelava la sua permeabilità, tramite un compositore che, d'après Mozart (e contro Wagner), poliedrico e asistematico, procede verso strade imperscrutate, con l'imperativo della comunicabilità e una perfetta lucidità intellettuale. Molto altro sarebbe da dire su quest'opera davvero unica, più faticata e laboriosa, penso, dell'altra, Dopo la battaglia, entrambi costituendo due mirabili riedizioni culturali e musicali, se non volessi riservarmi lo spazio residuo per due parole sul linguaggio di Bortolotto e sulla sua espressività così accesa: tagliente, preciso, icastico, colto, innovativo, criptico talvolta gratuito: insomma il linguaggio di uno scrittore vero. Le due personalità centrali e antitetiche del fondamentale saggio di Bortolotto Era il 1893 quando una pomposa cerimonia a Cambridge legittimava un Est a Oriente della Germania, fino ad allora ritenuto selvatico, acceso invece da fulgori di incontenibile creatività Ciajkovskij e Musorgskij, capisaldi della musica russa nel saggio di Bortolotto «Est dell'Oriente» Mario Bortolotto Est dell'Oriente, nascita e splendore della musica russa Adelphi, pp. 494, L80.000 SAGGIO

Luoghi citati: Cambridge, Germania, Russia, Ungheria