Lionni, un futuro fantastico senza uomini e animali

Lionni, un futuro fantastico senza uomini e animali Lionni, un futuro fantastico senza uomini e animali «Piccolo blu e piccolo giallo»: due figure tonde e i loro genitori. Ritorna un classico che nel 1959 rinnovò il modo di fare libri per la prima infanzia RECENSIONE Roberto Denti M ANCAVA da quasi vent'anni in lingua italiana Piccolo blu e piccolo giallo ( sempre disponibile in inglese, francese, tedesco, spagnolo, ecc.), il libro di Leo Lionni che nel 1959 ha rotto, con una proposta inattesa, la tradizione - ormai stanca e ripetitiva - del libro per la prima infanzia. In un mondo popolato da storie di animali buoni e virtuosi, da racconti antropomorfi, da semplicistiche situazioni di dolciastra virtù familiare, Leo Lionni ha stravolto ogni regola che sembrava inattaccabile: nel volumetto, destinato ai bambini dai due-tre anni in avanti, i due protagonisti non hanno né volto né forma umana o animale. Si tratta infatti di due figure tonde di colore diverso (blu e giallo appunto) che vivono con genitori più grandi di loro, anch'essi di forme strane. Le immagini dei protagonisti assieme alle case dove abitano e ai luoghi che incontrano (la scuola, il prato, la montagna, un tunnel, ecc.) possono essere definite «astratte» dal giudizio adultistico. Si rivelano invece innegabilmente concrete per i bambini, i quali non sono ancora incanalati negli stereotipi (che sono anche necessari, naturalmente, quando non vengono prescritti secondo imposizioni controproducenti) di un mondo che tende a bloccare l'immaginazione. Piccolo blu e piccolo giallo non sono due cerchi ritagliati con il compasso, ma due tondi leggermente frastagliati che sembrano lasciare aperta la possibilità di dimensioni future più ampie e forse diverse. Scatta così, con assoluta semplicità, quel meccanismo di identificazione con il protagonista (o i protagonisti) che è condizione primaria e indispensabile perché il lettore (sia esso capace di leggere le parole o si limiti a guardare le figure o ascolti chi legge per lui a voce alta) si «impossessi» della storia e ne diventi parte integrante. Il libro, ai tempi, fu oggetto di discussioni e di critiche ma i bambini - per fortuna ignari di ogni polemica - se ne impossessarono decretandone il successo. Ora Piccolo blu e piccolo giallo ritorna nelle librerie per merito delle edizioni «Babalibri», la nuova sigla di Rosellina Arcinoto che nel 1966 lo pubblicò por la prima volta in Italia con il glorioso marchio delle edizioni Emme. Lionni ha avuto il grande merito di presentare una storia apparentemente consueta nella quale erano però contenuti tutti i più profondi elementi della fiaba di tradizione orale (trasgressione, conflitto, lieto fine) con illustrazioni di estremo fascino proprio per la loro precisa semplicità. Questo piccolo libro incantato dimostra come l'autore avesse un estremo rispetto per i bambini, che considerava individui capaci di livelli di comprensione che gli adulti troppo spesso ignorano. Lionni ha affrontato il tema dell'amicizia con una decisa linearità che è compenetrata dalla complessità psicologica del problema. Oltre all'amicizia, l'altro argomento è quello dei rapporti con i genitori che non sempre si sforzano di capire le esigenze dei bambini i quali, verso la fine del libro, si chiedono: «Ci crederanno ora?». Il lieto fine è d'obbligo ma raggiunto dopo lunghi momenti di tensione. Dispiace che Lionni non abbia potuto assistere alla riedizione del suo capolavoro: è morto quasi novantenne l'il ottobre scorso, dopo un'intensa vita di lavoro trascorsa fra l'Europa e gli Stati Uniti, dove raggiunse una notevole fama per la sua attività di grafico e di direttore artistico di riviste famose. Lionni arrivò tardi a occuparsi di bambini, quasi sentisse il bisogno di entrare in un mondo che gli permetteva la più assoluta libertà di espressione, al di fuori di ogni imposizione dovuta alle consuetudini del mondo adulto. Nel chiedersi «perché ai bambini piacciono tanto i libri illustrati» Bruno Bettelheim, nella prefazione al volume di Lionni Le storie di Federico (ed. italiana Einaudi Ragazzi) scriveva: «Leo Lionni ha capito l'im¬ portanza del linguaggio visivo... Più breve è il testo e meno distrae da quel che si vede nella figura, consentendo al bambino di esercitare la propria abilità nel "leggere" le immagini con piena soddisfazione... Le illustrazioni [di Leo Lionni] sono la creazione di una mente adulta che ha mantenuto - o riguadagnato - la capacità di dar corpo a visualizzazioni fantastiche, per le quali l'artista si rifa ampiamente alla propria esperienza infantile». Vale la pena di ricordare che «Federico» è un topo capace di raccogliere le parole per le provviste invernali mentre i suoi amici raccolgono cibo. Federico è un poeta, che non vuole applausi e dice di non meritare la corona d'alloro che gli viene offerta, affermando: «Ognuno in fondo fa il proprio lavoro». Alcuni anni fa, Lionni mi diceva che aveva in mente di scrivere una bellissima storia con un gatto per protagonista, ma non riusciva a disegnarlo come avrebbe voluto («Mi vieti sempre fuori il gatto di un altro, e non il mio»). Credo che per lui, malgrado i tentativi, sarebbe stato impossibile immedesimarsi in un gatto, animale domestico e soggetto ai comportamenti imposti dagli esseri umani. I topi sono molto più liberi, non c'è dubbio, e a pensarci bene il topo Federico è l'autoritratto di Lionni, cittadino del mondo, nato in Olanda, vissuto in Italia (che dovette abbandonare pelle leggi razziali) e affermatosi negli Usa. Lionni scriveva le sue storie in inglese e le traduceva anche in italiano. Ma nei suoi libri non c'è dicotomia fra testo e immagine: l'illustrazione - diceva spesso - deve essere di per se stessa un racconto, una narrazione che catturi l'emozione del bambino, altrimenti entriamo nel modo di pensare degli adulti, imponendo norme estetiche e valutazioni teoriche che al bambino sono estranee. Leo Lionni Piccolo blue piccolo giallo ed. Babalibri pp.44,L. 18.000 RACCONTO

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