Elkann trova il padre nell'aldilà di Montparnasse di Alain Elkann

Elkann trova il padre nell'aldilà di Montparnasse Elkann trova il padre nell'aldilà di Montparnasse RECENSIONE Angelo Guglielmi NEI romanzi di Alain Elkann (ne ho recensiti più di uno) non mi colpisce tanto lo stile o la lingua quanto la presenza di un mondo che non mi appartiene. Ma sia ben chiaro: verso questo mondo rappresentato da vecchie famiglie ebree ricche e internazionali (che vivono contemporaneamente a Roma, New York e Parigi senza essere cittadini di nessuna metropoli perché lontano e altrove si situa la loro identità) non provo nessun senso di invidia e di facile stupefazione (forse mi accadeva quando ero bambino) ma avverto solo un sentimento (ammirato) di forte diversità. Più spesso la diversità (quella con cui generalmente ci scontriamo) è più una pretesa che una realtà: ci togli quella pellicola che la nasconde e scopri che (in fondo) siamo tutti (più o meno) uguali. Tutt'altro accade (invece) nel Padre francese, questo piccolo romanzo autobiografico in cui Alain Elkann si sforza di ricordare il padre (era il presidente della comunità ebraica francese) appena morto anzi appena seppellito nel cimitero di Montparnasse. Ma lì, in visita alla tomba, l'autore (il figlio) viene preso da una forma di afasia: indifferenza e estraneità lo invadono (anche dolcemente). Non riesce a ricordarlo (a portarsi alla mente la figura del padre): anri non può ricordarlo. E per farlo ricorre ad uno stratagemma: si rivolge alla tomba affianco, dove da poco è stato interrato un pittore (un artista) anche lui ebreo, e lascia che tra i due si sviluppi una conversazione in cui ciascuno informa l'altro sulla vita che ha vissuto, i comportamenti che ha tenuto, le realizzazioni che ha conquistato, le insoddisfazioni patito, lo stile e i gusti che in vita ha onorato. E il figlio ricorda (riscopre) il padre ascoltando i racconti che questi fa al vicino di tomba. Perché Alain (il figlio) non lo ha interrogato (rievocato) direttamente? Eppure nulla ignorava del padre e lo aveva amato. E' che rievocarlo (da parte sua ancora vivo) era realizzare una trasposizione al presente. E il presente per gli ebrei non esiste. Stanco di dialogare con il vicino di tomba il pittore ebreo (ma in vita non era stato praticante) gli si rivolge con queste parole: «... scusi, oggi sono stanco, non ho più voglia di ricordare, con lei si parla sempre di passato... Lei è proprio ebreo in questo». Ecco, gli ebrei essendo ancora in attesa, ancora protetti dal Vecchio Testamento non sanno vivere che la condizione del passato: un passato ininterrotto che dunque comprende anche il futuro ma non conosce la rottura del presente: di un tempo cioè effimero, mutevole, incerto. Il presente è un tempo mortale che si ripresenta sempre diverso e dunque manca di durata e di certa riconoscibilità. L'errore che gli ebrei di tanto in tanto l'anno è di volere, conservando la loro estraneità allo scorrere del tempo, assumere su dì sé un pezzo di presente (farsi un po' presenti): e a quel punto puntualmente scoppiano pogrom, olocausti, genocidi. La grandezza, la salvezza degli ebrei è rimanere nella loro provvisoria eternità. E come può un figlio ricordare un padre provvisoriamente eterno? Lui, il figlio, indotto da opportunità cui non voleva (non può) rinunciare e da ambizioni da soddisfare (da cui attende immediati riconoscimenti) non ha rinnegato il padre ma ha lasciato che in lui figlio irrompesse per intero il presente: è diventato italiano (scontentando il padre che, conversando con il vicino di tomba, proprio di questo si lamenta), fa il mestiere di giornalista e di cronista di tv (scegliendo il più labile dei mestieri), ha figli maschi per i quali auspica grandi carriere e per le figlie femmine grandi matrimoni. E' diventato come noi, che non abbiamo un destino assicurato, ma un futuro da conquistare. Può un tal figlio parlare con il presidente della comunità ebraica francese? Non può farlo. Può farlo solo con interposta persona. E ora che il presidente è morto solo attraverso un altro morto che come lui si è sottratto alle illusioni del tempo. Una conversazione rivelatrice fra il pittore Topor e il presidente della comunità ebraica francese, vicini di tomba. Una provvisoria eternità oltre le illusioni del tempo Alain Elkann II padre francese Bompiani, pp. 119. L. 22 000 ROMANZO

Persone citate: Alain Elkann, Angelo Guglielmi, Elkann, Topor

Luoghi citati: New York, Parigi, Roma