Vita-morte-miracoli: sull'altare di Brizzi la beatificazione dell'attualità più frivola

Vita-morte-miracoli: sull'altare di Brizzi la beatificazione dell'attualità più frivola Vita-morte-miracoli: sull'altare di Brizzi la beatificazione dell'attualità più frivola RECENSIONE Sergio IL risvolto di copertina ci avvisa che questo nuovo libro di Brizzi è bello. E per tutto il resto della presentazione ci sottopone a un rapido giro d'orizzonte di esaltazioni che sembrano volersi trincerare dietro ogni possibile critica o controversia: dalle mire «internazionali» dell'autore al concetto ribadito del suo magnifico talento, fino al ringraziamento devoto al giovane Brizzi che ci porge - di grazia - «questo suo dono non fasullo», tirando «il faticoso carretto del nostro stesso domandare intorno alle cose che innanzitutto ci riguardano». Dopo questa sviolinata già l'impulso di fare le pulci sulle cadute o sulle deficienze del lavoro bussa impellente. Memore del precedente romanzo di Brizzi, che sembrava segnare col passaporto di una deprimente illeggibilità il decesso delle sue ispirazioni giovani e giovanilistiche, ci auguravamo piuttosto un sano periodo di stallo in cui le innegabili capacità affabulatorie istintive del «ragazzo folgo- RECENSe SIONE io rato da improvviso successo» attendessero la boa di un diverso e meno urgente bisogno di raccontare. Invece Brizzi torna alla carica, con una storia di per sé interlocutoria - pur sempre legata a tematiche giovanil-trendy - che, con felice sorpresa, abbiamo in buona parte apprezzato. 1 tentativi di eternizzare le mitologie contemporanee sembrano un nuovo punto di riferimento dei narratori under 40: dai mondi sberluccicanti dei Me Inerney e Easton Ellis a questi intrallazzi mediatici dell'editoria di consumo grottescamente dipinti da Brizzi, assistiamo alla beatificazione dell'attualità più frivola come unica componente di una realtà che della frivolezza sta facendo una ragion d'essere. Si può sentirsi vivi anche riflettendosi nel successo altrui, dalle vertigionose top-model ai guru della pseudoletteratura da supermercato. E allora ci risulta simpatica, nel suo disincanto, la figura di questo ovviamente giovanissimo - Oscar Firmian, che col fiuto e il disimpegno di certe nuove leve s'inventa l'arte del furto d'autore, intervistando personaggi-simbolo del suo tempo e mettendone in piazza vita-morte-miracoli, nascosto die¬ tro lo pseudonimo dell'avvicinatore «Prometeus». Identità celata per convenienza, successo a nove zeri condiviso col modesto narratore-agente Gabrio Spichisi, che con lui gestisce una sorte tanto improvvisa quanto luminosa. Ma le ricerche del mitico Evander Deltoid, leader carismatico del gruppo rock dei «Normals», dato per morto rial tam-tam massmediatico, si rivelano un buco nell'acqua. Il più grosso editore nazionale ha concupito Oscar, ma la caccia a Deltoid - che arriva fino ad Amsterdam e al suo fido padre spirituale Cassius Parusha - non risolve alcun mistero. L'incontro con la scrittrice di successo Martina Superchi - ovviamente giovanissima - mette in gioco i sentimenti di Oscar, che si mimetizza ancora dietro una fasulla professione di mercante d'aite. Il colpo di scena che esclude il nostro «Prometeus» dall'ossessiva ricerca di Deltoid è una trovata ben azzeccata da parte di Brizzi, che risolve poi la storia su connotazioni quasi epocali, rimettendo a posto ogni tassello come un bonario Dickens aggiornato ai tempi del successo mordi e fuggi. In sostanza è una vicenda tangenziale nel percorso di Brizzi, che ci mette ancora di fronte alla sua abilità strutturale di autore che - almeno per il prossimo decennio - dovrà giustificare l'enorme successo del suo primo romanzo. L'analisi del mondo grifagno dei venditori di boom mediatici e degli spacciatori di bufale è dipinto con indovinate movenze giovanil-fumettistiche. I protagonisti sono quasi tutti appena oltre i calzoni corti e già padroni di successi planetari, come se le carriere meno veloci non fossero più contemplate, ma tant'è. Diremo piuttosto che Brizzi dovrebbe forse superare il giovanilismo esasperato per tentare uno sguardo meno casuale su realtà più concrete e dolenti, possedendone la capacità e l'intuito. Diremo che questa storia nata per il piacere di raccontare svolge benissimo la sua funzione, anche parche non sono poi molti gli scrittori che sanno portare avanti una vicenda in modo incalzante, ma anche lineare e piacevole. Diremo però che «il faticoso carretto del nostro domandare» è altrove rivolto e che gli scoop sull'eventuale sorte di qualsiasi vip del nostro pianeta vippeggiante li lasciamo al loro posto, tra ie pagine esaltate dei rotocalchi. Brizzi ha scritto una simpatica storia di astrazioni generazionali, e tanto basta. La professione di oracolo di fine millennio che gli attribuiscono non gli si addice e - ci auguriamo - forse nemmeno lo interessa. «Elogio di Oscar Firmian e del suo impeccabile stile»: un personaggio che s'inventa l'arte del furto d'autore, intervistando personaggi simbolo del suo tempo Enrico Brizzi Elogio di Oscar Firmian e del suo impeccabile stile Baldini & Castoldi pp. 304, L. 26.000 ROMANZO

Luoghi citati: Amsterdam