Selvaggia è la notte

Selvaggia è la notte Selvaggia è la notte ANTEPRIMA Alessandra Orsi SI chiamarono ruggenti, i magnifici anni Venti, disperati e violenti, senza precedenti. A lettura ultimata, la forza magnetica delle rime baciate è una delle tante tracce indelebili di questo party selvaggio. Notturna, immorale, scorretta, la vicenda raccontata in versi da Joseph Moncure March in «The wild party» è la trama sottesa a tutti i noir, il sottotesto di qualsiasi hard-boiled, il negativo dei film muti che immortalarono bionde fatali . e amanti assassini. Affascinante è Queenie, ballerina di vaudeville che nella sua collezione di uomini ha legato a sé Burrs, clown sulla scena e maschera fredda in privato. Entrambe creature notturne, della notte e di un pubblico hanno bisogno per accelerare i battiti del cuore e scollarsi di dosso noia e inedia. Alla festa che organizzano una domenica sera arrivano tut- Queenie prese i cuscini dal letto matrimoniale e disse: «Ci sediamo per terra, non ti va male?» Trovarono un angolino, seminascosto dietro una poltrona, lasciarono cadere i cuscini e si accomodarono lì, vicini. Black pensò: «E' chiaro, mi ha gettato l'esca. Vuole essere baciata. E allora, perché non mi pesca?» La abbracciò; il suo nome bisbligliò. Ma Queenie, lei, giocava un'altro gioco. Sgomento femminile, stupore infantile: «No! Ti piego! - ansimò, -Vattene via!» Lo spinse indietro, distolse il capo. «Ti credevo diverso» aggiunse dopo. [...] ti: ballerini di tip tap e pugili ubriaconi, pupe da flirt e lesbiche con occhi da rettile, puttane messicane, ebrei chiassosi, quattordicenni assatanate e poi la coppia che deve scatenare il guaio, la rossa e dissoluta Kate e il distinto e tenebroso Black. Che dal gioco di sguardi si passi all'azione è garantito dal fiume di whisky e dall'atmosfera erotica che viaggia sulla musica, jazz un mascalzone irrispettoso... peggio, un bruto schifoso!» Queenie se lo mangiò con gli occhi grandi, naturalmente. Mettendo in scena brutalità e gelosia, «The Wild Party» esalta sentimenti scandalosi e infatti, quando nel 1928 ne esce una edizione limitata di meno di mille copie, il libro viene immediatamente ritirato. Joseph Moncure March cerca di sfruttare il momento e pubblica «The Set Up», storia di un pugile nero fallito, che vende bene e gli apro come pensasse: «Dio, cosa mi mandi?!» «Bene, - rispose lui, - ormai sono spacciato. Se vuoi, prima di dire vai, sarò già andato». Queenie scosse la testa. Disse: le porte a una carriera di sceneggiatore a Hollywood. E' tra gli autori dei dialoghi del kolossal «Gli angeli dell'inferno» dove un'altra Queenie, l'attrice Jean Harlow, imbocca la strada del successo. In seguito March torna a lavorare nell'ombra, scrivendo documentari e qualche reportage per il magazine del New York Times fin quando, nel 1977, morirà ormai dimenticato. Dopo una fugace riappariztone nel 1968, molto censurato alla luce di una «correttezza politica» che porta a eliminare alcuni caratteri, il libro e il suo autore tornano nell'oblio. Fino a quando a metterci le mani sopra è un altro genio della scorrettezza, il disegnatore Art Spiegelman che, colpito dalla copertina, lo estrae dallo scaffale di una libreria e ne resta folgorato. La serie di affinità elettive non si ferma qui. Citandolo per caso in una conversazione con William Burroughs, Spiegelman scopre che «The Wild Party» è stato il libro che ha fatto venir «No, resta. Sei molto carino, lo sai? Ti voglio per amico. Non te ne pentirai». Gli occhi di Black brillarono come oro, gli occhi di un uomo che ha trovato un tesoro. «Vorrei essere il tuo amico del cuore» fu quello che le disse con calore Lui alzò il bicchiere, Alzò il bicchiere Queenie, e fecero cin-cin brindando, quella nuova amicizia festeggiando. Frattanto sul letto matrimoniale, gli occhi chiusi e beati voglia di scrivere all'autore de «Il pasto nudo». Passano altri anni e Spiegelman, autore controverso ma ormai coronato dal Pulitzer per «Maus. L'avventura di un sopravvissuto», compie il passo decisivo per la riscoperta di «The Wild Party», illustrandolo con oltre settanta disegni in una edizione uscita negli Usa cinque anni fa e che ora arriva in libreria per Einaudi - Stilo libero con una efficacissima traduzione di Gianluigi A. Ricuperati tpp.l 12, L. 16.000). E' uno di quei rari casi in cui si può usare alla lettera il verbo immortalare: Spiegelman lo spiega in una fulminante introduzione dove racconta le peripezie del libro ma soprattutto riassume il senso del suo lavoro. Oltre la nostalgia, oltre il rimpianto di quegli anni Venti che sono quintessenza di edonismo o passioni, il suo tratto fotografa sguardi e gesti che ammiccano all'oggi. «Forse è il tono di March a risuonare così bene in questi anni Novanta, nel suo equilibrio perfetto di concentrati in un bacio madornale, Burrs e Kate giacevano abbracciati. Ma sicuro né lui né lei gli davano valore: fiutavano il piacere, volevano godere. Si dibattevano, quindi si lasciavano. Risalivano all'aria, a respirare. Nei loro occhi un maremoto, nella stanza un terremoto: guardavano qua e là. All'improvviso a Kate venne da pensare: «Dove sarà finito quel brutto puttaniere?» Joseph Moncure March contusa innocenza e cinismo mondano», scrive. Risonanza è il termino piii appropriato per riconoscere ciò che del passato merita di essere traghettato fino al presente e, più oltre, consegnato ai posteri. Lui, che con «Maus» ha scandalosamente trasposto nel linguaggio dei fumetti la tragedia della Shoah, conosce i vettori . ^ della sLoria e i codici del postmoderno. Nei suoi disegni riconosciamo così le prime icone di Hollywood, Joan Harlow e prima ancora Clara Bow, quelle eroine in bianco e nero che si fecero strada dai bassifondi senza modelli da imitare, creando una nuova sintassi erotica che torna o risuona fino a oggi. Insieme al jazz, ai revolver, e all'incanto fatale di una generazione perduta che ne ha precedute tante altre. " . I Vuole essere baciata. E allora, perché non mi pesca?» La abbracciò; il suo nome bisbligliò. Ma Queenie, lei, giocava un'altro gioco. Sgomento femminile, stupore infantile: «No! Ti piego! - ansimò, -Vattene via!» Lo spinse indietro, distolse il capo. «Ti credevo diverso» aggiunse dopo. [...] schifoso!» «Bene, - rispose lui, - ormai sono spacciato. Queenie se lo mangiò Se vuoi, prima di dire vai, sarò con gli occhi grandi, già andato». Queenie scosse la testa. Disse: Lui alzò il bicchiere, Alzò il bicchiere Queenie, e fecero cin-cin brindando, quella nuova amicizia festeggiando. Frattanto sul letto matrimoniale, gli occhi chiusi e beati nella stanza un terremoto: guardavano qua e là. All'improvviso a Kate venne da pensare: «Dove sarà finito quel brutto puttaniere?» Joseph Moncure March Bionde fatali e romantici gangster, whisky e baci, carezze e pugni: «The wild party», un noir in versi sull'età del jazz, con la ballerina Queenie e il clown Burrs: lo scrisse nel 1928 Joseph Moncure March, l'ha riscoperto Art Spiegelman, il disegnatore di «Maus»

Luoghi citati: Hollywood, Usa