Uniti nella lotta al cibo spazzatura

Uniti nella lotta al cibo spazzatura Uno speciale di Micromega Uniti nella lotta al cibo spazzatura Giacomo Mojoli DALLA carne ai formaggi, dall'olio al pesce, sino ad arrivare ài cereali e ai prodotti ortofrutticoli, il patrimonio gastronomico del Paese è stato scandagliato con grande dovizia giungendo, in alcuni casi, ad utilizzare un approccio metodologico di ricerca assai originale e globale. Una sola eccezione, forse: quella riferita alla mancanza di una sistematica, scientifica divulgazione di notizie sulle genealogie e sulle metodologie nella preparazione dei salumi in Italia che, come è popolarmente noto, rappresentano una sorta di emblema nazionale della nostra iiiimitabile biodiversità sensoriale. Non a caso, nel corso del tempo, i salumi sono stati la prova più manifesta dei tentativi di conservare a lungo le carni, sia bovine e sia, soprattutto, suine. Si è fatto ricorso alle tradizioni e ai metodi più antichi che, in rapporto a specifiche situazioni climatico-ambientali, si sono spesso generalizzati lungo tutta la Penisola.!...) Nell'antichità e in particolare nelle regioni ricche di sole era fortemente utilizzato il metodo dell'essiccamento per la produzione di «carne secca». Nei Paesi dove il sole era debole, come nell'Europa centrale, si ovviava a questo inconveniente con il calore del fuoco di legna resinosa, dando vita in questo modo alla tecnica dell'affumicatura. Nell'Europa del Nord, si sviluppò invece la salatura delle carni, come del resto in tutte le parti del mondo in cui il sale marino era facilmente reperibile. Tutto ciò in stretto rapporto con le abitudini del maiale, la sua evoluzio- La stagionatura el prosciutto ne genetica, il suo territorio d'insediamento e, soprattutto, la sua alimentazione e la tipologia del suo allevamento. Una storia antica, dunque, che ci riporta alle mappe di territori medioevali, dove si parla di «foresta da settecento maiali» di terre che non venivano coltivate e di bestie che vagavano allo stato brado. Epoche e luoghi dove i maiali, poco meno selvatici dei cinghiali, si nutrivano spontaneamente di ghiande, di castagne, di noci e di nocciole, di radici e di tuberi, scorrazzando praticamente liberi all'interno di un habitat, boscoso. E' proprio in questo contesto storico e ambientale, nelle singolari caratteristiche genetiche e comportamentali del maiale, che si sono determinate le condizioni per delineare le aree geografiche in cui alcuni prodotti derivati dalla carne suina sono divenuti poi tipici e regionali. Selezionati e forgiati da precisi ecosistemi e da particolari situazioni socio-economiche, i maiali acquisivano peculiari caratteristiche corporee in rapporto alla loro condizione di vita. Così, in alcune aree come il Piemonte e la Iombardia, disboscate in età altomedievale, i contadini e gli allevatori furono costretti a «stabulare» i loro suini. La conseguenza, dettata dalla quasi immobilità del maiale, fu che si ottennero animali dotati di molto grasso, con muscoli poco sviluppati e con le cosce non adatte ad essere trasformate in prosciutti. (...) Diversamente le aree boscose, quelle collinari e appenniniche, dal Friuli all'Emilia Romagna, sino ad arrivare alla Calabria, furono sempre realtà in cui il maiale continuò ad essere allevato allo stato semibrado, costretto sovente a correre rapidamente per sfuggire agli attacchi dei lupi e dei cani selvatici. Ricoverato raramente nei porcili delle cascine, per questo suo continuo movimento possedeva muscoli «magri» e scarsi di grasso, con cosce scattanti e tonificate, adatte per ottenere prosciutti piccoli e piuttosto appiattiti. Il numero di Micromega oggi in edicola contiene uno speciale sul •cibo come cultura e come politica», con interventi, tra gli altri di Bove, Petrini, Bonilli. Anticipiamo alcuni brani dal saggio di Giacomo Mojol i sulla storia della nord noria. La stagionatura del prosciutto

Persone citate: Bonilli, Bove, Giacomo Mojoli, Petrini

Luoghi citati: Calabria, Emilia Romagna, Europa Del Nord, Friuli, Italia, Micromega Uniti, Piemonte