IL SOMALO TORINESE

IL SOMALO TORINESE LO «SCANDALOSO» CONSIGLIERE IL SOMALO TORINESE Pietro Pelruccl IL piccolo scandalo sollevato a Torino dal consigliere comunale di origine somala Mohamed Aden Sheikh - il quale, chiamato a illustrare la macellazione rituale musulmana, s'è azzardato a citare alcuni precetti del Corano nell'originale arabo, prima che in italiano - è frutto di un equivoco. Quello di avere scambiato questa insolita figura di amministratore piemontese dalla pelle scura per un portavoce un po' esaltato dell'«orgoglio islamico». Mohamed Aden è un pacato, colto e poliglotta signore oltre i sessanta che prima di approdare al Consiglio comunale di Torino ha fatto parecchie cose: il dirigente di partito, il giornalista, il chirurgo, il ministro, il prigioniero politico, l'esule ed altro ancora. La sua esistenza potrebbe ispirare un istruttivo sceneggiato sui «nuovi cittadini» cui l'Italia comincia ad abituarsi. Vissuto fino a undici anni in seno a una comunità di pastori nomadi, ottenne solo da adolescente di andare a Mogadiscio e frequentare una scuola elementare, araba. Per continuare gli studi senza emigrare aveva una sola opzione, l'istituto magistrale italiano. Lo fece, così bene da guadagnarsi una borsa di studio in Italia e conquistarvi la licenza liceale. Incline alle lettere e alla politica, simpatizzante del Pei, si laureò in medicina a Roma e si specializzò chirurgo a Bologna, perché gli sembrò più sensato fare così. Tornato in Somalia, abbandonò il bisturi e il settimanale che animava nel '69, quando la giunta militare di Mohamed Siad Barre lo scelse quale capofila di un gruppo di tecnocrati cui affidare il compito di modernizzare il Paese in nome del socialismo. Diventati ministri, Aden e i suoi compagni fecero, soprattutto nel campo dell'istruzione e della sanità, cose entusiasmanti, persino un politecnico dove si insegnava in italiano; ma il loro flirt con i militari s'interruppe bruscamente nel 75. Nel 1982, malgrado l'immunità parlamentare, il futuro consigliere comunale sparì nel gulag tropicale di Siad Barre, dove nemmeno Anincsty International riuscì più a contattarlo. Per tirarlo fuori fu necessario nel 1990 procurargli un invito in Italia firmato da Giulio And reni ti in persona. Aden era da pochi mesi a Roma quando la Somalia precipitò nel baratro di violenza autodistruttiva in cui ancora si dibatte. Allergico com'è alla sopraffazione e al settarismo che regnano nel suo Paese, si è ricostruito una vita a Torino. Dotato di passaporto italiano, a chi lo tratta con supponenza da «extracomurutario» risponde col sorriso sulle labbra e con un vago e involontario accento torinese, frutto - credo - del suo straordinario orecchio per le lingue. Se costretto, cita André Gide: «Meno il bianco è intelligente e più ritiene stupido LI nero».

Persone citate: André Gide, Giulio And, Mohamed Aden, Mohamed Aden Sheikh, Mohamed Siad Barre, Siad Barre