18 BRUMAIO IO l'invenzione del golpe di Giorgio Boatti

18 BRUMAIO IO l'invenzione del golpe Duecento anni fa Napoleone inaugurò il colpo di Stato moderno. Da allora è stato tutto un putsch. L'ultimo? A tra poco 18 BRUMAIO IO l'invenzione del golpe Giorgio Boatti COLPO di stato o golpe, pronunciamento o putsch: muta il nome ma la sostanza non cambia. Sem I mai l'mterrogativo - a duecento anni dal quel 18 brumaio con cui Napoleone mette in scena la prima, magistrale esecuzione moderna dello.scippo del potere politico da parte della forza militare può essere uno solo. Assolutamente semplice: dove spunterà l'ultimo dei numerosi e pervicaci nipotini del bonapartismo? Perché sicuramente - prima che questo nostro secolo si concluda, che bruci le sue ultime, residue settimane - in una delle capitah africane, in qualche periferico brandello dei Balcani, in un lembo dell' Asia o del Sud America, si ripeterà il copione che s'era già visto in scena nel 1799, nella Parigi autunnale nella quale irrompe il grande Corso. E' quando Napoleone determinato nel disobbedire agli ordini che lo vorrebbero lontano da Parigi, irridente alle disposizioni che gli impongono la quarantena, fulmineo nel tessere le nuove alleanze e giocare in una manciata di giorni il suo gioco d'azzardo fa defl'Orangerie il palcoscenico di un evento che sotto altri cieli, in altri anni, è stato poi ripetuto infinite volte. Tra i replicanti quel suo nipote, Luigi Bonaparte, Napoleone «il piccolo» secondo la sprezzante definizione di Victor Hugo, che nel 1851 trasforma con un colpo di mano la presidenza della repubblica francese, assunta tre anni prima, nel regime capace di portarlo passo dopo passo al trono imperiale. Attraverso una metamorfosi politica - genialmente descritta dà Karl Marx nel 18 brumaio di Luigi Bonaparte - che lo conduce a diventare Napoleone III. Lontanissime, forse ormai indecifrabili per i nostri anni frettolosi e brutali, le raffinate ed estenuanti deliberazioni dei Cinquecento tacitati e dispersi dai granatieri arringati da Napoleone a cavallo. Velocemente dimenticate (del resto non è forse morto Marx e tutto il suo pensiero?) anche la scoppiettante analisi marxiana delle forze in campo nella Parigi di metà Ottocento. Eppure il «bonapartismo» non è rimasto rinserrato nei confini del secolo scorso. Al contrario: nel nostro secolo ha fatto ripetute e devastanti irruzioni. E il suo prendere posto nella storia sia venga filtrato dalla cristallina evocazione marxiana che fa di ogni golpe il risultato di un più vasto conftiggere di fattori politici, sociali ed economici, o si presenti con il volto «tecnico» con cui Curzio Malaparte, nel suo libro pubblicato a Parigi nel 1931, asserisce che «il colpo di Stato moderno è un problema di ordine tecnico: l'insurrezione è una macchina, occorrono dei tecnici per metterla in moto, dei tecnici per arrestarla» - ha risparmiato ben pochi popoli. Intrecciando infatti cronologie e scacchieri planetari sarebbe più facile enumerare le poche Nazioni che nel Novecento non hanno conosciuto né colpi di stato né putsch piuttosto che rammentare tutti gli altri Paesi che hanno dovuto segnare, nella loro storia, il fumineo imporsi di una leadership legittimata dalla sua stessa forza. E, spesso, sorretta da un' esplicita e brutale violenza dispiegata in sostituzione di un potere sovrano, di istituzioni legittimate dal consenso, dalla tradizione, da patti costituzionali. Ogni Paese ha le sue specificità e ogni colpo di stato, colpo insurrezionale o putsch si definisce con connotazioni proprie, difficili non solo da classificare ma passibili anche di spiazzanti riletture. Tanto per capirci quella che per qualcuno è ancora la «Rivoluzione d'Ottobre» e la presa insurrezionale del Palazzo d'Inverno per altri Malaparte in primis e poi i tanti che si sono espressi nell'ultimo decennio, dopo il crollo del socialismo reale - sarebbe il capolavoro della tecnica golpista-insurrezionale di Trotzki. Per rimanere ancora nella vecchia Europa trovare affinità tra due golpe - il pronunciamento con cui il generale Franco mette la museruola per decenni alla Spagna e il colpo di stato col quale, a metà degli Anni Settanta, i giovani colonnelli portoghesi, già repressori nelle colome, impongono la «rivoluzione dei garofani » in madrepatria - non è possibile. E tra la marcia su Roma di Mussolini, i quarantacinque giorni della dittatura militare di Badoglio e le elaborazioni golpiste delineate dal «Piano Solo», redatto negli Anni Sessanta dal comando generale dell'Arma dei Carabinieri, qualche differenza permane. Di specifico, nella storia recente d'Italia, c'è forse l'utilizzazione - su una scacchiera politica animata da mosse speculari, occupata da antagonisti che giocano ad assomigliarsi - del «fantasma del golpe». Non solo il rumore di sciabole del povero generale De Lorenzo ma anche i tentativi autoritari denunciati come minacciosamente incombenti da fonti autorevolissime verso la metà degli Anni Settanta e poi, appena s'approdò ai governi di unità nazionale, misteriosamente obliati. Per tornare all'Europa: un confine ma quale? - certamente separa i colpi di mano di Tsankoff nella Bulgaria del 1923, quello di Zogu nell'Albania degli Anni Venti, dell' ammiraglio Horthy in Ungheria o del maresciallo Pilsudski in Polonia dall'imposizione - in quest'ultimo paese - della legge marziale da parte del generale Jaruzelski nel dicembre del 1981. E altra cosa ancora è il golpe dei colonnelli l^ci, nel 1967. Fuori d'Europa il colpo di stato assume la maschera del pronunciamento delle giunte latino americane, le mani insanguinate dei generali cileni e argentini e prima ancora brasiliani, boliviani, colombiani. Per non parlare dei putsh post-coloniali, teleguidati da Washington, da Londra o da Parigi, in Asia e in Africa. Al tempo della Guerra Fredda sull'altro versante, quello anti-occidentale, non si fa di meglio. Il bonapartismo, studiato dai quadri del Komintern e del Kominform (non a caso gli alti ufficiali dell'Armata Rossa nell'era staliniana vengono rimossi, processati e mandati al plotone d'esecuzione perché in odore di «bonapartismo»), nell'era della decolonizzazione è riversato - attraverso le Università Lumumba e altri centri di formazione - nel bagaglio politico e culturale dei quadri militari del Terzo Mondo. Lì ha deposto semi che continuano a fruttificare. Probabilmente, prima che s'arrivi al 2000, l'ultimo golpe del secolo spunterà sotto quelle latitudini. Sarà il solito copione. Una base militare che s'illumina nel bel mezzo della notte. Rombare di aerei e corazzati. Truppe d'elite che circondano i palazzi del potere. Battito di elicotteri nel cielo notturno a scandire la fuga di qualche perdente. Apparentemente simile, in realtà infinitamente lontano, da quei reduci della rivoluzione che i cavalieri di Napoleone inseguono nei giardini dell' Orangene. gboatti@venus.it Dopo quel fulmineo gioco d'azzardo il «bonapartismo» è dilagato nel nostro secolo. La «Rivoluzione d'ottobre» quella dei garofani, la marcia su Roma, la Bulgaria del '23, i colonnelli greci... Ora aspettiamo l'Africa per aprire il2000 Atene. 23 aprile 1967 carri armati circondano il Parlamento greco Foto in alto Varsavia, dicembre 1981 i blindati di Jaruzelski impongono alla Polonia la legge marziale