«Gente di Grozny, ribellatevi ai guerriglieri, vi aiuteremo»

«Gente di Grozny, ribellatevi ai guerriglieri, vi aiuteremo» Secondo il capo di Stato Maggiore nella capitale cecena si sono rifugiati 6 mila «terroristi»: «A metà dicembre sarà tutto finito» «Gente di Grozny, ribellatevi ai guerriglieri, vi aiuteremo» II comando russo gioca la carta dell'insurrezione per evitare un bagno di sangue AnnaZafesova MOSCA I militari russi non prenderanno Grozny. La capitale cecena si arrenderà da sola, come è già accaduto ad altre città che, pur di far cessare i bombardamenti russi, hanno aperto le porte ai soldati di Mosca. Lo ha annunciato ieri il capo dello Stato Maggiore Anatolij Kvashnin, considerato il principale stratega di questa guerra. Intervistato dalla televisione russa «Ntv», il generale ha negato di avere nei suoi piani un assalto a Grozny: «Sarà come a Guderniose Achkhoj-Martan», ha detto. Le due città cecene si sono arrese dopo intensi bombardamenti e negoziati tra i militari russi e gli anziani del luogo. Ora Mosca spera che lo schema si ripeterà anche nel resto della Cecenia, e soprattutto a Grozny, dove secondo i dati russi sono concentrati 6 mila «terroristi», e dove l'esercito teme la ripetizione della drammatica disfatta del '95, che costò all'ex Armata Rossa centinaia di vite. Kvashnin ieri si è lanciato in previsioni ottimiste: «I civili che vivono a Grozny affronteranno i banditi in prima persona, e noi li aiuteremo». Praticamente un appello alla rivolta, che però per ora non trova nessuna conferma nella realtà. Ma i militari e soprattutto i politici hanno fretta di conseguire una vittoria sul campo, possibilmente prima delle elezioni alla Duma del 19 dicembre prossimo. Il capo di Stato Maggiore è convinto che la resa della Cecenia sia ormai questione di pochi giorni: ieri ha annunciato che entro il 15 dicembre le truppe federali concluderanno l'operazione militare e si ritireranno dalla Repubblica ribelle. I successi militari dei russi comunque sono consistenti. Negli ultimi dieci giorni le truppe di Mosca hanno occupato una decina di città e villaggi. Il CancelliSchroedesubito l'La guerra anon è un lotta al te re tedesco «Fermate offensiva un popolo metodo di rorismo» Ormai le uniche due roccaforti degli indipendentisti sono Grozny e Urus-Martan, considerata un centro di fondamentalisti islamici e di bande specializzate in sequestri. Questa città a 20 chilometri a Ovest dalla capitale viene bombardata 15 volte al giorno e, secondo i russi, la sua resa è questione di tre-cruattro giorni. Per quanto riguarda Grozny, è quasi circondata dalle truppe russe: Mosca parla di un accerchiamento all'80%, i ceceni insistono sul 60%. La capitale e i suoi dintorni vengono bombardati con aerei e artiglieria. Secondo gli indipendentisti, 13 persone sono rimaste uccise ieri da missili terra-terra. E il leader ceceno Aslan Maskhadov afferma che dall'inizio del conflitto, nel settembre scorso, sono rimaste uccise 3600 persone e più di 5 mila sono rimaste ferite. Cifre che hanno spinto i leader occidentali a rinnovare, dopo il vertice Osce a Istanbul, le proteste contro la guerra in Cecenia. Ieri Gerhard Schroeder ha chiesto al Cremlino di «fermare immediatamente» i combattimenti e «cercare subito una soluzione politica accettabile». Il cancelliere tedesco ha dichiarato di comprendere la necessità di lottare contro i terroristi, ma - ha ammonito - «la guerra contro un intero popolo e attacchi indiscriminati contro i civili non sono metodi ammissibili». Un appello che, come i precedenti, ha lasciato Mosca sorda, Anzi, Vladimir Putin ha replicato accusando l'Occidente di essere mosso da motivi lontani da quelli umanitari: «Alcuni Paesi stranieri vorrebbero una ripartizione geopolitica globale per prendere il controllo sulle ricchezze del Sud dell'ex Urss». Il premier, che ha visto crescere là sua popolarità da 0 al 42 per cento grazie alla campagna anticecena, ha promesso di nuovo che Mosca continuerà la sua battaglia fino alla liquidazione di tutti i «terroristi». Il Cancelliere tedesco Schroeder: «Fermate subito l'offensiva La guerra a un popolo non è un metodo di lotta al terrorismo»

Persone citate: Anatolij Kvashnin, Aslan Maskhadov, Gerhard Schroeder, Kvashnin, Schroeder, Vladimir Putin