Un nano per Cipri e Moresco di Tiziana Platzer

Un nano per Cipri e Moresco Un nano per Cipri e Moresco «Ancora mafia, tra Sicilia e America ma stavolta è una storia tutta comica» Tiziana Platzer TORINO «Il jazz non può vivere di cinismo, ne verrebbe distrutto. Le immagini, invece, sono abbastanza forti per poterselo permettere». La riflesione è di Steve Lacy, il grande jazzista americano a cui è capitato di incrociare sulla propria strada artistica Daniele Cipri e Franco Maresco. Un pensiero che ha ben ragione d'essere, dunque, eppure questa volta il duo amorale palermitano ha accantonato lo stile cinico-tv. Tutto per amore di Duke Ellington. Tutto per realizzare il documentario-omaggio al mitico «Duke» presentato al Torino Film Festival. A reinterpretare dieci brani del mito jazzistico è proprio Steve Lacy, cìie all'inizio delle pellicola racconta di aver scoperto il primo disco dell'orchestra di Duke Ellington a 12 anni: «E' cominciata in quel momento la mia avventura nella musica». Un debito che anche Cipri e Maresco hanno voluto in qualche modo onorare, loro da sempre appassionati del mondo del jazz, che quasi naturalmente porta il discorso sull'America. Almeno di una certa America, che sarà la protagonista del prossimo film, «I migliori nani della nostra vita», che uscirà alla fine dal prossimo anno. Ma perché volevate andare a tutti i costi oltreoceano? «Perché siamo cresciuti nel mito del cinema classico americano, del noir, che ha come colonna sonora naturale il jazz» spiega Daniele Cipri. «E se non lo facevamo alla nostra età, non lo avremmo più fatto». Le riprese avverranno in parte a Palermo e in parte divise tra la periferia di New York e Detroit. Chi sono questi nani? «Sono dei nani veri - racconta Franco Maresco -. La partenza del film è con un nano solo, che ha il merito di salvare la vita a un uomo che vive di piccoli espedienti, e che scopre poi quanto questo nano sia superdotato. Nasce così un mercato di particolari gigolò, una sorta di circo Barnum piuttosto orrorifico». La musica sarà ancora di Steve lacy. Forse, a dire il vero, perchè il musicista non ha ancora letto il copione, e qui il cinismo non sarà risparmiato. «Ma il rapporto con Cipri e Maresco - dice Lacy in perfetto italiano - si sta consolidando, e io mi fido delle loro proposte». I due autori nel marzo Duemila saranno anche protagonisti di due retrospettive a New York: che effetto fa? «Ancora non ci abbiamo pensato. D'al¬ tro canto il nostro è un cinema talmente estremo che questi riconoscimenti sono quasi d'obbligo. La curiosità è di sentire cosa ne pensa il pubblico straniero». Cosa pensa invece Steve Lacy di Palermo, città dove ha incontrato per la prima volta nel '96 i due registi italiani? «E' una città complicata, è l'alto e il basso, è l'ampio e lo stretto, il pericoloso e il piacevole. Come anche Torino è una città speciale, alemeno per me. E' la città dove nel '66 è nato il free jazz, e io c'ero». Qual è il punto di vista di Cipri e Maresco rispetto alle proposte nostrane al festival? «Il cinema italiano è di una bruttezza tale che qualunque rassegna fa fatica a rappresentarlo». E la risposta è naturalmente a due voci. E nel documentario dedicato aDukeHellington Steve Lacy con dieci brani rende omaggio al mitico jazzista Cipri e Maresco ieri di scena al Torino Film Festival

Luoghi citati: America, Detroit, New York, Palermo, Sicilia, Torino