Nel giardino incantato degli asciugacapelli

Nel giardino incantato degli asciugacapelli A Milano arte e nuove tecnologie si sposano in una singolare mostra interattiva Nel giardino incantato degli asciugacapelli Gli oggetti della modernità rivivono nell'installazione di Hoberman , Rocco Moliterni inviato a MILANO ANCHE la tecnologia può creare la magia di un giardino delle favole, solo che nel 2000 non sono Ipiù i trucchi d'una fata turchina ad incantare ma la «resurrezione» di oggetti della vita quotidiana scomparsi da pochi decenni. E' quanto avviene allo Spazio Oberdan, dove l'artista americano Perry Hoberman ha portato per la prima volta in Italia la sua installazione il Giardino di Faraday, omaggio al padre dell'elettromagnetismo. E' un sogno (o un anche un incubo): cammini tra fili elettrici e rivedi sugli scaffali, come se ti trovassi a un mercatino delle pulci o in una soffitta, il frullatore, l'asciugacapelli Anni 60, il giradischi a 45 giri. Il semplice muovere un passo anima gli oggetti: sono sensori sul pavimento a dare il via al gracchiente microsolco o alla radio portatile di papà. Il matrimonio fra oggetti della memoria «moderna» e nuove tecnologie - è un computer che sovrintende al tutto - crea un cocktail emozionante e ti ritrovi come un bambino ad aver voglia di andare su e giù nella stanza per far funzionare il maggior numero di oggetti (ce ne saranno più di cento). E' un viaggio nel tempo e nelle case che hai attraversato e non vorresti che finisse mai: ti sembra, come in un film, di rivedere le scene della vita famigliare che a quegli oggetti sono state legate. Il giardino di Faraday è una delle sette installazioni che compongono al mostra «Tedine, tra arte e tecnologia, viaggio nel mondo delle videoinstallazioni» (rimarrà aperta fino al 27 febbraio). Oltre ai marchingegni di Hoberman ci sono le suggestioni interattive dello Studio Azzurro, ispirate alla Battaglia, di San Romano di Paolo Uccello. Qui tra foglie sparse e collinette di plastica basta battere le mani perchè spuntino (in video)guerriglieri e cespugli di canne. Steina Vasulka gioca invece a decomporre e a ricomporre la figura del visitatore con l'occhio di telecamere che ruotano e sembrano cannocchiali di Galileo: restituiscono la tua immagine su una scacchiera di monitor. Un'altra sequenza di monitor dà l'affanno del correre in campagna nella videoinstallazione di Robert Cahen. E il sussultare del cuore (un sensore viene collegato ad un lobo dell'orecchio) scuote i sassi di plastica di Piero Guardi, un passato nell'Arte Povera. Impossibile invece provare Cambiente emotivo» della realtà virtuale di Mario Canali: può capitare che dopo esserti bardato di sensori e guanti e cuffie l'apparecchio faccia ci lecca. Anche questo combina la tecnologia. , Un giradischi del primi Anni 60: è tra gli oggetti che rivivono nell'installazione di Perry Hoberman crimrt

Persone citate: Hoberman, Mario Canali, Oberdan, Paolo Uccello, Perry Hoberman, Piero Guardi, Robert Cahen, Rocco Moliterni

Luoghi citati: Italia, Milano, San Romano