La vana ricerca della spiegazione totale di Piero Bianucci
La vana ricerca della spiegazione totale Lo studioso davanti alla «Theory of Everything», una legge valida dall'atomo all'universo La vana ricerca della spiegazione totale Piero Bianucci L La vanaA chiamano Theory lof Everything. In italiano Teoria di Tutto. Ma suona male, è uno di quei casi in cui l'espressione inglese aggiunge fascino come i tacchi a spillo a Onetta Berti. Con Theory of everything si intende un sistema di pochi concetti in grado di interpretare la realtà dalle particelle subatomiche al cosmo intero in modo coerente e in accordo con l'esperienza di ciò che osserviamo. Chi riuscisse in una impresa simile avrebbe gloria imperitura. Non c'è da stupirsi, quindi, se la Teoria di Tutto è il grande sogno dei fisici teorici. Con rare eccezioni. Tullio Regge è una di queste. Il suo ultimo libro, L'universo senza fine, nonostante il sottotitolo «Breve storia del Tutto: passato e futuro del cosmo», sostiene proprio che qualsiasi pretesa di descrivere la realtà in modo globale e definitivo è sterile, viziata da un difetto logico (Goedel insegna) e destinata a perdersi nella metafisica. Partendo dal sistema tolemaico con la Terra al centro dell'universo, passando per le rivoluzioni di Copernico, Newton e Einstein, viaggiando dai pianeti alle stelle alle galassie ai buchi neri, in meno di 150 pagine Regge sintetizza la -josmologia e la fisica subnucleare, due discipline strettamente intrecciate perché si illuminano a vicenda. La cosmologia ha come riferimento il modello del Big Bang, oggi accettato dalla schiacciante maggioranza della comunità scientifica nonostante le resistenze di un manipolo di eretici. La fisica subnucleare ha come riferimento il Modello Standard: una sorta di Tavola Periodica delle particelle elementari che nelle sua descrizione del microcosmo ha avuto fino- ra un grande successo sperimentale. Entrambi i modelli tuttavia hanno limiti e difetti, e Regge non manca di sottolinearli. La spina nel fianco dei fisici è la forza di gravità. Per ora non c'è verso di metterla d'accordo con la meccanica dei quanti. Così il macrocosmo, dominato dalla gravità e descritto dalla Relatività generale di Einstein, rimane separato dal microcosmo, descritto dalla teoria sviluppata da Planck, Bohr, Heisenberg e altri. La sola speranza che si vede all'orizzonte è forse rappresentata dalle «stringhe», minuscoli oggetti un miliardo di miliardi di volte più piccoli di un nucleo atomico che vibrando potrebbero generare tutte le particelle e e totale tutte le forze della fondamentali della natura. E l'uomo? Che posto ha nell'universo? Regge non si nasconde che «se ci guardiamo attorno scopriamo una serie impressionante di coincidenze che rendono possibile la nostra esistenza e che paiono opera di una mente superiore». Sulla base di questa osservazione c'è chi ha proposto il cosiddetto «principio antropico»: l'universo sarebbe finalizzato alla comparsa della vita intelligente, e quindi dell'uomo. E' una prospettiva che Regge respinge, contrapponendole il «principio totalitario», secondo il quale tutto ciò che in natura non è proibito e obbligatorio, e prima o poi accade: «se consideriamo un universo infinito ed eterno ci rendiamo conto che anche le sequenze più improbabili di eventi possono e anzi debbono verificarsi nella storia universale senza che questo implichi una genesi divina». Come sempre, il confine tra ciò che si sa, ciò che si crede di sapere e ciò che si crede e basta, è sottile. La meccanica dei quanti e la forza di gravità Due interazioni che è difficile mettere d'accordo
Persone citate: Bohr, Copernico, Einstein, Goedel, Heisenberg, Newton, Planck, Tullio Regge
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