Canzoni, memorie di vita quotidiana di Maurizio Cucchi
Canzoni, memorie di vita quotidiana Canzoni, memorie di vita quotidiana Maurizio Cucchi LE canzoni sono una presenza continua e spesso invadente nella nostra vita. Andiamo al bar ppr un cappuccino e siamo costretti ad ascoltare Una vitada mediano. Abbiamo magari un moto di stizza e poi, mentre ci facciamo la barba, ci sorprendiamo a cantare mentalmente una canzone che non ci piace. Siamo costretti, insomma, a fare i conti con questo simpatico genere di intrattenimento, che è diventato la funzione espressiva per eccellenza del quotidiano varietà in cui siamo immersi. E i conti li fa con molta disinvoltura e precisione anche Edmondo Berselli, parlandoci di alcuni «eroi» della musica leggera degli ultimi quarant'anni. Ecco allora i raspanti Mina e Celentano degli esordi, l'arguto «capellone» Shel Shapiro dei Rokes, Lucio Battisti e i suoi prodi parolieri Mogol e Panella, i'imrlante» e «budellone» Vasco Rossi «pelato», il suo opposto Claudio Baglioni «stilizzato», per finire con Max Pezzali e gli 883. L'approccio di Berselli mi sembra quello giusto, poiché tratta l'argomento in modo brillante e adeguato all'oggetto, e cioè con molta scioltezza e vivacità divertita, come quando ci dà un efficace ritratto dell'impavido Vasco Rossi: «Brutalmente privo di memoria, vive in un mondo tutto artificiale. Si costruisce un look funzionale alla sua figura di rockstar, con il cinturone sui jeans, l'inevitabile "chiodo" [...), le basette disegnate a coltello, in ultimo anche la barbetta da gerarca». Berselli, peraltro, non manca di affetto ed anche ammirazione in questi suoi ritratti, nei quali il personaggio e il cantante sono un tutt'uno; e scherza fino a un certo punto, vale a dire più nei modi che nella sostanza. Giustamente, per esempio, definisce Celentano «apocalittico ma perfettamente integrato», dicendo che è «il grande anticonformista totalmente intriso di conformismi", e aggiungendo che lui e Mina si sono messi insieme in un disco «con trent'anni di ritardo, con niente da dire, ma con un mercato, o un supermercato». D'altra parte - dico io - i cantanti leggeri erano un tempo personaggi usa e getta, che duravano due o tre estati. Adesso restano in scena una vita e dobbiamo tenerceli. Naturalmente Berselli cerca di leggere il costume attraverso le canzoni, che nella loro elementarietà espressiva rispecchiano in modo nitido e non complesso la realtà del loro tempo, il passaggio attraverso gli anni. Le canzoni sono un po come i vestiti: dal taglio si riconosce subito ii decennio, a volte persino l'anno a cui appartengono. Spesso ascoltiamo volentieri quelle del passato, perché si legano a un ricordo, ci riportano un sentimento o ci hanno fatto cantare. Vanno prese con leggerezza, perché sono cose fragili e piacevoli, leggere e ammiccanti. L'autore di Canzoni ci ricorda tra l'altro l'altro «che la musica pop è tutta uguale, che non c'è quella più "avanzata" e quella più retrograda, che non è questione di avanguardie ma di industria e di mercato, oltre che ovviamente di gusto». Tratta insomma l'argomento con interesse ma senza l'enfasi imbarazzante che spesso circonda i «grandi» della canzone. Kiimmulii lWt-M>lU t.Umvom v- . . II. , Edmondo Berselli Canzoni. Storie dell'Italia leggera Il Mulino Pagine 190. lire 18.000
Luoghi citati: Italia
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