Se l'Italia perde terreno l'inflazione non c'entra

Se l'Italia perde terreno l'inflazione non c'entra OLTRE LA LIRA Se l'Italia perde terreno l'inflazione non c'entra IL ritorno dell'inflazione al 2% (sulla base dei dodici mesi trascorsi) ha fatto una certa impressione. E' un buon segno: significa che si è diffusa la convinzione che, legati come siamo da una stessa moneta agli altri Paesi dell'area dell'euro, non è rilevante il dato assoluto (il 2% in effetti è una inflazione ancora contenuta), quanto il suo scostamento dall'inflazione dei Paesi partner. Capito questo, che comunque segna un buon passo avanti verso l'uscita dalla nostra storica cultura inflazionista, analisi, interpretazioni e conclusioni sono risultate spesso opinabili e talvolta addirittura bislacche, creando non poca confusione di idee. Le rigidità in primo luogo. Ormai vengono agitate come la sentina di tutti i mali d'Italia. Che il nostro sistema - in ogni suo aspetto - sia afflitto da eccessive rigidità, culturali ancor prima che normative ed operative, non può esservi alcun dubbio. Ma qualche dubbio è lecito quando le si invocano per spiegare il divario di inflazione rispetto ad altri Paesi. L'inflazione misura la variazione dei prezzi tra due diversi momenti; e nei discorsi di questi giorni emerge la preoccupazione per il fatto che rispetto ad un anno fa i prezzi in Italia siano aumentati un po' più della media europea, e più significativamente rispetto a Francia e Germania. Nel breve arco di un anno le rigidità non possono cambiare in misura apprezzabile e, tanto meno, aumentare; di fatto sono una costante, la quale determina dei sovrapprezzi sostanzialmente costanti nel tempo e che, di conseguenza, hanno poco o nulla a che fare con l'inflazione. Per fare un esempio assai attuale, la benzina costa oggi 60-70 lire più che in Francia ma 60-70 lire in più costava anche un anno fa. E' il prezzo della inefficienza della rete di distribuzione che non è cambiato; non è da lì che viene l'inflazione. In secondo.luogo, qualche considerazione sulla competitività. Che una inflazione più alta di quella dei partner commerciali determini una minore competitività è una osservazione tautologica e fuorviarne nello stesso tempo. Un prezzo più elevato, infatti, riduce la competitività di un bene o di un servizio, ma la competitività non è data solo dal prezzo. Contano anche, e spesso soprattutto, la qualità, l'innovazione, i servizi di assistenza, le garanzie ai compratori. Di conseguenza, si può guadagnare ■ competitività anche con prezI zi che salgono, o perderne anche con prezzi che scendono. La nostra inflazione e le differenze con quella degli altri sono argomenti che non possono essere ridotti a termini schematici come quelli delle «rigidità» senza il rischio di lasciare in ombra qualcosa di importante. Una riflessione meno sbrigativa, infatti, mette in evidenza che la nostra inflazione è più elevata anche per una scarsa capacità di recuperare e compensare costi che aumentano, da quelli unitari del lavoro (che, seppur lentamente, crescono nel tempo, com'è naturale che sia) a quelli dell'energia e delle materie prime. In sintesi, occorre chiamare in causa la produttività, che in Italia cresce meno che in altri Paesi (dati puntuali a questo riguardo sono stati pubblicati dalla Banca d'Italia). Se non cresce la produttività del lavoro e degli altri fattori della produzione, l'aumento del loro costo deve essere necessariamente trasferito sui prezzi, determinando inflazione e perdita di competitività dei beni e dei Servizi prodotti. Il motivo per cui in Francia o in Germania l'inflazione è più contenuta - anche se, come in Italia, molti costi sono aumentati - è, appunto, che in quei Paesi la produttività cresce di più (al punto che l'incidenza del lavoro sul costo dei benin prodotti è diminuita, anche se i salari unitari non sono* stati certo tagliati). Il sistema produttivo italiano si è a lungo distinto per il conseguimento di incrementi di produttività assai rilevanti, ma sta risultando in affanno proprio da quando, con la moneta unica, si è determinato un ambiente operativo del tutto nuovo all'interno del quale la capacità di accrescere la produttività dei fattori della produzione è diventata più che mai cruciale ai fini della competitività della produzione stessa e del controllo dell'inflazione. E', questo, un fatto nuovo che merita un approfondimento maggiore di quello che uffici studi e centri di ricerca gli vanno dedicando, altrimenti sulle cause della nostra maggiore inflazione si continuano a propinare sentenze sempre meno convincenti, sempre più fuorviami e, in definitiva, sempre più inutili. ph^

Luoghi citati: Francia, Germania, Italia