In marcia con la devozione per l'antica via Francigena

In marcia con la devozione per l'antica via Francigena LA STRADA DEI PELLEGRINI VERSO IL GIUBILEO In marcia con la devozione per l'antica via Francigena reportage Marco Neirotti PASSARONO di qui. Taluni a cavallo, altri in sella a un mulo, i più a piedi, con sandali, cappello a larghe tese, bisaccia benedetta e bastone. Tutti partirono dopo aver dettato testamento, non sapendo se sarebbero tornati. Passarono a centinaia di migliaia, viandanti della via Francigena che da Calais percorre la Francia, scavalca il San Bernardo o il Moncenisiò c scende a Roma, torcendosi fra i monti e tagliando i fiumi. La ripercorriamo oggi, a ritroso, questa via medievale, di sola devozione all'inizio, poi di scambi commerciali e passaggi di culture, tanto da anticipare l'Europa. Non a piedi ma in Land Rover, per iniziativa della «World Communication», alla ricerca del passato in paesi e città del presente, in vista del Giubileo Duemila. Giornalisti sguinzagliati su strade dai nomi evocativi: via Romea, dell'Ambra, Petrina, dei Normanni. La Francigena è la più nota. Già la raccontò Sigerico, nel diario del ritorno a Canterbury da Roma, nel 990, dopo aver ricevuto da Giovanni XV il «pallium» arcivescovile. Una strada che perse viandanti ma li riacquistò dopo il primo Giubileo del 1300. Direttrice anche verso Gerusalemme o Santiago do Compostela. Mesi di cammino, per noi una settimana d'auto. Lazio, Toscana, Emilia, Piemonte. Molti paesi - allora mete ambite prima del buio - sono nomi che scorrono oltre il parabrezza. Eppure in alcuni tratti è come risalire controcorrente una fiumana virtuale, che puoi immaginare su frammenti di sterrato o nei resti di antichi «spedali», - in borghi circondati da quartieri industriali, in archivi, luoghi sacri. Sono folle in marcia in sovrimprossione davanti a manifesti che, come a Caprarola, di fronte all'immenso Palazzo Farnese, annunciano foste di fine millennio. a Andiamo anche noi per tappe, partendo da una gelida piazza San Pietro. Ma un diario di bordo sarebbe sterile, trasferimenti senza tracce oppure lunghe soste, tra alberghi e stanzette di conventi. Più che tutto serve misurarsi con la fiumana immaginaria e l'attuale promozione turistica, i finanziamenti perii Giubileo, la passione storica. Caprarola su uno sperone di tufo, Fabricu di Roma dalle strade e le mura muschiose, Sutri, Capranica e tanti paesi. Ma chi ancora aspetta pellegrini? CaStell'Azzara, nel Grossetano, si prepara. Sotto il paese c'è la villa cinquecentesca di Alessandro Sforza. A duo passi dallo Stato pontificio, sulla linea della Francigena, pare un avamposto da guarnigioni. Mentre gli operai lavorano ai restauri (oltre cinque miliardi investiti), vedi medievali pellegrini più spauriti che stanchi, perché siamo di fronte a Radicofani, teatrp di gesta di Ghino di Tacco, «rubatore delle strade», predone di viandanti. Questa villa ha subito nel tempo gli affronti di predatori moderni. Ora l'amministrazione comunale la recupera: ostello con sessanta posti letto, camere con servizi, saloni, ristorante. E dopo il Giubileo? Forse un centro congressi. Ancora paesi. Ad Abbadia San Salvatore trovi orme di Sigerico e un puzzle di fogli da scuola, nell'atrio della chiesa, racconta una tipica «stazione». Poi Piancastagnaio, Acquapendente, con le insegne gialle che indicano tra i campila .«.via Francigena». Eccoli, in mezzo a questo vento, i viandanti con il bastone che si spaventano per lupi 6 briganti. Al loro posto ci sono ora due mansueti cani e il padrone della cascina, ma le pietre lisce evocano passi. Chiese e monumenti. A San Quirico le tracce di una grande «stazione». A Castiglione d'Orcia voci del passato. Qui c'è gente che scava e lavora per valorizzarle. I pellegrini li reincontri perfino al ristorante, mangiando acqua cotta, cioè fagioli, pane raffermo, bietole, con un uovo dentro. Piatto tipico ora, sostegno per i passatiti del Medioevo. C'è tradizione óVunque, come nei canti propiziatori che nella notte fra il 30 acrile e il 1 "maggio si spargono per i campi: «La campagna qui ci invita / allegramente a passeggiare / ci fa il cuore rallegrare/ nel vederla così fiorita / la campagna qui ci invita». C'è Lorenzo il Magnifico nel modello di questi versi. Ma quando ti mostrano la rocca di Tintinnano, espugnata grazie a un traditore, ti indicano dall'alto le antiche strade: passarono di qui, anche San Francesco. Ancora avanti, seguendo l'arcivescovo di Canterbury. San Miniato gestisce il suo contenuto turismo, tutto artistico. E, mentre si parla di Giubileo, ospita le riprese di un film: «La strega Gostanza», processata e torturata nel '500, poi assolta. Barberino Val d'Elsa, Montespertoli. E Altopascio. C'è ancora il vecchio «spedale». Eccoli ammassati nelle sale, i pellegrini, sfamati con poco. Ciascuno ritira la sua «pistecchia», specie di tessera che dà diritto al sostegno. Ce ne sono diverse, secondo il censo: chi ha l'indispensabile, chi anche un buon vino. E oggi la Pro Loco le riproduce per offrirle a chi passerà. Cittadina di industrie, cittadina famosa per i panificatori, cittadina di dissidi (parte della vecchia struttura religiosa è ostàggio di contese poco religiose e molto terrene), cittadina di transito e molta storia, Altopascio fa suonare il 25 luglio, festa di San Giacomo, l'antica campana, «la smarrita». Oggi la sentono uscendo dalle fabbriche, allora la sentivano viandanti che vediamo aggirarsi, nel buio, nell'umido, nell'incertezza, fra le paludi: indica i passi prima del peggio. E c'è anche ora palude: me la mostra il maresciallo dei carabinieri, con viandanti del Duemila, in auto, a scegliere prostitute. Se la palude di notte, quando il nuovo popolo se ne va, evoca passaggi di sandali e bastoni e bisacce, Altopascio conta i suoi ospiti religiosi, tra loro cita il presidente della Mercedes, mentre il quotidiano «La Nazione» annuncia la partenza di pellegrini a piedi da Capannori. Dopo Lucca, dopo la sosta, come nei secoli passati, davanti al «Volto santo» del Cristo orientaleggiante in basilica, la notte dei viandanti la ritrovi al convento cappuccino di Monte San Quirico. In questo silenzio, in questo refettorio con le panche scure contro le pareti, in queste stanzette per il riposo, tra questi frati che cullano la loro biblioteca e curano i loro fratelli ormai stanchi, senti bussare, come allora. Ma, con frate Michele, il padre provinciale, non accogli gente spossata, trovi giovani e meno giovani arroganti, vogliono denaro, lo pretendono, alzano la voce. E chi non è frate vorrebbe cacciarli come le truppe cacciavano i briganti della Francigena. Continua la strada, verso Modena, abbazia di Nonantola, poi quella di Chiaravalle. Quindi in Piemonte, in vai di Susa, alla Novalesa, a Sant'Antonio di Ranverso, alla Sacra di San Michele, fortezza di fede e quiete per chi scendeva a piedi dal Moncenisiò o dal Monginevro. Poi le nevi dei passi, che siano questi oppure il Sam Bernardo, con uno degli ospizi più importanti. E, di là, il cammino verso Cluny, Reims, Arras, fino a Calais e Canterbury. Riconosci il orario di Sigerico o quello dell'Hate islandese Nikulas 4i Munkathverà, del 1150. Memorie che lungo la strada si'rinnovano, tra greggi di pecore e distese di fabbriche, pietra o mattoni di chiese o conventi. Sì, passarono - e tribolarono-di qui. I viandanti partivano a piedi o a cavallo dalla Francia per andare a Roma Prima del viaggio facevano testamento perché nessuno sapeva se sarebbe ritornato a casa La fede si incontra perfino al ristorante mangiando pane e acqua cotta Altopascio conta ospiti religiosi fra questi anche il presidente della Mercedes La via Francigena, strada medievale che congiunge la Francia all'Italia scavalcando montagne, fiumi e paesi Anticamente era percorsa solo da fedeli, poi divenne tramite di scambi commerciali e di passaggi culturali

Persone citate: Alessandro Sforza, Arras, Castiglione, Giovanni Xv, Marco Neirotti, Petrina