Sospetto di strage per un prete
Sospetto di strage per un prete Di etnia hutu, viceparroco a Firenze: non c'ero, sono innocente Sospetto di strage per un prete Avrebbe fatto massacrare 2 mila tutsi Maria Chiara Bonazzi LONDRA Un prete ruandese che oggi fa il viceparroco a Firenze è accusato, secondo il settimanale inglese «Sunday Times», di avere consegnato oltre duemila Tutsi alla morte, persuadendoli a rifugiarsi nella sua chiesa che fu poi rasa al suolo con le ruspe dalla milizia Hutu. Il giornale afferma che padre Athanase Soromba ò stato identificato da numerosi testimoni in Ruanda e che questa settimana «African Rights», un'organizzazione per i diritti umani con sede a Londra, pubblicherà uno «sconvolgente dossier» che lo indica come «un partecipante volontario al genocidio». African Rights, dice il «Sunday Times», «considera Serombn uno dei casi peggiori» della tragedia in Ruanda. Il suo direttore, Rakiya Omaar, sostiene che «i motivi per arrestarlo e processarlo sono fuori di dubbio». Il massacro nella chiesa di Nyange avvenne il 16 aprile del 1994, al tormine di una settimana di attacchi contro i Tutsi che si erano rifugiati nel tempio, lori il prete, dopo avere celebrato la messa nella parrocchia dei Sunti Francesco e Chiara a Montughi, ha negato tutto: si è difeso dicendo di essere «scappato dal Paese il 7 aprile del 1994». I suoi parrocchiani hanno accolto increduli la notizia e anche la curia arcivescovile di Firenze lo ha difeso, dicendo: «E' giunto qui affidato dal suo vescovo e, a quanto risulta c per quello che è anche il suo impegno in parrocchia, le accuse nei suoi confronti sono prive di ogni fondamento». Sono accuse pesantissime. L'autore dell'ampio servizio giornalistico e Jon Swain, uno degli inviati di guerra più famosi d'Inghilterra: è sfuggito per un soffio alla morte a Timor Est e nella Cambogia dei Khmer rossi (la sua storia figura nel film «The Killing Fields»). Swain scrive: «Quello che la gente perbene della sua parrocchia e il cardinale Silvano Piovanelli non sanno è che don Anastasio Sumba Bura è uno pseudonimo (...). Molti preti e suore hanno dimostrato coraggio durante il genocidio, ma è stato accertato che fra il clero c'erano anche degli assassini. Seromba, 36 anni, è stato identificato come uno di loro». Prosegue il settimanale: «A Nyange, migliaia di Tutsi si rifugiarono nella chiesa, inco- raggiati da Seromba, che ne era il prete da sei mesi. Invece furono massacrati». E ancora: «Al culmine dell'orrore, Seromba, che è Hutu, ordino che la chiesa fosse rasa al suolo, schiacciando quelli che vi erano dentro. Anastase Nkinamubanzi, uno dei guidatori dei bulldozer, esitava a demolire "la casa di Dio". Ma Seromba gli disse: "Ci sono molti cristiani in terre straniere. Questa chiesa sarà ricostruita in tre giorni". E pagò Nkinamubanzi per il disturbo». Altre testimonianze sono citate. «Secondo Papias Hategekimana, che cucinava per lui, egli disse a un membro dell'Interahamwe (la milizia Hutu, ndr), che era venuto a chiedergli il permesso di uccidere i Tutsi: "Aspetta, vi dirò quando sarà ora"». Un altro accusatore citato è Bertin Ndakubana, un allevatore che è ora consigliere comunale. «Qualcuno gli chiese di pregare per loro. "E' ancora vivo il Dio dei Tutsi?", rispose Seromba. Qualcun altro gli disse di impedire ai bambini di insozzare l'altare, e Seromba rispose: "Potete andare a insozzarlo se volete, poiché non vi celebrerò mai più la messa"». Il giornale aggiunge che quando il massacro cominciò, Seromba «fu visto sparare sulla folla». Don Anastasio ieri ha smentito di nascondersi sotto falso nome. «Come usa nel mio Paese, ne abbiamo due, io mi chiamo infatti anche Athanase Sumba Bura». I due nomi avrebbero lo stesso significato: «Colui che porta il cordone ombelicale». E insiste: «Non so niente di quello di cui sono accusato. Non ho mai ricevuto nessun atto giudiziario». Secondo il Sunday Times, il religioso convinse i fedeli a fuggire in parrocchia e ordinò di demolirla
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