Terza Via, Hillary eminenza grigia di Andrea Di Robilant

Terza Via, Hillary eminenza grigia Fin dal 1996 aveva avviato con Blair un dialogo sul riformismo moderato. L'interlocutore italiano era Prodi Terza Via, Hillary eminenza grigia First Lady premiata per i i preparazione Andrea di Robilant inviato a FIRENZE Hillary Clinton non potrà partecipare al seminario di oggi sulla Terza via riservato a premier e presidenti - sarà tra il selezionatissimo pubblico nel Salone dei Cinquecento a Palazzo vecchio. Ma la First Lady ha lavorato alla creazione di questo insolito cenacolo molto di più dei leader che parteciperanno al dibattito, incluso suo marito. In parziale riconoscimento di questo suo ruolo è stata premiata ieri sera prima della cena a Villa La Pietra. La cerimonia le ha permesso di fare un breve discorso e inaugurare di fatto la riunione di Firenze. «Vogliamo che stasera sia la sua serata», ci ha detto David Leavy, portavoce della Casa Bianca. «E' un mcdo per riconoscere la parte importante che ha svolto». Hillary cominciò a darsi da fare subito dopo la rielezione di suo marito nel 1996. L'arrivo al potere di Tony Blair e il New Labour lo stesso anno a Londra offriva una sponda ideale per avviare un dialogo sul riformismo moderato e pragmatico che i due leader incarnavano. Il primo colloquio «a tema» sulla terza via avvenne a Chequers, la residenza di campagna del premier britannico, nei 1998. Vi parteciparono Bill e Hillary Clinton, Tony e Chérie Blair e due collaboratori petóparte. Quello I stesso anno ripeterono l'incontro alla Casa Bianca. Nel frattempo Hillary aveva chiamato alla Casa Bianca Sidney Blumenthal, ex giornalista del New Yorker e di New Republic. Lo sistemò in un piccolo ufficio nel sottosuolo della Casa Bianca e lo incaricò di tenere i rapporti con gli inglesi ma di allargare l'orizzonte ad altri possibili interlocutori sulla scena europea. Blumenthal divenne rapidamente «Mister Third Way». «Il riformismo moderato negli Stati Uniti aveva già una ricca tradizione che faceva capo al cosiddetto "progressivismo" dell'inizio secolo», dice Blumenthal. «Poi si è perduta. Noi abbiamo cercato di ridarle fiato e di aggiornarla al mondo di oggi. Abbiamo cominciato a chiamarla Terza via, tra il capitalismo puro e socialismo. E forse è stata una scelta infelice. Adesso parliamo piuttosto di "politica progressista"». In soldoni vuol dire governare rispettando il mercato ma proteggendo alcune conquiste sociali irrinunciabili. «Il governo non è la soluzione di tutti problemi», spiega Barry Toiv, un veterano di questa Casa Bianca. «Ma il governo può essere utile a risolvere alcuni problemi». C'era bisogno di teorizzare la Terza via per capire questo? Molti hanno criticato questa iniziativa perché - dicono - sembra avere come principale obiettivo quello di voler dare una cornice intellettuale ad una politica che già esiste nei fatti e che è nata da scelte pragmatiche e concrete. Intellettuali autorevoli come Ralf Dahrendorf si sono spinti oltre accusando i fautori della Terza via di voler dar vita ad una nuova ideologia proprio quando questo scorcio di secolo ha visto la fine delle ideologie. Non solo: il sociologo anglo-tedesco intravede una vena elitaria e perfino autoritaria in questo nuovo fenomeno, e si chiede se la Terza via non sia in realtà la via più breve verso il «modello Singapore». Ma intanto gli incontri tra leader si sono moltiplicati. Nella primavera del 1998 Clinton e Blair invitarono anche Romano Prodi e il presidente bulgaro Stoyanov per un seminario sulla Terz* via alla New York University. In quell'occasione Prodi propose di tenere il prossimo incontro a Firenze. Ma in autunno il suo governo cadde e D'Alema divenne premier. D'Alema, un ex comunista, non era il candidato più ovvio per entrare nel gruppo ristretto dei leader della Terza via. Ma il loro buon rapporto personale eventualmente gli aDrì la strada. La primavera scorsa, in margine al vertice della Nato a Washington, ci fu un nuovo seminario e D'Alema venne invitato, assieme al premier olandese Wim Kok e al cancelliere tedesco Schroeder. D'Alema rinnovo l'invito a Firenze e comincio il lungo negoziato che ha portato alla riunione di oggi. In tutto questo tempo, Hillary ha continuato a seguire da vicino l'evoluzione della «sua» creatura pur senza poter partecipare direttamente ai colloqui. Ieri sera Hillary, in riconoscimento del suo ruolo decisivo, avrebbe dovuto tare il discorso principale alla ernia dei leader. Ma nelle settimane scorse sono sorti problemi politici e di protocollo tali che alla fine é stato deciso di affidare a Romano Prodi il discorso ufficiale di apertura. E per dare comunque un po' di spazio a Hillary si e dovuto ricorrere a un premio The New York University Global Lavv School Leadership Award - per darle la possibilità di parlare. Avrebbe dovuto fare lei il discorso di apertura Ma sono sorti problemi politici e di protocollo e si è deciso per Prodi Romano Prodi A destra: Ralf Dahrendorf Hillary Clinton, moglie del presidente americano

Luoghi citati: Chequers, Firenze, Londra, New York, Singapore, Stati Uniti, Washington