CON QUELLLA DECORAZIONE DIVENTO' CUGINO DEL RE di Giorgio Calcagno
CON QUELLLA DECORAZIONE DIVENTO' CUGINO DEL RE CON QUELLLA DECORAZIONE DIVENTO' CUGINO DEL RE Giorgio Calcagno LA concessione del Collare dell'Annunziata a Mussolini fu il più leggero fra gli errori commessi da Vittorio Emanuele III con il fascismo; ma, per i monarchici italiani, il meno perdonabile. In quella decorazione di argento dorato, dallo scarso valore venale, si condensava tutto lo spirito, militare e aristocratico, dei Savoia; il senso stesso della loro storia. Doveva essere riservato agli spiriti magni. L'Ordine dell'Annunziata risaliva al Trecento, aveva origino in una Confraternita cavalleresca, che Amedeo VI aveva riunito nel 1363, per un torneo. Il Conte Verde doveva festeggiare la vittoria sul marchese di Saluzzo, e aveva distribuito a quattordici tra i suoi più fedeli cavalieri un collare da cane, segno di sudditanza per la clama del cuore, chiuso da tre lacci d'amore a doppie intreccio. Non siamo troppo lontani nello spirito dalla festa da ballo del 1347 alla corte di San Giacomo, dove re Edoardo 111, per salvare l'onore di una dama, fondò l'Ordine della Giarrettiera. Ma la fratellanza d'anno di Amedeo VI doveva durare oltre il torneo. E presto i quattordici cavalieri, tutti savoiardi, si trovarono impegnati con il loro signore in una campagna di Oriente, per sostenere l'imperatore di Bisanzio, Giovanni V, palcologo, minacciato dai turchi. Nacque in quella spedizione il motto del Conto Verde «Eoititudo eius Rhodum tenuit» (La sua forza difese Rodi), diventato il motto stesso di Casa Savoia, sintetizzato nell'acrostico Fert. ancora Oggi leggibile in qualche palazzo di Torino. E nacque da (inolia missione, in difesa della civiltà cristiana, la nuova simbologia religiosa del collaro. 1 quindici insigniti • sovrano comproso - dovevano rappresentare i quindici misteri del Rosario, il primo dei quali - l'Annuncio dell'Angelo a Maria - avrebbe dato da allora il titolo all'Ordine. Essere Collare dell'Annunziata dava diritto a chiamarsi cugino del sovrano; ora assai più che una semplice onorificenza. E il riconoscimento andava assegnato con molta cura, per non imparentare il Duca prima, il Re poi con figuro di dubbio lustro. Cavalieri dell'Ordine dovevano essere «do noni et d'armos», con tutti i quarti di nobiltà. Solo con l'Unità d'Italia nel 1800 Vittorio Emanuele II si riservò il diritto di dare l'ambito fregio ai migliori servitori dello Stato, indipendentemente dalla nascita. E il Collare, che era già stato di Cavour e d'Azeglio, arrivò così a Crispi, Giolitti, Sonnino, Vittorio Emanuele Orlando, Bonomi; ma anche a Armando Diaz, Costanzo Ciano, Badoglio. Non tutti lo gradirono, dopo l'avvento del fascismo. Ci fu una grande scandalo in Italia quando si seppe che il Conto Sforza lo aveva rimandato indietro: da repubblicano e antifascista com'era, non doveva piacergli troppo diventare cugino di un re, e soprattutto di quel re. All'uomo di Predappio, invece, tornava benissimo. Faceva dimenticare al pubblico che arringava dal balcone lo sue origini rivoluzionarie, anticlericali, rissaiole. Elevava il Duce - ma non c'era bisogno - a livello del sovrano. Non stupisce che Mussolini tenesse il Collare, fra le cose più prezioso, nel suo tesoro.
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