Gli ultimi averi di Mussolini

Gli ultimi averi di Mussolini Gli oggetti custoditi alla Tesoreria centrale dello Stato, in una bisaccia c'era il collare dell'Annunziata Gli ultimi averi di Mussolini Dopo 50 anni riaperta la valigia del Duce e Claretta ROMA Dopo cinquantanni sono riemersi gli oggetti appartenuti a Benuto Mussolini e ai gerarchi fascisti dai caveau della Tesoreria centrale dello Stato, i depositi sotterranei dell'imponente palazzo di via XX Settembre oggi occupato dal ministro Giuliano Amato. La famiglia Mussolini si sta battendo da mezzo secolo per riaverli, finora senza successo. Hanno rivisto la luce ieri perchè è in corso un inventario in vista del trasferimento dei depositi dal Tesoro alla Banca d'Italia. Non è esatto parlare di tesoro del Duce e di Claretta Petacci. Si tratta piuttosto dei loro ultimi averi. Erano stati confiscati il 12 novembre 1948 con un decreto dell'Intendenza di Finanza di Como e chiusi con sigilli in una serie di casse. A Roma erano arrivati nel 1953 in ossequio a un'ordinanza collegiale del Tribunale di Roma successivamente confermata dalla Corte di Cassazione. Nei giorni scorsi per la prima volta le casse erano state aperte e ieri mattina il loro contenuto è stato mostrato. Ben disposti su tre tavoli disposti a U in una sala al primo piano del ministero del Tesoro, sono apparsi gli oggetti. Dalla bisaccia sono stati estratti il collare dell'Annunziata in argento dorato, una medaglia pontificia in metallo dorato, un pezzo di decorazione con la dicitura «A Donna Rachele Mussolini»; un bocchino d'argento e osso a forma di ghianda; una collana di cristalli sfaccettati; una decorazione tedesca con spade in oro, platino e brillantini a forma di rosette; un'aquila bicipite con scudetti in argento; una collana di ambra. Nel sacco sono stati trovati una tuta da meccanico in tela blu (si dice che sia stata usata da Claretta Petacci durante la fuga), una copertina militare da campo e un casco di tela grigio azzurro foderato di pelliccia d'agnello, indumenti sequestrati nella casa di un contadino di Giudrino di Mezzegra, dove si pensa che Benito Mussolini e Claretta Petacci si siano rifugiati la notte che precedette l'esecuzione. Secondo gli storici furono lasciati lì perchè non si aspettavano quanto stava per accadere. Deluse le aspettative di chi sperava di veder riaffiorare il tesoro del Duce o anche soltanto il cappotto che indossava durante gli ultimi giorni, l'odissea di questi beni non è ancora terminata. Un contenzioso oppone da trent'anni la famiglia Mussolini alla Tesoreria dello Stato. Nel 1969 gli eredi intentarono una causa civile per chiedere la restituzione, ma tutto si bloccò perchè l'Avvocatura dello Stato ritenne necessario innanzitutto stabilire se attribuire al «tesoro» un valore storico. «In questo caso - spiega Domenico Talarico dello studioDi Gravio, legale dei Mussolini - lo Stato dovrebbe espropriarli e firmare un indennizzo per gli eredi». La famiglia ha rinnovatola richiesta anche alla riapertura delle casse, ha spiegato Linda Lanzillotta, capo di gabinetto del ministero del Tesoro, ma a dirimere la questione, sarà chiamata una commissione storico-giuridica che sarà presto costituita.. Oltre ai beni del Duce nelle casse c'era un cofanetto di ferro con due chiavi. Dal suo interno sono usciti un fermaglio a forma di colomba, una spilla a forma di scudo, un orecchino di vetro, cinque biglietti da un marco tedesco, un biglietto da 10 dracme greche, un biglietto fac-simile da un dollaro Usa con sovrastampa di propaganda e un vaglia cambiario della Banca d'Italia, sede di Como del 23 febbraio 1946 all'ordine dell'avvocato Er¬ cole Ghiri. In una bisaccia erano custoditi i beni confiscati ai generalo Sabbatini, di valore ben più consistente: pietre preziose, candelabri e posate in argento, orologi da polso e da tasca e una monetiera a forma di cuore. I beni rinvenuti nei depositi custoditi nel caveau del ministero del Tesoro potrebbero finire, insieme ad altri oggetti appartenuti al Duco, in un museo ancora da costruire a Predappio, la città natale di Mussolini. L idea è dell' unico figlio ancora in vita, Romano, che chiede innazitutto che i boni tornino alla sua famiglia. Romano Mussolini afferma di conoscere il contenuto dei depositi, ma di non avere mai visto gli oggetti. E conferma anche di essersi rivolto allo studio Di Gravio perchè presentasse una richiesta in via amichevole di restituzione una volta appreso dell' imminente aperture delle casse. «Ora - dice - staremo a vedere cosa succedo». [r. r.| Trovata anche una tuta da meccanico che sarebbe stata usata dalla Petacci durante la fuga Il figlio Romano: «I beni tornino alla famiglia e potrebbero far parte di un museo da costruire a Predappio» LA BANCONOTA EI PANTALONI. «Le promesse americane sono sempre state vane, sono balle belle e buone, sono bolle di sapone (come questa banconota)» così scrisse Mussolini su un dollaro, nella foto qua sopra. A destra una tuta da meccanico forse appartenuta a Claretta Petacci. I pantaloni sono stati trovati nel sacco più grande con accanto una copertina militare da campo ed un casco di tela grigio azzurro foderato di pelliccia d'agnello, sequestrati a Giudrino di Mezzegra da un contadino che presumibilmente ospitò il Duce e la Petacci la notte che precedette l'esecuzione IL COLLARE DELL'ANNUNZIATA. Ecco il collare dell' Annunziata in argento dorato (a destra): era la massima onorificenza dell'epoca, perché chi la riceveva diventava cugino del re. Fino a ieri un collare simile era in vendita su Internet asoli 1200 dollari IL REGALO DEI TEDESCHI. La decorazione tedesca con l'aquila e scudetti in argento