«Agli usurai soldi della Curia» di Fulvio Milone

«Agli usurai soldi della Curia» Potenza, ma è scontro tra gli avvocati dell'arcivescovo di Napoli e i magistrati che hanno chiesto di processarlo «Agli usurai soldi della Curia» /pnt: sottratti dal cardinale 800 milioni Fulvio Milone invialo "a LAGOIJEGRO ' Chiusa l'inchiesta sul giro di usura in cui è coinvolto l'arcivescovo di Napoli Michele Giordano, il capo della procura della repubblica, Michelangelo Russo, ha deciso di prendersi un weck end di vacanza. li' invece rimasta nel suo ufficio il sostituto Manuela Comodi, che per tre anni ha indagato sui prestiti miliardari che sarebbero stati concessi dal fratello del cardinale a tassi illegali agli imprenditori e ai commercianti della Val d'Agri, il cuore verde della Basilicata, Appare serena, la Comodi. li' il suo ultimogiomoa Lagonegro, da lunedi tornerà a lavorare nella procura rli Spoleto. Non lo si direbbe, eppure questa donna minuta e dall'espressione allegra ha indossato per tanto tempo i panni di un'accusatrice implacabile. I^i richiesta di rinvio a giudizio contro il cardinale, suo fratello, due sacerdoti e altri sedici imputati, è un atto d'accusa complesso e inquietante. Nel documento (innato dal procuratore della repubblica e dal suo sostituto sono descritte minuziosamente le attività dell'arcivescovo, a cui i magistrati attribuiscono non solo il molo di finanziatore (complessivamente con un miliardo e mezzo) di una banda di usurai. Per i pubblici ministeri, Micheli; Giordano e anelli.' responsabile di appropriazione indebita, ed e forse (mesto il capo d'imputazione più infamante. Sì, perchè secondo l'accusa l'arcivescovo si sarebbe impossessato di ottocento milioni che appartenevano alla Chiesa di Napoli, ed erano destinati a opere benefiche, per finanziare una banda di usurai. L'attenzione dei magistrati è concentrata su due episodi. Il primorisale a sei anni fa. Già nel '93 la «GLK», società-paravento del fratello del cardinale. Mario Lucio Giordano, secondo l'accusa macinava miliardi concedendo prestiti a strozzo, lì si sarebbe alimentata, come sosttiene la procura di Lagonegro, anche con un cospicuo contributo dell'arcivescovo. La somma non ò trascurabile: 200 milioni. I soldi provenivano dalle Opere di Religione della Curia, un'associazione amministrata dall'avvocato Aldo Palumbo, morto tre anni fu. Io stratagemma per impossessarsi del danaro sarebbe stato piuttosto semplice. L'ufficio Opere di Religione dell'Arcidiocesi avrebbe acquistato per seicento milioni interamente versati un suolo e un capannone della società napoletana «OCE Iaimitti». In realtà il prezzo pattuito sarebbe stato di soli quattrocento milioni: gli altri duecento, spiegano i magistrati, furono restituiti dalla «OCE lannitti» senza ricevuta e con pagamenti rateali fino al '94. Che fine fecero quei soldi? L'avvocato Palumbo li avrebbe girati all'arcivescovo. Il secondo episodio si svolge nel '97. L'inchiesta sul giro di usura nella Val d'Agri è già avviata grazie alle denunce di due vittime degli usurai, Leonardo Tatalo e Antonio Stipo, e la «GLF» di Mario Lucio Giordano comincia a scricchiolare sotto il peso dei bilanci in rosso. E' in quel periodo che, secondo l'accusa, il cardinale si appropria di nuovo dei soldi delle Opere di Religione. Questo volta la somma è più consistente: G00 milioni. Come al solito, l'avrebbe sottratta per conto del cardinale l'avvocato Palumbo, che fece poi avere tre assegni da duecento milioni ciascuno ad Angelo Rosario Giordano, figlio di Mario Lucio. Quei soldi, concludono i magistrati, servirono a risollevare almeno in parte le sorti finanziarie del fratello del presule. Nel suo ufficio al primo piano del palazzo di giustizia di Lagonegro, il sostituto procuratore Manuela Comodi si mostra tranquilla e sicura di sò. L'eco delle polemiche che divampano a Napoli non sembra turbarla. «Non capisco il malu¬ more degli avvocati di monsignor Giordano - commenta -. Dicono che il cardinale doveva essere ascoltato ancora volta prima della conclusione del nostro lavoro? Non è così, nè mi risulta che i legali avessero chiesto un rinvio dell'interrogatorio fissato per martedì scorso, e a cui l'imputato non ha voluto presentarsi». E l'accusa di aver voluto colpire il cardinale chiedendo il rinvio a giudizio proprio mentre a Napoli è in corso un convegno con i rappresentanti di tutta la Chiesa italiana? «Del convegno ho saputo dalla Tv in questi giorni - risponde il magistrato -. Sia io che il procuratore Russo siamo sereni e soddisfatti: l'inchiesta si è conclusa nei tempi previsti, come d'altro canto avevamo promesso anche agli avvocati dell'imputato». Dice di sentirsi sollevata, Manuela Comodi: «Con la chiusura dell'inchiesta mi sono tolta un bel peso dalle spalle, anche se in realtà il lavoro non è tutto finito: toccherà ancora all'accusa, spiegare in un eventuale processo o quanto meno in sede di udienza preliminare tutti gli elementi di responsabilità a carico dell'imputato». Michele Giordano non è l'unico religioso coinvolto nell'inchiesta. Nell'elenco delle venticinque persone per le quali è stato proposto il rinvio a giudizio figurano altri due sacerdoti: Michele Cudemo, parroco a Sant'Arcangelo, il paese della famiglia Giordano, e Pietro Dilenge, ex vicepresidente della Banca del Credito Cooperativo Agrisauro. Il primo 6 accusato di usura, il secondo di appropriazione indebita. «I legali del monsignore mai hanno chiesto un rinvio dell'interrogatorio di martedì al quale l'imputato non si è presentato»