ROSSO ASKATASUNA
ROSSO ASKATASUNA ROSSO ASKATASUNA La «provocazione» di Armando Ceste per parlare seriamente di Torino FORSE è ormai diventato il cinema un tempo luogo per eccellenza della finzione - l'ambito della discussione reale sulle cose, mentre la politica sembra sfumare nella virtualità e nelle nebbie del confronto di maniera. Prendiamo il Primo Maggio di quest'anno, a Torino. Sarà ricordato a lungo, non c'è dubbio, come un brutto giorno. Al mattino gli scontri in piazza, i lacrimogeni, i manganelli, i muri imbrattati, le vetrine infrante. Poi, nel pomeriggio, un centro sociale invaso dalla polizia, i ragazzi sui tetti, ancora fumo e divise. E due bottiglie incendiarie contro la porta della Cgil. C'era la guerra (quella del Kosovo, ricordate?), un clima di lutto e di esasperazione, le diverse anime di quel che resta della sinistra smarrite e divise. Ma come spesso accade per gli eventi sociali gravi, su quella giornata si era riflettuto poco. Un assessore ci aveva rimesso il posto, un sindacalista era stato assoggettato, nella sua organizzazione, a un processo politico che ricorda altri tempi, le istituzioni imbronciate avevano archiviato con una loro sommaria verità: estremismo dei soliti centri sociali, comportamento esemplare delle forze dell'ordine, appello alla vigilanza. Qualcuno si era lasciato prendere la mano e si era spinto a parlare di «erodi di Brandimarte» - il ras fascista che nel dicembre del 1922 aveva organizzato la strage di Torino -, e di nuovo squadrismo. Ma era retorica di giornata. Presto tutti erano tornati alle proprie normali occupazioni. E la città aveva voltato pagina. Ora un filmato, proposto al Torino Film Festival, riapre il discorso. Porta la firma di Armando Ceste, un regista inquieto e non conciliato, con la parteci¬ pazione attiva di Beppe Rosso, ironico cantastorie metropolitano. E produce uno strano effetto. Come d'un altro mondo. Comunque di un'«altra città». Sono soprattutto immagini, più che parole. Mostrano uno striscione dall'indicibile scritta: «VERGOGNATEVI! » Sballottato qua e là, perché non turbi festa e coscienze. Mostrano un sindacalista ferito dal servizio d'ordine della sua organizzazione. Mostrano ragazzi che fuggono col viso coperto e volti di anziani increduli. E poi gli interni del centro sociale Askatasuna, con i mobili fatti a pezzi, i computer sfasciati, i libri della piccola biblioteca distrutti, e i ragazzi che raccontano dei poliziotti che ci orinavano sopra, e mostrano i muri con la scritta «Dux» tracciata per spregio. Si vede anche un bimbo rimasto chiuso per ore in un armadio mentre gli uomini in divisa intorno a lui si accanivano sugli oggetti. E donne, uomini, ragazzi che nel cortile consumavano insieme il pranzo del Primo Maggio, allineati a forza contro il muro come ostaggi. Infine, all'ultima sequenza, il volto di Pasquale Cavaliere - accorso tra i primi sul posto a tentare una delle sue testarde mediazioni -, che si dischiude in un sorriso. E il senso di struggente vuoto che la sua scomparsa ci ha lasciato. Non so come questa «operazione» verrà accolta. Come verrà trattato questo obiettivo che, per una sorta di magia ottica, rovescia il mondo e perfora il muro delle verità ufficiali. Certo è che questa città ha uno straordinario bisogno di strumenti che lacerino l'involucro d'ipocrisia che l'avvolge e la soffoca, e le impedisce di parlare francamente di se stessa. Sarebbe un peccato se, anche questa volta, questa «provocazione» fosse lasciata cadere, e per quieto vivere, per non aprire «vecchie ferite», per bisogno di rassicurazione, non si discutesse seriamente il messaggio che dal mondo «di celluloide» ci viene a sfidare. Marco Revelli Viene presentato in Sopralluoghi Italiani «Rosso Askatasuna», in cui il regista Armando Ceste documenta gli episodi del 1° Maggio che hanno coinvolto il centro sociale torinese (nella foto una scena del film, con l'attore Beppe Rosso).
Persone citate: Armando Ceste, Beppe Rosso, Brandimarte, Marco Revelli, Pasquale Cavaliere
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