Vecchi e nuovi emiri d'Asia Centrale di Domenico Quirico

Vecchi e nuovi emiri d'Asia Centrale Firmati gli accordi per un oleodotto e un gasdotto che aggirano la Russia Vecchi e nuovi emiri d'Asia Centrale Domenico Quirico DOLLARI: milioni, miliardi, trilioni di dollari. Nascosti sotto steppe desolate, intirizzite dal vento gelido. Sepolti sotto le sabbie sporche di nafta del Caspio che il petrolio uccide lentamente da secoli. In attesa nelle sacche turgide; di gas. Adesso che le grandi vene destinate a trasportare l'oro nero lontano dagli scrigni dell'Asia centrale stanno per trasformarsi in tubi di acciaio, satinili voraci, figli illegittimi del bolscevismo, possono cominciare a fare i conti dello loro fortune. Fra i mercanti russi dell'inizio secolo girava questo proverbio: «Chi ha vissuto un anno tra i proprietari di petrolio di Baku non può ridiventare una persona per bene». L'unica regola era di non esitare di fronte a nulla e a nessuno, anche nei rapporti reciproci la lealtà era un lusso pericoloso. Tra i 218 magnati del Caspio all'inizio del secolo c'orano nobili, ma anche ex vagabondi e contrabbandieri, armeni e maomettani, russi e svedesi. Si battevano tra loro in faide sanguinose, arruolando bande di guerrieri sulle montagne senza legge della Cecenia e del Daghestan. La loro vita era impregnata di lusso barbarico, di dissolutezza, dispotismo e sperperi. Battezzavano i figli quando avevano sei anni spruzzandoli con quella che chiamavano «la pioggia d'oro», una nuvola di petrolio. Gli operai più bravi, simili a schiavi, erano gli orientali, solo il loro atavico fatalismo poteva sopportare la vita in quel fango perenne- mente imbevuto di nafta. Isa Bey aveva fatto costruire a Baku un palazzo a forma di castello di carte da gioco. Sulla facciata una scritta cubitale in lettere d'oro: «Qui abito io, Isa Bey di Gandscia».(Il palazzo divenne poi, beffa della storia, la sede locale della Terza Internazionale). Ma la meraviglia di questa Disneyland miliardaria era il ehm dei signori del petrolio, in marmo bianco, due volte più grande del Reichstag di Berlino. Il porco era costruito sulla sabbia del deserto bonificata spendendo cifre folli; i corridoi erano interamente rivestiti di specchi dove i magnati potevano seguire i loro sogni, e gozzovigliare guardando danzare esili danzatrici circasso. Tutto fu bruciato durante la Rivoluzione. Oggi il nuovo signore del petrolio può costruire ancora più in grande. Nursultan Nazarbaev, padrone del Kazakhstan, ex gerarca della nomenklatura comunista, voleva imitare Pietro il Grande e Stalin, dèi capricciosi che con un semplice decreto potevano far nascere il mondo desiderato. Quando ha arraffato questa fetta di impero ha fatto un segno con la penna nel cuore della steppa, dove negli Anni Trenta vagavano le torme disperate del gulag. Qui, ad Akmola, voleva la sua capitale nuova, la sua Atlantide di marmo e d'oro. Migliaia di operai turchi hanno sudato giorno e notte per ISTANBUL. È stato firmato ieri, alla presenza di Bill Clinton, l'accordo per la realizzazione del megaolcodotto destinato a portare il greggio dal Mar Caspio ai mercati internazionali, senza passare per la Russia e l'Iran. Al progetto sono interessati direttamente tre paesi: Azerbaigian, Georgia e Turchia. Parallelamente è stato firmato l'accordo per il gasdotto transcaspico. L'oleodotto, della lunghezza di 1.730 chilometri, porterà il greggio dai ricch.' giacimenti dell'Azerbaigian a Ceyhan, porto turco sul Mediterraneo. L'accordo rappresenta un successo politico di Washington, che ha sostenuto il progetto e l'ha visto imporsi alle proposte presentate da Russia e Iran. Mosca aveva fatto pressioni su Baku affinchè il tracciato dell'oleodotto passasse attraverso il territorio russo, mentre Teheran aveva suggerito una soluzione che prescindeva dalla realizzazione della struttura, e avrebbe permesso all'Azerbaigian di risparmiare sulle spese di trasporto. [Agi] costruirla a tempo di record, sferzati da un vento perenne e maligno. Le società straniere, in coda per avere una concessione, l'han- no pagata versando una tangente obbligatoria. Adesso Nazarbaev, raccontano, sogna di farsi re, anzi khan di tutti i kazakhi della step¬ pa restaurando l'epopea dell'Orda d'Oro. Il Caspio, le Repubbliche dell'oro nero, il Caucaso che si affida a brigantesche esazioni sugli oleodotti per compensare la sua desolata povertà minerale e che i nuovi tracciati aggirano beffardamente, sono un barile di polvere secca che una minima scintilla può infiammare. Tra queste plebi stremate dal comunismo coloniale russo non vi è speranza che paia irraggiungibile, e sembra che sogni secolari stiano per tradursi in realtà. Ma i presidenti che troneggiano nel loro olimpo di contratti, dettando all'Occidente la loro volontà, sono padroni voraci e predatori: i Parlamenti qui sono semplici uffici del registro, la rivoluzione post sovietica un semplice via vai in seno alla camarilla dei dirigenti, chi mormora finisce automaticamente in galera. Einhorn era il Lawrence sovietico. Conosceva bene il Caucaso e l'Asia Centrale; su un'auto lussuosa si era spinto fino ad Abadan per spiare il cuore degli interessi petroliferi inglesi in Persia. Un giorno della pnmavera del 1921 entrò nela stanza 184 del palazzo della Gpu alla Lubianka, Ù cervèllo del servizio speciale, dove si custodivano tutti i rapporti segreti. Da quel momento questo agente geniale e senza scrupoli dichiarò la guerra totale contro i signori del petrolio occidentali, a colpi di attentati e di ribassi, una guerra che continua ancora. Geidar Aliev, moderno emiro dell'Azerbaigian, gli assomiglia. Anche lui prima di diventare un miliardario si è fatto le ossa nel Kgb. Alla Lubianka dei tempi di Andropov ha imparato i segreti del potere, il gusto per l'intrigo, l'arte di sfuggire alle congiure, la pazienza per le vendette implacabili e silenziose. Nell'87 Gorbaciov lo cacciò; adesso lui ha cacciato i russi dalla manna petrolifera. Saparmurad Niyazov, padre dei turkmeni, signore del gas, è un uomo pio. Voleva nel suo paesetto natale una moschea grande come quella di Costantinopoli. Adesso è lì, spalmata dal sole implacabile della steppa. Gli operai turchi hanno copiato, pietra su pietra, il gioiello del Bosforo per dimostrare che il petrolio può fare miracoli, come tutti i doni di Allah. Niyazov ama le auto veloci, quando passa guidando la sua limousine per le vie di Ashkhabad la gente fugge nei portoni, si butta nei vicoli perché nulla deve turbare lo sfrenato piacere del capo. La sua immagine è ovunque, tutto dipende da lui, tutto parla di lui. Anche le sue spie sono nugoli, nascoste nei mercati, agli angoli delle strade, celate dietro il volto pacioso del vicino di casa. E le prigioni si riempiono anche per una barzelletta e un sussurro. Ma nelle suite lussuose delle decine di alberghi che il padre dei turkmeni ha costruito, previdente, attorno alla sua capitale, gli inviati dell'occidente attendono, pazienti, una chiamata a Palazzo. Novòr,0ssi[sk ^s RUSSIA^' Makatchkala Mar Nero OLEODOTTO GEORGIANO Supsa OLEODOTTO RUSSO ATTUALMENTE INUTÌUZZABILE Mar Caspio V; TURKMENISTAN Bakù mmm J ^....r^fiib*^